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Erbe spontanee commestibili

pluteus

Esperto di piante spontanee
Ciao Datura,
Hai proprio ragione il rosolaccio è una ottima erba commestibile che non conoscevo, mi ha insegnato a gustarla un mio amico pugliese. cucinata come le cime di rapa.
Per trovarle facilmente basta che ti fai u giro in giugno, quando sono fioriti in pieno, ti prendi nota dei posti dove ce ne sono di più, l'anno dopo verso inizio aprile ci ritorni e raccogli le rosette alla grande. Evita però i campi oltivati perchè inquinati pesantemente da pesticidi e diserbanti-

:Saluto:
i
 
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pluteus

Esperto di piante spontanee
Chenopodium bonus-henricus

Ciao T.

Non pensavo di avere così tanta roba sparsa fra i miei database, e considera che le erbette sono una minima parte deii miei interessi, figurati il resto....ma dove stai tu che non trovi i Phyteuma??

Bon, a differenza degli altri spinaci selvatici che non hanno niente a che vedere con gli spinaci veri, questa erba è invece una parente stretta, ma, come al solito, molto più buona, provare per credere!!

A differenza di altre erbe che quando emettono lo stelo floralenon sono più da raccogliere, questa qui, finchè la spiga rimane verde e i boccioli sono ancora belli chiusi si può ancora utilizzare senza inconvenienti. Parlo del

Chenopodium bonus-henricus - spinacio selvatico, in piemont." barcui"

E' un'erba di medio-alta montagna, più in alto la si trova e più è buona. Compare a fine maggio/primi giugno in prati molto grassi, in particolare attorno alle baite che alloggiano i bovini , sovente frammiste alle ortiche, altre erbe che prediligono terreni molto azotati.

Questa erba basta guardarla per capire quanto è buona, si cucina in mille modi, è dolcissima e può entrare a pieno titolo in ogni ricetta . A chi piacciono i pansotti col ripieno di borraggine provi a farli con il ripirno di "barcui" e si dimenticherà della borraggine!

Siccome come già accennato queste erbe crescono in pascoli ingrassati costantemente con le dejezioni animali, vanno lavate e rilavate diluendo nell'acqua del bicarbonato che funge anche da disinfettante, questo vale anche e sopratutto per il Taraxacum che si mangia crudo,ed ancor più soprattutto per il Nasturtium officinalis o crescione d'acqua, di cui parleremo più avanti.

Soggettive della nostra pianta:

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La pagina inferiore delle foglie è ricoperta da una intensa pruina granulosa che si sente anche al tatto.


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Questa è un'erba che mi sento di consigliare a chiunque!!

:Saluto:
 
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Datura rosa

Guru Master Florello
Ed ora....

Acetosa
NOME SCIENTIFICO: Rumex acetosa
NOMI COMUNI: Romice, Acetosa, Erba brusca, Soleggiola, Ossalida
FAMIGLIA: Poligonacee
ETIMOLOGIA:
Il nome del genere deriva dal latino “rumex” = ”asta, lancia”, in riferimento alla forma appuntita delle foglie di molte specie. Non ha consistenza la presunta derivazione da “rumen” riferita alla pratica che i Latini avevano di masticare le foglie della pianta. Il nome specifico si riferisce al sapore acidulo delle foglie.



da www.bydorbuy.co.za
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da www.belleuropa.it




DESCRIZIONE:
L'acetosa è un'erba perenne rustica, piuttosto comune nei prati di tutta la penisola italiana, le cui foglie coriacee emanano odore erbaceo e hanno sapore acidulo.
E’ provvista di una grossa radice, dalla quale, in primavera, si sviluppa un fusto eretto, semplice o poco ramificato di colore rossastro, può raggiungere l'altezza di un metro.
La pianta contiene vitamina C, ossalato di ferro, acido ossalico e ferro.
FUSTO: Il fusto dell'acetosa è eretto, ramificato, di colore rossastro e supera sempre il mezzo metro d'altezza; quello dell'acetosa minore invece si innalza al più per una trentina di centimetri. FOGLIE: Le foglie di questa erba sono disposte alternativamente lungo lo stelo e hanno forma oblunga di lancia; le superiori sono più strette delle inferiori. Hanno un odore caratteristico e un sapore decisamente acidulo che, più lieve a primavera, si intensifica poi con l'avanzare delle stagioni. Le foglie dell'acetosa contengono vitamine, in particolare vitamina C, e sali minerali.
FIORI: alla primavera avanzata fino ad agosto sbocciano, su piante maschili e femminili distinte, i minuscoli fiori rossicci riuniti in piccole pannocchie terminali. Per favorire l'emissione di nuove foglie conviene recidere le infiorescenze.
HABITAT:
La Rumex acetosa è pianta assai diffusa sui pendii pratosi ben esposti e riparati dai venti e nelle zone coltivate di tutta la penisola italiana; è un'erba che predilige un terreno argilloso e ricco. La Rumex acetosella, le cui foglie anziché acidule sono amare, predilige invece un substrato sabbioso, asciutto e acido.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione ideale per l'acetosella è decisamente ombreggiata.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione dell'acetosa può avvenire per semina, da effettuare in primavera su substrato umido (in questo caso la germinazione avviene in una decina di giorni) o per divisione dei cespi, questo metodo va effettuato nella stagione autunnale.
CRESCITA:La coltivazione della romice acetosa non presenta di norma nessuna particolare difficoltà: occorre solo tenere presente che le lumache sono ghiotte dei suoi germogli e dunque spargere sul terreno alcuni granuli di lumachicida o proteggere le piantine con altri metodi. Per avere foglie ricche di succo è bene innaffiare regolarmente le piante.
RACCOLTA:Già due mesi dopo la semina si può incominciare la raccolta delle foglie.
CONSERVAZIONE: E' sufficiente riparare le piante con un telo, o metterle a dimora in posizioni riparate, per avere a disposizione foglie fresche in ogni periodo dell'anno.
PROPRIETA':
IN ERBORISTERIA: Le foglie sono consumate fresche come blando depurativo, oppure si usa un infuso di 30 g di radici per 1 l d'acqua. Viene usata per curare l'acne, le pelli grasse e la puntura di insetti, usando un decotto di 15 g di foglie fresche per 1 l d'acqua, e bevendone due tazze al giorno sempre lontano dai pasti. Con le foglie decotte si prepara un cataplasma utile per curare gli ascessi. Per uso esterno, come pediluvio per favorire la circolazione e il decongestionamento, si prepara un decotto d 50 g per 2 l d'acqua poi uniti all'acqua del pediluvio.
Proibita a quanti soffrono di calcoli, artrite, gotta, reumatismi,iperacidità. In caso di elevata ingestione di foglie crude sono stati riscontrati avvelenamenti con lesioni renali in bambini. Incompatibilità con le acque minerali e con i contenitori in rame.

