RosaeViola
Master Florello
Leggendo qui e là e ripensando ad alcune cose, mi rendo sempre più conto di quanto si sia perso questo concetto, questo valore.
Spesso qui dentro ci si vuole un gran bene, per come fra di noi ci sia empatia, per come gli altri siano capaci di partecipare ai nostri problemi, ai nostri dispiaceri e non sempre questo è legato alla frequentazione o ad un legame che, seppur virtuale, è sempre un legame, ma anche proprio solo al fatto che se qualcuno, anche fra i nuovi, posta un suo problema o una sua sofferenza, tutti gli si stringono attorno.
Questo ci fa sentire meno soli ovviamente e ci fa sentire non la particella di Sodio che naviga sola in un oceano, bensì un essere umano circondato dal calore di altri esseri umani.
Ma la cosa sulla quale ogni tanto rifletto, è proprio che non ci rendiamo conto di come questo, per tutti noi, sia un grande evento.
Già perchè lo è? E perchè mai è un grande evento, qualcosa che in realtà dovrebbe essere un comportamento acquisito dalla specie?
Semplicemente perchè la nostra vita è avara di questi momenti e quando troviamo qualcuno capace di partecipare, lo viviamo come un fatto eccezionale.
E qui sta il nodo del problema.
Viviamo in una società sempre più individualista, sempre più competitiva e disposta a far fuori l'altro, per un nonnulla.
Siamo pregni di falsi valori, viviamo per avere e non per essere.
L'indifferenza permea tutto e pone un falso caposaldo alla nostra esistenza e cioè, che se riusciamo a pensare solo per noi, abbiamo pensato per tutti e siamo salvi, al sicuro, riparati e tranquilli.
Non esiste più una coscienza sociale, non esiste più un NOI. Esiste solo la parola IO.
La capacità di indignarsi sembra essere un qualcosa di serei B o anche peggio. Già, perchè mai dovrei sentirmi indignato per un qualcosa che non è toccato a me?
Perchè arrabbiarsi, perchè soffrire e, soprattutto, perchè lottare contro un qualcosa che non mi tange?
Tempo fa ho visto una puntata di Matrix. Vedo pochissimo la tv, ma quella sera sono stata davvero travolta da quello di cui si dibatteva.
La puntata verteva sulla prostituzione delle ragazze extracomunitarie.
Era in studio una ragazza rumena di 18 anni che, all'età di 15 anni è stata stuprata in Romania e portata qui a battere il marciapiede.
Raccontò la sua storia con una compostezza che mi ha shoccato per poi scoppiare a piangere, non tanto su questo ma sul fatto che più di una sera, una volta salita in macchina del cliente, si domandava: "Questo uomo ha già una certa età e sul sedile posteriore ha il seggiolino di un bambino. Ma cosa proverebbe sapendo che sua nipote viene caricata su una macchina per prostituirsi con un uomo che potrebbe essere un suo coetaneo, un nonno 60enne o giù di lì? Cosa proverebbe sapendo che questa ragazzina è stata stuprata per assolvere a tutto questo, solo perchè viene da un paese economicamente depresso o sfruttabili da altri tecnologicamente e culturalmente "avanzati"?
Ecco, gli altri siamo noi. Lei lo diceva piangendo e soffrendo del fatto che nessuna di queste persone si fosse sentita minimamente chiamata in causa di fronte a tutto questo schifo, di fronte a questo orrore.
Si è salvata grazie a Don Mazzi. Ha recuperato la sua vita e potrà viverla dignitosamente anche se quello che ha dentro, è un peso grandissimo da portare.
Ma quante volte, quante, noi ci ricordiamo di tutto questo?
Quante volte parliamo coi nostri figli degli altri come estensione di noi stessi?
Quante volte operiamo affinchè queste nuove generazioni sappiano cosa siano gli altri?
Quante volte li educhiamo a "sentire" gli altri?
Siamo talmente indifferenti noi, che qualunque parola sarà solo fiato sprecato.
Dov'è che abbiamo sbagliato?
E cosa possiamo fare affinchè questa orrenda tendenza si attenui sempre più fino a sparire?
Quand'è che smetteremo di badare al nostro campicello per non soffrire o non rischiare che l'altro ci danneggi?
Ma ci pensate a cosa sarebbe la nostra vita oggi se i miei genitori e tutta la loro generazione, non avessero lottato per costruire noi e il nostro paese?
Col nostro nichilismo affettivo e sociale, rischiamo di far morire la nostra società e di distruggere intere generazioni, ma non pensiamo MAI, nemmeno per un istante che soffriamo di questa realtà e soffriremo sempre. Tutti.
