Ciao P,
sono d'accordo con te su quel che dici; quello che volevo affermare e che forse ho espresso male e non ho espresso affatto, non è l'anelito ad essere
a prori e in assoluto "oggettivi" o privi di condizionamento da quel che siamo, dai valori che abbiamo e che forza maggiore ci fanno valutare, preferire o non piacere un altro (come si potrebbe?) ma piuttosto ad essere corretti verso l'altro (e verso anche se stessi), cosa che dovrebbe portarci,
una volta confrontati con il diverso (da noi, dalle aspettative) ad essere capaci di riorganizzare il nostro modo di vedere. in una parola a dirsi - e magari anche a dire - "mi sono sbagliata/o."
è chiaro che finchè non c'è confronto esiste unicamente un punto di vista - il nostro - e non è certamente lì che vedo l'ignoranza (o la cattiveria); la vedo piuttosto nel non essere in grado (o non volere), una volta notata la discrasia con chi non è come se stessi (o con il giudizio che si era dato su un altro, o con l'impressione fugace di un momento) di dirsi, "ok non è me, non vuole essere come me, non la pensa come me, o mi sta dicendo che mi sono sbagliato; perchè non tenerlo in considerazione? potrei imparare qualcosa..."