IN CUCINA:Le foglie dell'acetosa possono venire mangiate come fossero spinaci, cioè dopo averle lessate, oppure possono venire aggiunte alle minestre. Un accorgimento per rendere questa verdura più gradita consiste nel cambiare l'acqua, una volta, durante la cottura, in modo da ridurre il tipico sapore acidulo. Le foglie tenere possono anche venir mangiate crude in insalata. Un altro utilizzo dell'acetosa consiste nel preparare una salsa verde adatta in particolare al pollame e al pesce; il procedimento è il seguente: si lavano e poi si lessano una manciata di foglie di acetosa e mezza manciata di foglie di crescione assieme ad una cipolla (che poi va tolta), quindi si mescola il tutto con olio, aceto, sale e pepe fino ad ottenere una massa cremosa.
Altre realizzazioni culinarie a base di questa erba:
Zuppa all’acetosa
Coniglio in salsa di Acetosa
Insalata di scampi all’acetosa
Crespelle all’acetosa
Salsa all'acetosa

BELLEZZA:: Un impacco di foglie fresche, sminuzzate e stese sulla pelle del viso, chiude i pori dilatati e fa scomparire i cosiddetti "punti neri". SALUTE:: Le foglie dell'acetosa esercitano un'azione digestiva e rinfrescante; la radice, estratta dal terreno in autunno e posta in infusione o decotta, svolge azione lassativa e diuretica.
CURIOSITA':
Per il loro alto contenuto di calcio e sali minerali l'acetosa e l'acetosa minore sono sconsigliabili a chiunque soffra di calcolosi renale.
E’ pianta tintoria: le foglie forniscono colorante giallo, il rizoma rosso.
Una particolarità di questa pianta è che è incompatibile con le acqua minerali e i contenitori in rame.
 
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pluteus

Esperto di piante spontanee
:DCiao Datura,

Bello il tuo post sull'aetosa, da bambini ci veniva insegnato dai nostri "vecchi" quando ci costringevano ad estenuanti camminate in montagna per raggiungre i pascoli più alti, a tenere sempre in mano un mazzolino di steli di "tigui" (così chiamiamo questa erba nel dialetto piemontese) da masticare durante il tragitto perchè molto dissetanti. Poi non si sa perchè da grandi ti vengono i calcoli!!

:)Posso però dirti una cosa, senza che ti offendi? La terza immagine dall'alto, come puoi ben vedere anche te, non è un Rumex acetosa, ma bensì un Rumex obtusifolius che non è "acetoso" per niente, ma piuttosto "amaricante" e che noi chiamiamo "lavasse".

Aspetto i tuoi prossimi interventi!!

:Saluto:
 

Datura rosa

Guru Master Florello
Salicornia glauca



NOME SCIENTIFICO: Arthrocnemum glaucum
NOMI COMUNI:salsoldda, zauzaridd. sossoìni, lessoìni
FAMIGLIA: Chenopodiaceae (Amaranthaceae secondo la classificazione APG)

ETIMOLOGIA: Dal latino sal = sale e conus = corno per la forma dei suoi rami.


http://pharm1.pharmazie.uni-greifswald.de/gallery/gal-chen.htm
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da online-media.uni-marburg.de


da www.peccatidigolaediamicizia.com
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DESCRIZIONE:
La pianta ha un portamento cespitoso, formante un cespuglio fittamente e irregolarmente ramificato fin dalla base. L'altezza, in genere di pochi decimetri, può raggiungere anche gli 80-100 cm. I rami sono articolati, lignificati, di consistenza erbacea e carnosa nelle porzioni terminali, con articoli lunghi circa 1 cm. I rami sterili sono generalmente più lunghi di quelli fertili.
Durante la piena attività vegetativa, in inverno e primavera, la pianta ha una colorazione verde glauca (da cui il nome), mentre in estate e in autunno ha una colorazione con tinte rossastre.
Le foglie sono opposte; apparentemente assenti, sono in realtà ridotte a squame carnose saldate a formare una guaina che avvolge il ramo. Il margine della guaina è più alto e leggermente acuto in corrispondenza dell'apice delle due foglie, mentre è conformato a V aperta in corrispondenza della saldatura delle foglie.
I fiori sono poco appariscenti e riuniti in spighette di tre elementi, di colore all'inizio giallastro poi scuro in corrispondenza della maturazione dei frutti. Le spighette sono inserite in fossette formate negli articoli, da cui però sporgono vistosamente, e sono portate dai rami fertili inseriti sui rami dell'anno precedente.
HABITAT:
L'habitat tipico è rappresentato dai suoli adiacenti alle zone umide salmastre (stagni, paludi, lagune) occupando anche aree soggette a temporanea sommersione da parte di acque salse. Forma con altre specie praterie più o meno rade, chiamate comunemente salicornieti, la cui composizione varia secondo la stazione, ma in genere è associata con altre comuni Chenopodiaceae alofite e con specie di altre famiglie, sempre con adattamenti alla concentrazione salina e sodica.
I salicornieti, insieme ai canneti di aree interessate da un minore accumulo di salinità, sono i più importanti siti di nidificazione e rifugio dell’avifauna delle zone umide costiere. Gli stessi frutti della salicornia glauca sono utilizzati come fonte di cibo da diversi uccelli.
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PROPRIETA':
SALUTE: Usata in farmacopea per i problemi di ipotiroidismo, è ricca di iodio e bromo, sali minerali, vitamina C e B ha proprietà antiscorbutiche conosciute già dai vichinchi che la portavano nei viaggi in nave, oltre che depurative e rinfrescanti.
IN CUCINA: Di sapore acidulo amarognolo, si presta insieme ad altre varietà a diversi piatti sfiziosi, zuppe. frittate, come contorno, condita semplicemente con olio sale e limone da abbinare sempre a pesci e crostacei, o in conserva sott'olio.
Altre realizzazioni culinarie a base di questa erba:
Insalata di patate lesse, gamberi e salicornia
Orecchiette alla curcuma con vongole veraci e salicornia profumate alla birra
Cavatelli con gamberi all’aglio fresco e salicornia
Salicornia sott’olio
 