Spesso qui dentro ci si vuole un gran bene, per come fra di noi ci sia empatia, per come gli altri siano capaci di partecipare ai nostri problemi, ai nostri dispiaceri e non sempre questo è legato alla frequentazione o ad un legame che, seppur virtuale, è sempre un legame, ma anche proprio solo al fatto che se qualcuno, anche fra i nuovi, posta un suo problema o una sua sofferenza, tutti gli si stringono attorno.
Questo ci fa sentire meno soli ovviamente e ci fa sentire non la particella di Sodio che naviga sola in un oceano, bensì un essere umano circondato dal calore di altri esseri umani.
Ma la cosa sulla quale ogni tanto rifletto, è proprio che non ci rendiamo conto di come questo, per tutti noi, sia un grande evento.
Già perchè lo è? E perchè mai è un grande evento, qualcosa che in realtà dovrebbe essere un comportamento acquisito dalla specie?
Semplicemente perchè la nostra vita è avara di questi momenti e quando troviamo qualcuno capace di partecipare, lo viviamo come un fatto eccezionale.
E qui sta il nodo del problema.
Viviamo in una società sempre più individualista, sempre più competitiva e disposta a far fuori l'altro, per un nonnulla.
Siamo pregni di falsi valori, viviamo per avere e non per essere.
L'indifferenza permea tutto e pone un falso caposaldo alla nostra esistenza e cioè, che se riusciamo a pensare solo per noi, abbiamo pensato per tutti e siamo salvi, al sicuro, riparati e tranquilli.
Non esiste più una coscienza sociale, non esiste più un NOI. Esiste solo la parola IO.
La capacità di indignarsi sembra essere un qualcosa di serei B o anche peggio. Già, perchè mai dovrei sentirmi indignato per un qualcosa che non è toccato a me?
Perchè arrabbiarsi, perchè soffrire e, soprattutto, perchè lottare contro un qualcosa che non mi tange?
Tempo fa ho visto una puntata di Matrix. Vedo pochissimo la tv, ma quella sera sono stata davvero travolta da quello di cui si dibatteva.
La puntata verteva sulla prostituzione delle ragazze extracomunitarie.
Era in studio una ragazza rumena di 18 anni che, all'età di 15 anni è stata stuprata in Romania e portata qui a battere il marciapiede.
Raccontò la sua storia con una compostezza che mi ha shoccato per poi scoppiare a piangere, non tanto su questo ma sul fatto che più di una sera, una volta salita in macchina del cliente, si domandava: "Questo uomo ha già una certa età e sul sedile posteriore ha il seggiolino di un bambino. Ma cosa proverebbe sapendo che sua nipote viene caricata su una macchina per prostituirsi con un uomo che potrebbe essere un suo coetaneo, un nonno 60enne o giù di lì? Cosa proverebbe sapendo che questa ragazzina è stata stuprata per assolvere a tutto questo, solo perchè viene da un paese economicamente depresso o sfruttabili da altri tecnologicamente e culturalmente "avanzati"?
Ecco, gli altri siamo noi. Lei lo diceva piangendo e soffrendo del fatto che nessuna di queste persone si fosse sentita minimamente chiamata in causa di fronte a tutto questo schifo, di fronte a questo orrore.
Si è salvata grazie a Don Mazzi. Ha recuperato la sua vita e potrà viverla dignitosamente anche se quello che ha dentro, è un peso grandissimo da portare.
Ma quante volte, quante, noi ci ricordiamo di tutto questo?
Quante volte parliamo coi nostri figli degli altri come estensione di noi stessi?
Quante volte operiamo affinchè queste nuove generazioni sappiano cosa siano gli altri?
Quante volte li educhiamo a "sentire" gli altri?
Siamo talmente indifferenti noi, che qualunque parola sarà solo fiato sprecato.
Dov'è che abbiamo sbagliato?
E cosa possiamo fare affinchè questa orrenda tendenza si attenui sempre più fino a sparire?
Quand'è che smetteremo di badare al nostro campicello per non soffrire o non rischiare che l'altro ci danneggi?
Ma ci pensate a cosa sarebbe la nostra vita oggi se i miei genitori e tutta la loro generazione, non avessero lottato per costruire noi e il nostro paese?
Col nostro nichilismo affettivo e sociale, rischiamo di far morire la nostra società e di distruggere intere generazioni, ma non pensiamo MAI, nemmeno per un istante che soffriamo di questa realtà e soffriremo sempre. Tutti.