Le piante, come gli animali, sono organismi incredibili, che da milioni di anni si trasformano.
La continua ricerca di strutture che permettano la sopravvivenza ha determinato adattamenti così straordinari da sembrare ideati a tavolino da una mente superiore.
Ecco allora che ci sembra di scorgere un’intelligenza silenziosa nelle nostre amiche piante. In effetti, questa intelligenza c’è se intendiamo per “intelligenza vegetale” quella “furbizia” che le nostre amiche sembrano avere quando lottano per vivere e crescere anche nelle situazioni più critiche.
Sembra quasi che le piante si rendano conto della situazione in cui si trovano e sappiano prendere decisioni.
Non sembra, è proprio così: sono capaci di risposte “flessibili” basate sulle condizioni del momento.
La nostra reazione è di stupore.
Ci sentiamo, io per primo, invogliati a trattare le piante come esseri pensanti, quasi come se avessero orecchie e occhi.
Ciò non è strano per noi esseri umani cugini degli scimpanzè.
Guardate una vostra amica che litiga selvaggiamente col fidanzato al cellulare: fa tutte le smorfie possibili, agita le braccia, lancia sguardi di fuoco, si mette la mano tra i capelli, sbatte il libro sul tavolo...come se il ragazzo fosse lì. Alla fine butta il cellulare sul letto e non per terra solo perchè costa 324 €.
Noi umani siamo molto teatrali in queste cose.
Con le piante la cosa è simile: noi le curiamo e loro crescono, ci danno soddisfazioni, sembra quasi che ci capiscano e che vogliano farci piacere. Noi le trattiamo come se ci sentissero, le accarezziamo, ci sentiamo quasi capiti.
Ecco allora che il fidanzato della vostra amica viene etichettato come cretino mentre le piante piano piano...diventano intelligenti.
Le piante, in fondo, hanno il non trascurabile pregio di non contraddire mai nessuno!
E quando muoiono nonostante le nostre cure? Si suicidano?
Ho fatto un po’ di ironia.
Detto questo, se vogliamo equiparare il concetto di “intelligenza vegetale” a qualcosa di simile all’intelligenza animale, allora vogliamo fare un passo più lungo della gamba.
Sono d’accordo con voi sul fatto che alcuni esseri umani siano più stupidi di una carota lessa, ma da qui a dimostrare il contrario...la strada è lunga.
Amici, le piante non possiedono alcun tipo di sistema nervoso e non possono nemmeno abbozzare il più semplice pensiero...di un lombrico!
E’ così! Mi dispiace.
Ho subito letto l’articolo indicato da Verdelfo e, come già sapevo, non c’è scritto nulla di interessante. Assolutamente banale l’affermazione che le piante sanno risolvere problemi legati alla salvaguardia del loro territorio e alla loro incolumità: le piante infatti lottano quotidianamente per la propria sopravvivenza e affermazione, producono veleni che sembrano studiati da un chimico, sanno adattarsi con notevole “elasticità” alle mutevoli condizioni ambientali, interagiscono con le altre piante in una lotta silenziosa che può portare all’estinzione di una specie e al diffondersi dell’altra. Niente di nuovo.
Che la letteratura anglosassone sia quella trainante in questo settore, non mi stupisce affatto e anzi conferma quanto sto dicendo: non è certo contando i libri sui fantasmi che popolano i castelli della Scozia che si può affermare scientificamente l’esistenza dei fantasmi stessi.
Ciò non significa ovviamente che sia vietato fare ricerca anche seria su questo argomento.
La prima fase di ogni ricerca scientifica attraversa sempre un tratto di strada caratterizzato da “indefinitezza” di ciò che si sta cercando. Col passare del tempo però si arriva alla scoperta...o si abbandona quella ricerca perchè non porta a nulla.
In questo modo si ha reale progresso scientifico...e tecnologico.
Quanto ad Aristotele, citato nell'articolo, non è certo una novità che la visione Aristotelico-Platonica della realtà e la totale mancanza di un metodo scientifico, fino all'arrivo di Galileo Galilei, ha rallentato il progresso scientifico e tecnologico per 1800 anni! Le pregevoli osservazioni di Aristotele, sraordinarie per quei tempi, nulla hanno a che fare con il moderno concetto di ricerca scientifica. Sono pronto a documentare meglio questa mia affermazione con precisi riferimenti agli scritti scientifici di Aristotele.
E’ anche vero che si osserva spesso, soprattutto negli ultimi decenni, una certa tendenza a dar credito a false impalcature scientifiche già abbandonate da tempo.
Faccio un esempio stuzzicante per voi.
Il 30 % di chi legge rimarrà sconvolto se dico che l’omeopatia, nonostante i prodotti venduti in farmacia e alcune scuole aperte ai medici, si basa su fondamenti scientifici a dir poco traballanti. Il mercato dei prodotti omeopatici è miliardario...ma da qui a curarsi per malattie serie con l’omeopatia...ce ne passa. La voce un po’ roca, l’umore un pochino triste....passi, ma attenti: posso presentarvi due mie amiche che hanno rischiato di morire perchè volevano curare due forme di tumore con bacche di vischio e amenità simili! Le due amiche sono arrivate in ospedale con l’ambulanza a sirene spiegate e si sono salvate per un pelo...con farmaci tradizionali somministrati a badilate.
Voglio dire che non è reato credere negli effetti della “omeopatia”, della “cromoterapia”, regalare soldi ai medici “iridologi”, ma voler considerare scienza aspetti poco certi di tali discipline è azzardato.
Tornando alle piante e all’articolo, non credete che dal 1880 i neurobiologi avrebbero già scoperto tutto dell’intelligenza delle piante? Riguardo alle presunte capacità dell’apice radicale, la questione in termini botanici è ben conosciuta. Nessun microcervello è nascosto in pochi micron. La capacità di distinguere fra diversi stimoli non indica intelligenza superiore. La capacità delle radici di rispondere a stimoli come la gravità, la luce, l'umidità è stata ampiamente studiata e documentata nei decenni passati dai botanici.
La parola intelligenza deriva dalle parole “inter legere” che indicano la capacità di “leggere...tra le righe”; la capacità cioè di analizzare situazioni complesse per arrivare a conclusioni a volte assolutamente diverse da quelle ipotizzabili all’inizio del ragionamento. La capacità di dare risposte automatiche anche diversificate non richiede intelligenza, ma solo strutture sensoriali per la raccolta degli stimoli e strutture idonee a dare risposte adeguate.