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Datura rosa

Guru Master Florello
Santoreggia


NOME SCIENTIFICO:
Satureja hortensis, santoreggia, annuale - Satureja montana, santoreggia di monte, perenne
NOMI COMUNI E DIALETTALI: Erba acciuga o Erba spezia
Isopu (Genova), Santturina (Imperia), Tùmau giancu (Uscio), Erba peverina (Bardineto), Pèore d’àze (Confine con la Francia), Serea o Ciatura (Piemonte), Sagarzola (Lombardia), Sedulia (Veneto), Dragon (Emilia), Timo dritto oConiella (Toscana), Erba pepe (Umbria), Savitarella (Abruzzo), Peperna (Campania), Timu ad arvuliddu (Sicilia), Erba di S.Giuliano, Cerea
FAMIGLIA: Labiate

da commons.wikimedia.org
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DESCRIZIONE:
La Satureia hortensis è pianta annuale d'aspetto elegante, le cui foglie lineari sono più tondeggianti e più rade di quelle della perenne, e rustica, santoreggia montana. I cespi delle due varietà possono raggiungere un'altezza massima di una quarantina di centimetri: quelli della Satureia montana sono molto adatti a formare compatte e sempreverdi siepi nane.
FUSTO: I gambi, ben eretti e ramificati, sono di un verde che tende al rossastro. Una varietà di santoreggia, la Satureja repandens o repanda, è una delle più interessanti piante tappezzanti: alta meno di dieci centimetri si espande rapidamente in larghezza, in modo compatto e ordinato, è profumata, mantiene le piccole foglie in inverno (tranne dove gela), presenta minuscoli fiori bianchi e vive anche a mezz'ombra.
FOGLIE: Strette, a forma di lancia, a margine intero, piuttosto coriacee e di un bel verde brillante così sono le foglie della Satureia montana che, una volta essiccate e distribuite nei cassetti, sono utili per tenere le tarme lontane dai tessuti di lana.
FIORI: Minuscoli, di colore lilla chiaro, o bianchi, i fiori della santoreggia appaiono in estate, tra giugno e settembre, e sono molto amati dalle api. Le cime fiorite dell'annuale Satureia hortensis vanno raccolte subito dopo la fioritura, prima del rapido deperimento del cespo.
HABITAT:
Le zone d'origine della santoreggia sono l'Europa meridionale e centrale, l'India, l'Asia centro-occidentale, l'Africa meridionale: tutte regioni temperate e sub-tropicali. Il tipo di terreno che la pianta predilige è alcalino e ben drenato, ricco nel caso della santoreggia annuale, più povero per la perenne.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione ideale è in pieno sole.
RIPRODUZIONE: La semina della varietà annuale va effettuata a primavera e i piccoli semi vanno solo premuti leggermente nel terreno. Le piante perenni si possono facilmente moltiplicare dividendo i cespi in primavera e autunno, o staccando talee in estate.
CRESCITA: Le cure richieste dalla santoreggia sono poche: tra una pianta e la successiva vanno lasciati almeno una trentina di centimetri di terra; una decisa potatura ogni due anni aiuterà a tenere in forma i cespi e a rallentarne l'invecchiamento; nei luoghi ove le temperature invernali sono molto rigide è consigliabile proteggere le radici con uno spesso strato di foglie e frasche. La santoreggia cresce bene anche in vaso purché le sia garantito un substrato ricco.
RACCOLTA:
Le cime fiorite della santoreggia annuale vanno raccolte in piena fioritura e fatte seccare all'ombra per usarle in inverno. Le foglie della santoreggia montana possono essere colte in ogni periodo secondo le necessità, ma le loro proprietà sono all'apice poco prima della fioritura.
PROPRIETA':
IN CUCINA: Per il suo aroma pepato, deciso ed eccitante, la santoreggia accompagna infinite vivande, ma i farinacei e i legumi, in particolare fave, fagioli, ceci e lenticchie, traggono particolare vantaggio dall'unione sia a livello di sapore che di aumentata digeribilità.
Risotto con melanzane, zenzero e santoreggia
Caprini all’aglio e alla santoreggia
Zuppa di cipolle alla santoreggia
Filetti di rombo al “savori” e limone

