Avete provato come ci si sente a chiedere di non intervenire con l'accanimento terapeutico ad un vostro caro?
Mi è capitato più volte che familiari di una persona messa alquanto male,per la quale non c'erano molti margini di manovra,mi chiedessero di non praticare l'accanimento terapeutico.Ho visto queste persone soffrire moltissimo mentre me lo chiedevano,sentirsi veramente male,spinti dal desiderio di non vedere più soffrire il proprio caro,di proteggere in qualche modo la sua dignità e nello stesso tempo oppressi dal senso di colpa .Stavano proprio male ed io con loro.
L'unica cosa che ho potuto fare per aiutarli è stato leggere loro la cartella clinica e commentare insieme i dati che vi erano riportati,con pazienza e comprensione,cercando di dare loro un quadro il più possibile chiaro ed onesto della situazione,senza giudizio da parte mia.
Una richiesta del genere è una cosa molto molto delicata,che va ad incontrare la sfera delle convinzioni e dei valori di ciascuno,del proprio modo di vedere la vita e darle il significato,e considerare il dolore e la morte e dar loro un significato.
C'è chi è credente a qualsiasi credo che contempli l'esistenza di un aldilà e cerca(e non si sa se ci riesce,comunque) di dare al mistero del dolore e della morte il significato di purificazione e di preparazione ad una vita migliore dopo la morte, c'è invece chi ritiene che la vita si esaurisca al momento del trapasso e che il mistero della morte in realtà non ci sia,che non ci sia nulla dopo,per cui la sofferenza che lo precede è solo una crudeltà senza senso,una ferita alla dignità.
Ogni posizione merita comprensione, assoluto rispetto e assenza di giudizio ,nessuno ha il diritto di ergersi a portatore di verità,specialmente davanti a grandi dilemmi come questo.
Confesso che pure io,pur essendo credente,quando ho visto mio nonno soffrire in punto di morte per il dolore che un tumore maligno gli generava (al tempo,eravamo nell'87, la terapia antidolorifica era a livelli molto molto primordiali), ho pensato che quella sofferenza fosse inutile, disumana,ingiusta, e in quel momento non so che avrei dato,non so che avrei fatto per fermare quel tormento.
E ho sentito mio nonno dirmi con un filo di voce "Ammazzami,ti prego,ammazzami,non ce la faccio più,aiutami a farla finita".
In quel momento era notte e lo stavo vegliando in ospedale.Ho saputo poi che quella è stata l'ultima notte in cui l'ho visto vivo.
Devo onestamente dire che la CHiesa ha molto osteggiato l'uso delle terapie antalgiche,sempre in nome del concetto di sofferenza come purificazione,ma,su questo punto,non sono mai stata d'accordo.
Quando il dolore è atroce non c'è nemmeno la lucidità di meditare sul mistero del morire,c'è un dolore terribile e basta,e non vedi altro.
Adesso,per fortuna,le terapie antalgiche hanno fatto grandissimi passi,la stessa Chiesa si è resa conto della loro utilità e si è in grado di garantire una qualità di vita decisamente migliore per almeno una lunghissima fase del decorso della malattia,fino ad arrivare alla sedazione,che è di fatto un modo pietoso di far passare la persona "dall'altra parte" senza dolore inutile.
Lo stesso termine "terapia palliativa" deriva dal latino Pallio,che è il nome del mantello che portavano le donne e successivamente i primi pontefici.Questo mantello avvolgeva la persona completamente e mettersi soptto il pallio era una gesto che indicava richiesta di protezione e consolazione,cosa che appunto,queste terapie fanno.
Io ho praticato queste terapie per un certo tempo,alcuni pensano che sia una medicina fallimentare,invece posso dire che è una delle forme più alte e ricche di terapia,perchè entra a fondo nella condizione umana.
Mi capito' una volta una signora ,in clinica, afflitta da un tumore maligno devastante, che chiese il mio aiuto per calmare il dolore atroce che l'affliggeva.
Mi misi all'opera subito,prescrissi la terapia e regolai io stessa la velocità d'infusione della flebo,e rimasi un po' con la signora per controllare ch tutto andasse per il verso giusto e tranquillizzarla,perchè , fra l'altro,nella gestione del dolore,è molto importante eliminare l'ansia .
L'ansia è una componente del dolore,abbassa la soglia di resistenza e di conseguenza ne aumenta la percezione;nella terapia palliativa si usano,a questo scopo,oltre ai farmaci specifici, ansiolitici e antidepressivi in vena.
Ritornai nella mia stanza,e dopo circa mezz'ora la signora mi richiamo'.Io mi preoccupai,pensando che la terapia non avesse avuto effetto,e,invece,la signora mi aveva chiamato proprio per ringraziarmi dell'aiuto,la trovai che era,malgrado la sua condizione, distesa e serena.
Comunque,ritornando al discorso (scusatemi la lunga digressione,mi sono fatta prendere un po' la mano
)concordo con l'osservazione fatta da Pin,è un momento estremamente difficile e doloroso,c'è un grandissimo senso d'impotenza e,si, anche di colpa.E concordo anche sulle altre sue giustissime osservazioni.