Secondo me Cheguevilla ha in parte ragione, come ne ha in parte ognuno di voi che avete postato le vostre idee: quella del femminicidio (o omicidio verso un unico genere) è una problematica che ha tante sfaccettature, tante concause. E secondo me, quella legata alla tradizione culturale del paese (inteso come nazione) in cui si vive è quella predominante. Quando parlo con i miei coetanei del ruolo della donna all'interno della famiglia, mi dicono che la donna oggi deve lavorare perché altrimenti non si arriva a fine mese con uno stipendio solo, ma se ci fosse la possibilità sarebbe meglio che stesse a casa a curare la famiglia, perché se le famiglie adesso vanno a rotoli è perché la donna non se ne sta più in casa, ha alzato la cresta, ha troppi grilli per la testa, per non parlare dei figli che crescono senza una guida perché le loro madri lavorano o stanno tutto il giorno in giro con le amiche, perciò sono tutti delinquenti senza educazione. Fortunatamente chi mi dice queste cose è solo una minoranza, ma la cosa mi preoccupa (e mi fa inca..are non poco). Se gli si fa notare che le faccende di casa e l'educazione dei figli non sono appannaggio esclusivo delle donne, mi rispondono che è sempre stato così, e a nulla vale spiegargli che non è vero, che qualche millennio fa le tribù erano matriarcali, e le divinità principali erano femminili, ed i compiti erano equamente distribuiti, e che anche le persone anziane avevano un valore in quel tipo di società... mi rispondono che è successo tanto tempo fa, e che le cose poi sono cambiate, è l'uomo che lavora. Ed è qui che devo dare ragione a Chequevilla riguardo alla morale cattolica, che è in parte una delle cause di questa mentalità: il cristianesimo nasce infatti come religione fortemente egualitaria, poneva tutti sullo stesso piano, uomini, donne, ricchi, poveri, ed è proprio in questo aspetto che ha avuto subito un enorme successo e si è diffusa a macchia d'olio, specialmente fra gli individui più deboli della società. Il problema è nato dopo, con la lettura che di questa religione ha voluto dare la Chiesa con i suoi Padri, una lettura fortemente misogina, che relegava la donna a una condizione d'inferiorità in quanto causa prima del peccato originale e, soprattutto, strumento di cui si servirebbe il diavolo per tentare l'uomo e distoglierlo da Dio. Da qui, la donna è stata relegata ai margini della società: non poteva studiare, non poteva fare esercizio fisico, tutto quello che le veniva richiesto era di essere una moglie compita, servizievole, ignorante, subordinata. Vi consiglio di leggere Mary Woolstonecraft, una delle prime paladine dei diritti femminili, vi farà capire molte cose. E non credete che l'aver ottenuto il diritto di voto o di poter studiare e indossare la minigonna abbia esaurito la questione: di fondo, sotto sotto, la donna viene vista come un essere inferiore come forza fisica e come capacità, un qualcosa da possedere (qualcosa di poco usato, o meglio ancora se nuovo), qualcosa che non ti può dire di no perché è tua. E se dice di no? Siccome è roba mia, la costringo (la violenza e gli omicidi femminili hanno luogo soprattutto all'interno delle famiglie). In questo quadro, la cosa non ha niente di patologico, quella della patologia mentale è una scusa (sebbene fondatissima in alcuni sporadici casi) fin troppo abusata. La vera causa è l'ignoranza e la prepotenza. E una delle concause è la mentalità promossa da una parte della Chiesa, per cui la donna (come detto sopra, tentatrice) se la va a cercare istigando gli uomini. Poi, purtroppo, manca anche la solidarietà da parte delle altre donne, che invece di sforzarsi di capire le vittime troppo spesso, prima ancora degli uomini, le bollano come "poco di buono", sempre pronte a giudicare. Se a tutto questo sommiamo delle leggi che non danno certezza di pena, la morale bigotta dell'onore a tutti i costi e la non autosufficienza economica (e non ultimo il fatto che tante donne hanno le speranza di poter cambiare l'uomo con cui stanno) il quadro è completo.