BELLEZZA: Un impacco di foglie sminuzzate esercita un'azione astringente e antisettica utile per le pelli impure.
SALUTE: Un infuso delle cime fiorite di santoreggia favorisce la digestione, attenua i dolori allo stomaco, riduce la flatulenza e agisce contro la diarrea. Le foglie fresche sminuzzate e applicate sulle punture di insetti calmano il dolore, mentre le cime fiorite fatte macerare nel vino forniscono un buon tonico.
Evitare l'assunzione della tisana o del decotto la sera poiché il binomio salvia-santoreggia possiede una forte azione stimolante che può provocare disturbi del sonno, come l'insonnia.
CURIOSITA':
Il nome, che deriva dal termine latino satyrus, fa riferimento alle proprietà afrodisiache attribuite dagli antichi a questa pianta che in epoca moderna ebbe il suo periodo di splendore ai tempi di Luigi XIV, più noto come il re Sole, che pare ne apprezzasse tanto il gusto quanto le virtù.
Già nell’antica Roma la santoreggia era spesso scelta come ingrediente per insaporire le vivande: i romani amavano a tal punto il sapore speziato di questa pianta, simile a quello del timo ma più intenso e amarognolo, che la usavano in ogni piatto ed in particolar modo con la carne e i legumi.
I popoli germanici non consumavano mai fagioli senza prima insaporirli con le foglie di questa pianta, tanto che essa venne denominata “erba dei fagioli”. Addirittura i Sassoni ne diffusero l’utilizzo nella Britannia, dopo averla conquistata.
D’altra parte ancora oggi la santoreggia è molto diffusa in Inghilterra e non sarà un caso se in inglese il suo nome è savory che significa anche saporito.
 
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Datura rosa

Guru Master Florello
Mirride

NOME SCIENTIFICO: Myrrhis odorata
NOMI COMUNI: finocchiella, cerfoglio anisato, cerfoglio muschiato, cerfoglio perenne
ETIMOLOGIA:
Il termine viene dal latino murra o myrrha, quest'ultimo a sua volta derivato dal greco e deriva da una radice semitica mrr, con il significato di "amaro".
FAMIGLIA: Ombrellifere

da www.luirig.altervista.org
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DESCRIZIONE:
La mirride è un'erbacea perenne molto decorativa, le cui foglie, deliziosamente disegnate, ricordano assai quelle delle felci. Questa erbacea rustica è presente spontaneamente in alcune zone collinari dell'Italia centrale e settentrionale. Il gradevole aroma della mirride ricorda quello del cerfoglio e dell'anice.
FUSTO: I gambi della finocchiella sono eretti, striati, e possono raggiungere il metro di altezza.
FOGLIE: Le foglie della mirride sono pennatosette, lunghe circa 5 centimetri, coperte di lanugine nella pagina inferiore, verdi con screziature bianche, a stagione inoltrata, sulla pagina superiore.
FIORI: Molto amati dalle api i fiori della mirride si schiudono dalla primavera all'estate e sono riuniti in infiorescenze ombrelliformi.
HABITAT:
Questa erbacea gradisce un substrato ricco di humus e di umidità.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: L'esposizione che risulta più gradita alla mirride è quella a mezz'ombra, ma questa erbacea sopporta anche il sole.
RIPRODUZIONE: La riproduzione della mirride avviene per semina; i semi vanno sempre interrati in autunno, in quanto necessitano di qualche mese di temperatura rigida prima di essere pronti a vegetare.
CRESCITA: Ogni cespo desidera poter godere di un certo spazio: tra una pianta e le successive conviene dunque lasciare circa mezzo metro di terreno.
RACCOLTA: Le foglie si possono raccogliere in qualunque momento, a seconda delle necessità. La radice va dissotterrata in autunno, al termine del periodo vegetativo.
CONSERVAZIONE:Una volte essiccate all'ombra le foglie e i fiori di achillea si conservano in scatole o vasi a chiusura ermetica.
PROPRIETA':
IN CUCINA: Tutte le parti di questa erbacea, foglie, semi e radici, sono commestibili: le foglie si aggiungono alle insalate, alle minestre e alle frittate; inoltre alla frutta cotta, in quanto ne diminuiscono l'acidità, e alle confetture in modo da poter diminuire il quantitativo di zucchero. La foglia della mirride ha un sapore dolce, anisato, e viene usata in sostituzione del cerfoglio quando occorre un aroma più deciso. I semi acerbi, da consumare crudi, uniti alle macedonie, vanno colti in primavera inoltrata, mentre sono ancora verdi; quelli maturi si uniscono, interi, all'impasto delle torte di mele. La radice si pela, si trita e si serve cruda per accompagnare i fritti, oppure si lessa, si affetta e si serve fredda con un filo d'olio, come qualunque verdura.
BELLEZZA: L'achillea combatte la tendenza della pelle ad arrossarsi e la couperose; per ottenere un tonico con queste caratteristiche è necessario lasciare in infusione per mezz'ora fiori e foglie di achillea in mezzo litro d'acqua, immergere nell'infuso una garza e applicarla quindi sulla pelle del viso per un quarto d'ora.
IN CASA:Dai semi di freschi e teneri di mirride, schiacciati in un mortaio, si ottiene una sostanza profumata da porre in un panno e strofinare sui mobili: essa infatti costituisce un'ottima cera per trattare il legno.
SALUTE: Il decotto di radice di mirride, al 3%, assunto nella quantità di tre bicchieri al giorno, favorisce la diuresi.
CURIOSITA':
Il nome mirride è un chiaro riferimento alle proprietà della pianta, in quanto deriva dal termine greco myron che significa "profumo". Le foglie della mirride hanno infatti un gradevole aroma di anice, di mirra e di muschio.
 
