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Cucina calabrese

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Fiorin Florello
MOSTARDA D'UVA quella che noi calabresi chiamiamo "a mustarda" , era la preferita di mia mamma, ci servirà per il ripieno dei petrali/nepitelle di Natale e tante altre squisitezze. Ma è buona anche semplicemente spalmata su una fetta di pane!
Ingredienti: per ogni kg di polpa d’uva servono ca. 450 gr di zucchero (dipende dalla dolcezza dell’uva), noci o mandorle.
Preparazione: staccare tutti gli acini dell’uva (io uso l’uva fragola che risulta più dolce e di conseguenza mi fa risparmiare sull’aggiunta di zucchero, ma c’è anche chi non lo aggiunge affatto) , lavarli accuratamente e sgranarli. Sistemare questa polpa in una pentola, aggiungere pochissima acqua e fare cuocere a fuoco bassissimo per circa 20 minuti. Fare freddare e passare la polpa ottenuta al setaccio o al passaverdure. Rimetterla nella pentola e aggiungete eventualmente lo zucchero. Mia mamma mi ha raccontato che questa mostarda è migliore se si aggiunge la metà delle bucce. Dopodiché fare cuocere ancora per circa un’ora/due ore a fuoco bassissimo, rimestando continuamente.A questo punto si aggiungono e noci o mandorle a piacere. Quando avrà raggiunto la consistenza giusta invasare ancora bollente nei vasetti sterilizzati e chiuderli ermeticamente. Capovolgerli e farli freddare. Oppure – come preferisco fare io - procedere con la sterilizzazione in acqua per ca. 30 minuti.
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Fiorin Florello
Pasta al sugo di baccalà!
Premessa indispensabile è che il baccalà sia di ottima qualità! Ho messo uno spicchio d'aglio e un peperoncino in olio evo e ho fatto leggermente soffriggere, ho aggiunto dei pomodorini tagliati, e dopo pochissimi minuti il baccalà tagliato a pezzi! Ho fatto cuocere aggiungendo, al bisogno, un pochino d'acqua! Ho cotto gli spaghetti li ho scolati al dente, li ho passati nella sugo di baccalà e ho servito subito!
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Fiorin Florello
baci di dama calabresi.semplici da realizzare e incredibilmente gustosi, ideali per accompagnare una merenda intima. Qui ve ne proponiamo una variante più soffice e delicata, con una crema al mascarpone e cacao che renderà questi biscotti ideali per accompagnare un tenero incontro tête-à-tête.
PREPARAZIONE:
Scoprite come realizzare i teneri baci di dama calabresi e preparatevi a deliziare il vostro partner. Un ingrediente fondamentale per la realizzazione di questa ricetta è la crema al mascarpone, una preparazione semplice e gustosa che può essere preparata molto facilmente.
Prima di iniziare a preparare la ricetta, è importante adottare qualche piccolo accorgimento per avere il miglior risultato assicuratevi di tirar fuori dal frigo il Mascarpone Santa Lucia circa 30 minuti prima della preparazione assicuratevi che le uova siano a temperatura ambiente prima di iniziare la preparazione.
