lilly
Giardinauta
Ad oggi non esercito come psicologa cioè coordino una comunità di ragazzi con problemi psichici e i colloqui non con tutti sono facili x l'inaccessibilità della persona per cui ecco la dimensione dell'ascolto....il restare in silenzio anche per mezz'ora e ascoltare cosa muove dentro di me quella persona, che sentimenti provo verso di lui.... Ho imparato ad ascoltare prima me stessa e non è cosa semplicissima ...rimandare all'altro anche nel silenzio o in misurate affermazioni un sentimento positivo o anche no. L'importante è essere sinceri perchè l'altro lo percepisce. L'aiuto arriva dal sentirsi accettato com'è, nel percepire che non respingi il suo modo di essere...che anche la collera , gli impulsi distruttivi vanno accettati e capiti anche se vanno canalizzati in altro modo.
Questo vale in qualsiasi relazione di aiuto. Ogni giorno che arrivo in comunità mi chiedo: come sarà oggi G?? E B. sarà ancora arrabbiato??? Ogni giorno è una pagina nuova che si apre che so già sarà scritta da cose belle, bei sentimenti errori, paure...tante incertezze!!!!
PS : è bellissimo condividere con voi questo.....non mi capita sempre...grazie!!!
Il tuo lavoro, ad oggi, è molto più complicato di prima.
Innanzitutto, perché non coinvolge più solamente la psiche, ma qualcosa di molto più complicato e delicato, e a volte, perché no?, anche più pericoloso.
Credo, ma ovviamente quasi certamente mi sbaglio, che sia più semplice esprimere e raccontare i propri problemi, quando si è faccia a faccia con qualcuno.
Ma comprendo anche, che può essere utile, anche se più difficile, poter ascoltare le esperienze di altri, in cui tu possa identificarti e sentirti così più a tuo agio. La reazione del silenzio, secondo me, dipende dal carattere personale, da quello che si è subito, che più grave è, più difficile è da confessare. Per es., se stato vittima di abusi da piccolo, questo rischia di escluderti dagli altri, perché si teme il giudizio altrui, come se te lo fossi cercato tu e, questo è proprio difficile da ammettere.
Ed lì che subentra la bravura dello psichiatra, come tu dici, di far sentire quel qualcuno accettato, al sicuro, non giudicabile. Ed hai sempre ragione, quando dici, prima devo leggere dentro di me, per imparare come comunicare tutto ciò, trovare, insomma la chiave giusta di lettura.
E quando si è in troppi, dover trovare la chiave d'ingresso, con le varie interazioni del gruppo.... oddio come faccio. Ed inizia uno studio, un'elaborazione interiore, non indifferente.
E' uno stimolo interessante poter confrontarsi - andiamoci piano -, chiacchierare con qualcuno sul campo.
Grazie a te.