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Datura rosa

Guru Master Florello
Critmo

NOME SCIENTIFICO:
Crithmum maritimum
SINONIMO: Crithmum canariense Cav
NOMI COMUNI:
critmo, finocchio marino, spaccasassi, erba bacicci, frangisasso e
cretamo, critamo, critamo marittimo, crite. Anche Erba di San Pietro che divide con
la Balsamita major (Tanacetum balsamita)
ETIMOLOGIA:
L’origine del nome è discussa. Si fa derivare dal greco Krìthmon o Krethmon, alludendo alle foglie carnose, profondamente incise. I più fanno derivare il termine crithmum dal greco krithe, orzo, per la somiglianza del frutto per forma e involucro ad un chicco d’orzo, e comunque con questo nome e questo riferimento la pianta ha attraversato i secoli. Il termine che indica la specie, maritimum, fa evidentemente riferimento al suo habitat.In italiano il nome più comune è finocchio marino.
FAMIGLIA: Apiaceae (Umbelliferae)



da www. floradecanarias.com
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da www.funghiitaliani.it
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DESCRIZIONE:
È l'unica specie del genere Crithmum. Questa erbacea perenne a radice rizomatosa, dai grossi fusti carnosi ramificati e prostrati che gli conferiscono l'aspetto di pianta succulenta, è molto diffusa sui litorali di quasi tutta l'Europa, dell'Asia e dell'America settentrionale. Il critmo, noto anche con altri nomi, è chiamato "erba di san pietro" e "finocchio marino", in comune con il finocchio ha l'appartenenza alla vasta famiglia delle ombrellifere. Per il suo alto valore decorativo, oltre che per le sue proprietà aromatiche, il critmo è una pianta perfetta per giardini situati nelle località marine.
FOGLIE: Le foglie del critmo, alterne, glabre, coriacee e dalla tipica tonalità glauca, tra il grigio e il verde, sono molto simili in apparenza a quelle delle piante succulente e formano morbidi cuscini ricchi di vegetazione.
FIORI:Le ombrelle composte da piccoli fiori di colore giallo-verdastro appaiono in estate, tra luglio e settembre
I semi si staccano con la sola azione del vento e per la loro forma ed il particolare tessuto, sono capaci di galleggiare a lungo tra le onde marine, in attesa di trovare un substrato ideale per la germinazione.

HABITAT:
Il critmo cresce impavido nelle fenditure delle scogliere, sulla sabbia, o in zone sassose interne, sempre però in prossimità del mare.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: La posizione prediletta dal critmo marittimo è quella soleggiata.
RIPRODUZIONE: La moltiplicazione può avvenire per divisione dei cespi, da effettuarsi in primavera; per semina in terriccio leggero, o per talee di punta. Quest'ultimo metodo ha le minori probabilità di successo in quanto le talee vengono facilmente attaccate da micosi.
CRESCITA:La coltivazione del critmo non presenta particolari difficoltà.
RACCOLTA: I germogli verde chiaro vanno raccolti prima della fioritura, perché in seguito divengono amari e non più gradevoli.
CONSERVAZIONE: Le foglie più giovani, dopo essere state lavate e asciugate, vanno conservate in aceto di vino che va cambiato dopo due settimane con dell'altro aceto, in modo che le foglie cedano al primo liquido di salamoia l'eventuale amaro in eccesso.
PROPRIETA':
IN CUCINA:
L’uso in cucina del critmo era un tempo frequente, almeno presso molte comunità marine. Le foglie, dal sapore fortemente aromatico e salato, fra il finocchio e il sedano, leggermente piccanti, sono state impiegate (e possono benissimo farlo ancora oggi) nelle minestre, come gli asparagi, cotte al burro oppure per preparare salse o come condimento, che è l’uso più frequente. Per aromatizzare pietanze, e in particolare piatti a base di pesce, la pianta è raccolta in diverse aree costiere della Penisola, fra le quali Puglia e Sardegna, ma essa è utilizzata dalla Turchia alla Francia, dalla Spagna all’Inghilterra. In quest’ultimo paese viene ancora raccolto per il commercio mentre in
diversi mercati meridionali si trova conservato in salamoia. Le foglie possono essere consumate infatti fresche, anche in insalata, con o senza marinatura con aceto, ma sono più frequentemente conservate,
sott’olio o sott’aceto. Preparate in questo modo sono considerate prodotto tipico nel Leccese (una sorta di giardiniera, da aggiungere come contorno, nei panini o nelle farciture).
Con le foglie si prepara anche un aceto intensamente aromatico.
Altre realizzazioni culinarie a base di questa erba:
Erba bacicci sott’olio per bruschette ed insalate di pomodori.
Trenette all’erba bacicci (o allo spaccasassi)
Erba bacicci al burro
SALUTE: Anticamente il critmo era consigliato per favorire la digestione e per aiutare la guarigione dei calcoli ai reni.
CURIOSITA':
Le foglie carnose e coriacee del critmo, coperte da un velo che limita le perdite d'acqua, simili quindi a quelle delle piante che vivono nelle zone desertiche, mostrano la capacità di adattamento delle piante: infatti l'aria salmastra tenderebbe ad assorbire acqua dalle foglie delle piante se queste non avessero escogitato questo valido sistema di difesa.
Dopo la guerra è stato un valido integratore alle povere pietanze dei ceti più umili, tanto che narra un pescatore che suo padre diceva in dialetto ligure ” mangiabesiggi” per indicare la condizione di qualcuno in miseria.
Il Critmo fu perfino citato da Shakespeare nel Re Lear: “Half-way down Hangs one that gathers samphire; dreadful trade!”, “a metà strada [delle bianche scogliere di Dover] cade colui che raccoglie l’erba di San Pietro, lavoro terribile!”.
Nel secolo scorso, proprio l’indiscriminata raccolta per il commercio per uso alimentare aveva provocato la sua scomparsa in Liguria, fino a Nizza.
Il nome di Erba di San Pietro, più frequente in verità per tutt’altra specie, fa probabile riferimento al fatto che il santo è patrono dei pescatori e costoro utilizzavano la pianta. In effetti gli erboristi rinascimentali la chiamavano Petrus crescentius
In altri tempi la pianta era utilizzata per ricavarne la soda.