1.Ecco come realizzare i baci di dama calabresi: riunite in una ciotola il Burro Santa Lucia, lo zucchero al velo, la vanillina e le uova e lavorate il tutto fino ad ottenere una crema. Impastate poi aggiungendo la farina e infine il lievito. 2.Su un piano infarinato o tra due fogli di carta forno, stendete la pasta rendendola spessa circa 1/2 centimetro; con un coppa pasta ritagliate i vari dischetti e disponeteli su una teglia foderata. Cuocete in forno preriscaldato a 180°C per circa 15 minuti. 3.Nel frattempo potete preparare la crema per la farcitura: prendete dunque la crema dolce al mascarpone e incorporatevi un bel cucchiaio di cacao amaro mescolando finché i due ingredienti non saranno ben amalgamati. 4.Una volta cotti, date il tempo ai biscotti di raffreddarsi e cominciate ad accoppiare ogni cupoletta con un’altra intervallandole con la soffice crema. 5.I nostri baci sono quasi pronti, non vi resta che tritare il cioccolato fondente e farlo sciogliere a bagnomaria e inzupparvi metà biscotto. Lasciate che il cioccolato fondente si solidifichi. Servite i vostri baci di dama calabresi appena saranno solidi. VARIANTI:I dolcetti appena illustrati mancano della presenza di un ingrediente che spesso caratterizza la ricetta calabrese: la confettura di albicocche o di pesche. Nella versione originale della pasticceria del sud Italia, la sua presenza arricchisce il ripieno di questi dolci tipici e dona un tocco di sapore diverso al goloso cuore di crema che caratterizza la ricetta proposta.Se volete cimentarvi con questa ricetta, vi proponiamo anche la versione con confettura, che dovrete spalmare sulla faccia interna di uno dei due biscottini (ne basterà un cucchiaino). Quindi accoppiate ogni biscotto farcito con un altro biscotto privo di farcia e procedete a inzuppare i baci dentro il cioccolato fondente (quest’ingrediente deve essere sempre sciolto a bagnomaria).Ovviamente questi bocconcini facili e veloci si possono preparare anche con marmellate diverse, come ad esempio quella di more, di fragole o di ciliegia. Potete inoltre dar sfogo alla vostra fantasia decorando il cioccolato fondente con cocco grattugiato o granella di mandorle.In alternativa i pasticcini possono presentare anche un ripieno bianco a base di crema. Nel caso in cui vogliate proporre la ricetta con crema bianca dovete prepararla con burro, zucchero a velo vanigliato e latte condensato (unite questi ingredienti e lavorateli fino a ottenere un preparato dalla consistenza omogenea che lascerete rapprendere in luogo fresco); dunque procedete come descritto in precedenza.La crema bianca per baci di dama si può preparare anche con un semplice mix di ricotta, mascarpone e zucchero semolato (o a velo) oppure con una deliziosa crema allo yogurt: riponete il composto del ripieno in frigorifero per farlo rassodare e utilizzatelo ben freddo.CONSIGLI:Tra le ricette calabresi dolci, i baci di dama sono perfetti per dare un gusto speciale alle occasioni da trascorrere in compagnia di tutta la famiglia, come ad esempio il Natale o i compleanni. Nati in suolo italiano dalla passione di maestri pasticceri piemontesi, questi piccoli dolcini realizzati con farina di grano al profumo di vaniglia possono essere preparati anche con farina di riso o farina di nocciole al posto della farina 00 e sono adatti ad accompagnare il caffè.Lavorate la pasta frolla con un mixer o direttamente con le mani (per controllarne la consistenza) e ricordate di aggiungere sempre un pizzico di sale per esaltare il gusto dell'impasto. Se volete ottenere dei bocconcini fragranti e davvero deliziosi, avvolgete il panetto nella pellicola e riponetelo in frigorifero per una mezz'ora prima di stenderlo.Se non avete a disposizione un coppa pasta, stendete una manciata di composto alla volta sotto forma di bastoncini, tagliateli in piccole porzioni e poi modellatele con le mani creando delle palline: questo passaggio può trasformarsi anche in un piacevole momento da trascorrere insieme ai vostri bambini*.
 

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Fiorin Florello
Difficile definire il gusto di questa insalata di arance e cipolle di Tropea estremamente facile da preparare, ma in cui il connubio dei vari ingredienti è assolutamente un piacere inaspettato. Il consiglio è di prepararla all’ultimo momento, perché l’arancia, a contatto con l’aria, tende ad ossidandosi e a diventare amara.
Un altro piccolo suggerimento è di sbucciare l’arancia al vivo, ciò togliendo la pellicina bianca; a questo proposito è consigliabile sbucciarla come fosse una mela. Una volta eliminata la buccia, tagliare l’arancia a pezzettini avendo cura di raccogliere in una ciotolina il succo che tende naturalmente a fuoriuscire; si unirà all’ultimo all’insalata per garantire un gusto di agrumi spiccato e particolarmente piacevole. ricetta:
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Insalata di arance e cipolle di Tropea: lista degli ingredienti per 4 persone
Arance bionde 4
Cipolla di Tropea ½ piccola tagliata sottile
Olive verdi schiacciate 2 cucchiai
Olive nere al forno 2 cucchiai
Noci sgusciate e spezzettate 2 cucchiai
Olio evo, sale q.b.
