Solo una piccola provocazione, tanto per riprendere il tema della difficile definizione: come mai anche tu, per sollevare il problema sei partita dalla "madre addolorata"? Abbiamo forse ancora bisogno di affermare questo peso di dolore per sentirci riconosciute?
Sono partita con alcune considerazioni non tanto dalla figura un po' arcaica della mater dolorosa ripiegata su sè stessa, prona e sottomessa, sempre pronta ad immolarsi al martirio silenziosamente e vittimisticamente, come ci hanno educate a pensare di dover essere (almeno noi figlie di una certa generazione) bensì dalla percezione della fatica che ogni donna consapevole debba fare per crescere i propri figli, lottando contro certi dogmi e certi canoni, certi stereotipi, dovendo scardinare prima di tutto dentro sè stessa, decenni e decenni di falsa morale insieme a inutili sensi di colpa.
Ho riflettuto a lungo, in questi ultimi mesi, a quanto il lavoro di madre sia meraviglioso ma anche a quanti prezzi si debbano pagare per poter difendere ciò in cui si crede.
Ho voluto la mia maternità come qualcosa che era parte di me, quindi l'ho desiderata innanzitutto istintivamente, ma questo ha comportato un grandissimo lavoro su me stessa per cercare di cogliere appieno il suo significato come un atto dovuto a ciò che vivevo e vivo.
Ho lottato duramente per far rispettare quelle che erano le basi, i miei fondamenti, per crescere le mie figlie, andando anche contro un certo modo di concepire la vita e la maternità stessa.
Ho voluto mettere al mondo due esseri umani che non saranno mai miei ma che ho comunque generato io e ai quali cerco di trasmettere non solo amore ma soprattutto consapevolezza, anche dell'amore stesso.
Penso tu sappia Celeste, cosa significhi tutto questo e cosa comporti.
Già in gravidanza ragionavo e ragionavo sulla valenza della maternità, sul ruolo di una madre, sul rapporto che una madre deve creare col proprio figlio, sul fatto che madri lo si diventa un giorno dopo l'altro insieme ai figli, sulle problematiche, sulle responsabilità (immense a mio avviso) che vanno affrontate, sul significato più profondo di questo atto meraviglioso e profondo che quando entra nella tua vita non ti lascia mai più.
Man mano che son passati gli anni, ho dovuto entrare in contatto con le amare verità che ancora impregnano la nostra esistenza di madri.
Famiglie che non capiscono, che non rispettano il tuo ruolo. Parenti che non fanno altro che proiettare su di te, i loro vissuti, le loro mancanze, le proprie frustrazioni cercando di farti sentire in ogni gesto che fai, la più sbagliata delle madri.
Non so quanti sensi di colpa ho dovuto scrollarmi di dosso e quanta fatica mi è costata nel cercare di visualizzare quali fossero le mie reali responsabilità, facendo un serio e accurato lavoro di ripulitura da spazzatura che non mi apparteneva ma che qualcuno anche vicino, si sente sempre in diritto di rovesciarti addosso.
Ho dovuto difendere ciò che sono e difendere la mia prole da queste invasioni.
Ho dovuto capire il perchè, i significati, le altrui proiezioni per tenere alto ciò in cui credevo.
Poi, una società che cerca di farti vivere quello che ti spetterebbe di diritto, come un privilegio.
Io sono una madre e voglio esserlo a pieno titolo. Voglio poter far andare nel mondo, un essere umano costruito pazientemente, consapevolmente, criticamente e con la meno sofferenza possibile o, quantomeno, aiutarlo ad elaborarla.
Voglio essere presente e desidero con tutta me stessa, essere parte attiva di ciò che vivo, ma la società, i suoi ritmi, i suoi tempi e i suoi bisogni, lo rendono molto difficoltoso e problematico e ancora pieno di sensi di colpa che derivano dalle mancate risposte, dai tempi lavorativi in disaccordo con i tempi della crescita, con il mobbing che ti paralizza la vita e tu combatti e battagli "solo" per difendere un tuo diritto.
Insomma voglio poter affermare il mio diritto di madre e contare sull'appoggio di famiglia e società, desidero rispetto per ciò che faccio e facciamo come madri tutti i giorni, come una sorta di protezione di chi lavora alacremente non solo per generare un prolungamento di sè stessi ma soprattutto per costruire in positivo esseri umani che sono patrimonio di tutti, che sono ricchezza per un paese.
Ho parlato della sofferenza delle madri solo per cercare di portare chi legge a riflettere su quanto gravose e penose possano essere certe condizioni.
Se vuoi ho estremizzato utilizzando le sofferenze più profonde, più gravi, ma parlare della vita quotidiana di una madre qualunque, penso non avrebbe portato nessuna riflessione, considerato che siamo ormai anestetizzati in questo delirio che è la nostra vita, di fronte alla fatica di tutti.
Io sono orgogliosa di essere madre, sono felice di quanto sto vedendo, dei cambiamenti che percepisco nelle mie figlie ogni volta parliamo, discutiamo e ci confrontiamo.
Ho fatto anch'io i miei errori e so che li pagheremo tutte e tre ma se ne sono consapevole, posso affrontare anche il momento in cui punteranno il dito (e lo faranno di sicuro) spiegando già ora o quando sarà, tutte le ragioni, buone o cattive che siano.
Sono felice di averle avute ma non posso negare che questo mestiere così meraviglioso, sia faticosissimo e, talvolta, doloroso.