Trattandosi di una umbellifera si dovrebbe usare molta prudenza nella raccolta per evitare di confonderla con specie tossiche, ma è pianta caratteristica per habitat, aspetto e portamento, per cui è difficile confonderla con altre specie. Prestare, comunque, grande attenzione.


 
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Datura rosa

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Bardana

NOME SCIENTIFICO: Arctium lappa
NOMI COMUNI:
cappellaccio, causarazzi, cima de rani, cuoppo, dapazza, erba porcina, gardalan, gratacuel, ingaizzi, lambazze, repese, zecchitella. Petolara, Baldana, Slavacioni

ETIMOLOGIA: Il nome del genere probabilmente derivato dal greco árcteion, orso, si trova già in Dioscuride. Il nome della specie, lappa viene utilizzato per la prima volta da Plinio come altro nome del genere. Derivato dal greco labein = attaccarsi, aggrapparsi, si riferisce ai frutti che si attaccano ai vestiti.
FAMIGLIA: Composite Tubulifere













DESCRIZIONE:
specie, biennale, ha una sviluppata radice a fittone, e fusti ramosi, alti fino a 2 m, scanalati, rossastri. Le foglie basali, provviste di lungo picciolo, hanno amina cordata (2-3 x 3-5 dm), con margine dentato e ondulato, e sono grigio tomentose nella pagina inferiore.
Lungo il fusto, le foglie sono alterne, più piccole rispetto alle basali e con picciolo più breve.
I fiori, piccoli e tutti tubulosi (15 mm), di colore porporino, sono riuniti in capolini globosi, che hanno un involucro di squame verdastre rigide e ricurve ad uncino. I capolini, peduncolati, hanno un diametro di 3-4 cm e formano a loro volta corimbi apicali. I1 frutto è un achenio bruno-nerastro, con pappo formato da corte setole.

HABITAT:
In Italia è abbastanza comune in tutta la penisola (anche se in certe zone è considerata rara), ma è assente nelle isole. Il suo habitat naturale è rappresentato dai prati incolti ma anche dalle aree antropizzate (lungo le siepi) e dai boschi. La specie è nitrofila viave, perciò in terreni azotati.
COLTIVAZIONE:
La bardana predilige i terreni di pianura, freschi, di medio impasto e con buona dotazione di sostanza organica. La moltiplicazione si fa per seme; il seme è seminato in semenzaio, sotto serra fredda, in febbraio-marzo. Le piantine trapiantate nella primavera. Ai fini della produzione, sia in termini quantitativi che qualitativi, è indispensabile provvedere con abbondanti irrigazioni estive.
PROPRIETA':
IN CUCINA: Per utilizzi alimentari si usano le foglie, le radici e i semi. L’Oriente (fino in Giappone dove è divenuto un ortaggio popolare col nome di gobo) ha un ricca tradizione di ricette alimentari con questa pianta.
Raccolta quando è ancora tenera e dolce, nei mesi autunnali del primo anno o in quelli primaverili del secondo, tagliata a rondelle e saltata in padella, magari insieme alla carota, con poco olio, è deliziosa. La bardana si sposta bene anche con legumi e cereali. Le foglie si possono gustare semplicemente condite con olio e limone, nelle zuppe e nelle minestre.
La bardana ricorre anche tra gli ingredienti di minestre medicate sotto forma di radice secca: la si acquista confezionata nei negozi di alimenti biologici e macrobiotici.
Possono essere mangiati anche i gambi crudi in insalata (ma prima vanno privati della corteccia esterna e comunque devono essere prelevati da una pianta giovane). I gambi privati della corteccia esterna, dopo breve prelessatura, possono essere cucinati “alla parmigiana” o gratinati con besciamella.
Altre realizzazioni culinarie a base di questa erba:
Pizza ripiena con ortica, bardana e ricotta
Soufflé di bardana
Riso al forno con bardana
Radici di bardana lessate
Piccioli di bardana dorati
Piccioli di bardana al burro
Fritti di bardana
SALUTE: Anticamente il critmo era consigliato per favorire la digestione e per aiutare la guarigione dei calcoli ai reni.
Le foglie di bardana in insalata sono indicate per chi soffre di diabete, perché completamente prive di zuccheri
CURIOSITA':
Studiando la particolare caratteristica delle squame uncinate del fiore si è arrivati all'invenzione del velcro.
La grossa radice, tostata e macinata era una valida alternativa al caffé.
Nel XIV secolo, in Europa, le foglie di Bardana venivano polverizzate nel vino e usate come trattamento per la lebbra. I medici eclettici americani del XIX secolo la consideravano un eccellente diuretico, e la prescrivevano per infezioni dell'apparato urinario, disturbi renali e minzione dolorosa, oltre che per infezioni cutanee e artrite. Una notizia curiosa sulla Bardana riguarda i suoi capolini ricurvi, la cui particolare forma uncinata favorisce la diffusione dei semi della pianta attraverso gli animali di passaggio (dispersione zoocora).
 
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Tmaximo

Esperto Sezz. Funghi, Aromatiche, Identificazioni
Ciao Pluteus,
Sto a Livorno, e da me i Phyteuma nn crescono, per vederli devo andare sulle Apuane..e quando vado sono sempre in fiore.
Massimo
 

Silene

Esperta di Cactacee
Interessantissimo questo tread! Bravo Tmax!
Non sapevo della borraggine, io ce l'ho nell'orto, mi ricresce sempre e la uso saltata in padella o nella frittata...che faccio...la lascio perdere? :rolleyes:
 

Tmaximo

Esperto Sezz. Funghi, Aromatiche, Identificazioni
Interessantissimo questo tread! Bravo Tmax!
Non sapevo della borraggine, io ce l'ho nell'orto, mi ricresce sempre e la uso saltata in padella o nella frittata...che faccio...la lascio perdere? :rolleyes:

Ciao silene,
Ti ringrazio,e meglio nn abusarne, comunque e la parte aerea ( fiori) che e tossica, basta raccogliere solo le foglie..
un salutone
Massimo
 

pluteus

Esperto di piante spontanee
Sylene vulgaris

Questa non è un'erba che si possa definire "di montagna" in quanto è ubiquitaria dalle Alpi al Lilibeo come il Tarassaco, ed è un'erba che tutti conoscono o che dovrebbero conoscere. in quanto è molto buona, è dolcissima ed è versatilissima in cucina sia da cotta che da cruda, parlo della
Silene vulgaris che da noi chiamiamo "sciaparole" e che ha un nome dialettale diverso in tutte le regioni d'Italia.
E' l'unica commestibile dell'innumerevole famiglia delle Sileme, ma è impossibile confondersi in quanto tutte le altre sono completamente diverse dalla "vulgaris"

Questa volta le foto non sono eccezioali e me ne scuso.


DSCF4778.jpg




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La tipica infiorescenza

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:Saluto:
 
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pluteus

Esperto di piante spontanee
Ciao Pluteus,
Sto a Livorno, e da me i Phyteuma nn crescono, per vederli devo andare sulle Apuane..e quando vado sono sempre in fiore.
Massimo

:D:DCiao T,
beh, che vuol dire, anch'io sto a Novara e non ce n'è mica di Phyteuma, devo come minimo andare fino in Valsesia e/o zone limtrofe, dai che con tutta l'acqua che sta facendo, quest'anno si comincia presto.

:Saluto:
 

Tmaximo

Esperto Sezz. Funghi, Aromatiche, Identificazioni
:D:DCiao T,
beh, che vuol dire, anch'io sto a Novara e non ce n'è mica di Phyteuma, devo come minimo andare fino in Valsesia e/o zone limtrofe, dai che con tutta l'acqua che sta facendo, quest'anno si comincia presto.

:Saluto:
Ciao pluteus,
A me manca il tempo, sennò andavo tutti i giorni sulle Apuane, purtroppo il lavoro a la priorità. L'unico giorno che posso e la domenica, però porto le persone che fanno il corso micologico nel bosco..e per il pranzo devo essere a casa. sennò il capo ( moglie):martello: mi rimanda nel bosco:confuso: e per sempre..anche a ragione.
Ps. sempre interessanti le tue schede di erbette..
 

Datura rosa

Guru Master Florello
Sambuco

NOME SCIENTIFICO:
Sambucus nigra
SINONIMI: Sambucus laciniata Miller, Sambucus nigra var. laciniata L., Sambucus virescens Desf
NOMI COMUNI:
Lombardia Sambüch, Schitac; Emilia Zambuch; Abruzzo: Zammuco ; Lazio Sambuco puzzoloso; Liguria Sambugu; Campania Savuco; Sicilia Savuco di gai; Calabria Savuco ; Marche Savuchi; Sardegna Sambucu mascu, Saùcu, Savùcu; Veneto Sango, Sambugar; Piemonte Sureau.
ETIMOLOGIA:
Il termine latino di genere Sambucus sembra tragga origine da Sambuca (che a sua volta deriva dal greco sambychè): questo era un antico strumento musicale a corde, simile alla odierna arpa, che veniva fabbricato utilizzando il legno di questa pianta.
Il termine latino di specie nigra = nera (Sambucus è di genere femminile) per il colore nero dei frutti.
FAMIGLIA:
Caprifoliacee
HABITAT:
Amante dei luoghi incolti ed umidi, è comunissima lungo i fossi, ai lati delle strade, nelle siepi; specie pollonifera, è pronta ad occupare terreni dismessi, ruderi anche a ridosso di muri e tra le macerie, dove si espande rapidamente. Vegeta dal livello del mare fino a 1500 metri di quota.


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DESCRIZIONE:
Presenta rami con midollo molto grosso, bianco, leggerissimo e compatto, che viene raccolto ed usato per includere e poi sezionare parti vegetali da osservare al microscopio. Inoltre questo tipo di legno viene utilizzato per costruire le palline formanti un Pendolo di Canton (il primo strumento capace di rilevare e misurare (anche se in modo grossolano) la carica elettrica posseduta da un corpo); viene scelto questo tipo di legno per la sue estrema leggerezza. Il sambuco comune, cioè il Sambucus nigra, è un arbusto perenne e deciduo, molto vigoroso, diffuso nelle zone incolte della penisola italiana dal livello del mare fino a un'altitudine di 1200 metri. Si può dire che ogni casolare, anche abbandonato, abbia nei pressi un arbusto di sambuco, a testimonianza dell'apprezzamento di cui questa pianta godette fin dall'antichità Il sambuco ha rami legnosi, infiorescenze gradevolmente profumate e un cespo che può raggiungere dimensioni notevoli, essere largo e alto anche cinque metri. Un'altro componente della famiglia, il Sambucus ebulus, o ebbio, che si distingue facilmente dal primo in quanto i suoi fusti sono erbacei non molto sviluppati, anziché‚ legnosi, e fiori dall'odore di mandorle amare, ha frutti velenosi.
FOGLIE: Le foglie del Sambucus nigra sono ovali e seghettate
FIORI:I piccoli fiori color bianco panna, a forma di stella, sono raccolti in infiorescenze a ombrella e sbocciano nella tarda primavera e all'inizio dell'estate.
FRUTTI: In autunno giungono a maturazione le piccole bacche lucenti dette botanicamente drupe, di color nero-violaceo, dal sapore acidulo, riunite in grappoli, e molto ricche di vitamina.
COLTIVAZIONE:
ESPOSIZIONE: Una posizione soleggiata risulta gradita a questa pianta che si ambienta comunque senza difficoltà anche a mezz'ombra.
RIPRODUZIONE: Questo arbusto può venire moltiplicato per semina o per talea. Per la semina si procede interrando alcune bacche mature a circa 2,5 centimetri di profondità; le talee di una trentina di centimetri vanno staccate in autunno
CRESCITA: Perché‚ il sambuco si sviluppi bene è consigliabile intervenire in inverno con una decisa potatura.
RACCOLTA:I migliori periodi di raccolta per le foglie e i fiori sono in aprile o maggio, i frutti si colgono verso la fine di agosto e la corteccia si preleva in autunno.
CONSERVAZIONE: I fiori vengono fatti essiccare e si conservano poi in vasi a chiusura ermetica in modo da averli a disposizione in ogni periodo dell'anno per usarli in cucina o in farmacia. Un antico uso dei fiori essiccati consisteva nel porli nelle cassette contenenti i frutti al fine di aiutare a conservarli. Con le bacche appena raccolte in passato si preparavano delle buone confetture ricche di vitamina C.
PROPRIETA':
IN CUCINA: I frutti vengono consumati crudi, cotti e disseccati. L’aroma dei frutti freschi non è gradito a tutti ma, cuocendoli, si ottengono deliziose marmellate e dolci di vario genere. I frutti sono anche utilizzati per dare un tocco di colore a conserve, salse, gelatine e per fare un vino frizzante. I fiori hanno un profumo ed un aroma che può ricordare il moscatello: immergendoli per qualche ora nell’acqua, con aggiunta di limone e zucchero, si ottiene una bibita rinfrescante per le giornate calde. Sempre coi fiori freschi si possono fare frittelle dolci e salate o, dopo averli seccati, ricavarne un tea dal sapore gradevole. Le foglie sono utilizzate per dare una colorazione verde ad oli e grassi per uso alimentare.
I frutti, quando sono ancora acerbi contengono, come tutte le parti verdi della pianta, il glicoside cianogeno sambunigrina, che per idrolisi produce acido cianidrico ed ha quindi un certo grado di tossicità. Tuttavia questa tossicità è più che altro teorica, poiché il contenuto di questa sostanza nella pianta è basso e solo un dosaggio eccessivo della scorza può effettivamente provocare vomito e spasmi intestinali.
Altre realizzazioni culinarie a base di questa pianta:
Dolce ai fiori di sambuco
Sciroppo ai fiori di sambuco
bevanda rinfrescante ai fiori di sambuco
Marmellata di bacche di sambuco
Crema alle bacche di sambuco
Frittelle di Sambuco
Conserva di Sambuco (ottima servita con formaggi quali Castelmagno e Roccaverano)
Fiori di sambuco sott’olio
Vino al sambuco
BELLEZZA:per ottenere una maschera tonificante ponete in una ciotola una manciata di fiori freschi di sambuco, una di fiori di tiglio e una di camomilla, coprite il tutto con acqua calda e comprimete i fiori fino a farne una poltiglia che, posta tra due garze, andrà tenuta sul viso per una ventina di minuti.
SALUTE: L'infuso delle foglie di sambuco cura i raffreddori. Quello dei fiori giova alla pelle a agli occhi. Il decotto di frutti È un buon lassativo.
CURIOSITA':
Al sambuco in passato si attribuivano poteri magici, contro i demoni e le streghe. In Inghilterra se ne piantava un esemplare vicino alle abitazioni, come protezione contro le streghe, oppure si ponevano dei ramoscelli, raccolti l’ultimo giorno di aprile, sopra le finestre, sempre per tener lontane le streghe. Al giorno d'oggi una apparente magia consiste nel piantare un sambuco presso le finestre di casa: le mosche ne verranno attratte e non entreranno all'interno.
Un'altra "magia" del sambuco è la seguente: le piante soggette a ruggine o muffa traggono vantaggio se vengono spruzzate con una tisana delle sue foglie.
Degli onori tributati al sambuco, testimoniano ancora oggi le leggende di uomini anziani che si levavano il cappello quando passavano accanto a un imponente cespuglio di sambuco.
Nelle sacre scritture si trovano continuamente riferimenti sulla grande importanza del sambuco che, ad esempio, ha offerto riparo alla Madonna per una sosta durante la fuga verso l’Egitto.
E secondo la storia, anche la croce di Gesù era stata realizzata in legno di sambuco.
Nei tarocchi la pianta è associata ad uno degli Arcani Maggiori: la Luna.
La polpa bluastra delle bacche può essere usata come una sorta di cartina tornasole per stabilire se una soluzione sia acida o alcalina: immersa in una soluzione alcalina diventa verde, rossa in una acida.
Varie parti della pianta possono essere usate come coloranti, per ottenere sfumature dal verde al porpora; fino a qualche decennio fa si utilizzava il liquido dei frutti per ricavarne inchiostro.
Nella fiaba dei fratelli Grimm, Madama Holle, il sambuco era la dimora della dea Holla,protettrice delle piante e degli animali.
 

Tmaximo

Esperto Sezz. Funghi, Aromatiche, Identificazioni
Ciao Datura,
se me lo dicevi, te le davo io le foto del sambuco:)
ottima scheda:)
 

Tmaximo

Esperto Sezz. Funghi, Aromatiche, Identificazioni
Bellis perennis ( pratolina, margherita,fior di prato, fior di primavera)
Usi in cucina.
Le tenere foglioline possono essere mangiate da sole in insalata, ma più spesso in unione ad altre essenze, nn essendo il gusto tra i più eccelsi. Più apprezzabile la cottura per preparare zuppe, minestre e frittate


 
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Tmaximo

Esperto Sezz. Funghi, Aromatiche, Identificazioni
Calendula arvensis ( calendola, fioraccio)
Usi in cucina.
Si raccolgono le giovani foglie e si usano nei misti ( e molto amara) inoltre, un bel rametto completo di fiori, lo si può introdurre in una bottiglia contenente dell’ottimo aceto di vino, ottenendo cosi un aceto personalizzato.
I fiori uniti ai brodi ed ai risotti, tingono di giallo al pari dello zafferano.


 
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