Insalata di arance e cipolle di Tropea: preparazione
  1. Sbucciare le arance con cura, come già descritto, farle a pezzetti e raccogliere il succo.
  2. Porle in una insalatiera, salarle, aggiungere le olive e tutti gli altri ingredienti.
  3. Per ultimo unire il succo dell’arancia.
  4. Amalgamare bene e portare in tavola.Questa è insalata è perfetta per essere accompagnato con una fetta di pane
 

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Fiorin Florello
Marmellata di bergamotto: ingredienti
1,5 kg di bergamotto (deve corrispondere all’incirca ad 1 kg di polpa sbucciata e spellata)
1 Kg di zucchero
1 busta di pectina
preparazione passo per passoCome prima cosa bisogna precisare che la pectina è una sostanza assolutamente naturale perché estratta dalla buccia della frutta. Nel caso degli agrumi, particolarmente ricchi di acqua, l’uso della pectina è veramente indispensabile in quanto, per far solidificare la marmellata, occorrerebbe un tempo molto lungo di cottura, durante il quale verrebbero distrutte tutte le vitamine, alterato il sapore della frutto e cosa non da poco conto, verrebbe modificato irrimediabilmente il colore della marmellata, che perderebbe il suo bel colore giallo carico. Inoltre, il rischio altissimo sarebbe quello di caramellare lo zucchero contenuto in grande quantità nelle marmellate di agrumi, proprio in virtù del fatto che questi frutti sono particolarmente agri. Quindi per ottenere una marmellata che conservi la fragranza ed il sapore di questi frutti profumati, è meglio avvalersi di questa preziosa sostanza che renderà la nostra marmellata veramente unica.
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Fiorin Florello
Marmellata di more di gelso: lista degli ingredienti
1 kg di more di gelso nere
400 gr. di zucchero di canna
Un limone non trattato
Una busta di pectina
Come si prepara la marmellata di more di gelso
  1. Lavare accuratamente le more, avendo cura di eliminare sia il picciolo che eventuali impurità. Asciugarle delicatamente per non sciuparle, porre la frutta in un contenitore capiente e coprire le more di gelso con lo zucchero.
  2. Unire il succo e la buccia grattugiate del limone. Lasciar macerare per una notte intera.
  3. Porre il tutto in una pentola, aggiungere la pectina, mescolare molto bene e far cuocere per 10-15 minuti. Se si desidera una marmellata più liscia, si può frullare con un frullatore ad immersione prima di porre sul fuoco.
  4. Versare la marmellata ancora bollente nei vasetti di vetro ben asciutti, precedentemente lavati e sterilizzati e provvisti dell’apposita capsula, che consente la formazione del vuoto. Capovolgerli.
  5. Nel giro di poco tempo, si potrà sentire il tipico rumore, un vero e proprio “tic” o “clack” sonoro, che evidenzia l’avvenuto sottovuoto; solo dopo essersi assicurati di ciò, conservare i vasetti in un luogo fresco ed asciutto. Se il barattolo non verrà aperto, con questo sistema la marmellata può conservarsi per moltissimo tempo, mantenendo intatte tutte le sue caratteristiche nutrizionale ed organolettiche.
  6. Da ricordare che – per tutte le preparazioni di conserve casalinghe – per non incorrere in spiacevoli delusioni e rischi per la salute, è fondamentale lavare accuratamente ed asciugare con strofinacci freschi di bucato tutti gli utensili che si andranno ad usare. Anche il piano di lavoro dovrà essere preventivamente lavato ed igienizzato (a questo scopo può bastare del normale aceto). È Inoltre consigliato di usare sempre capsule nuove.
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Fiorin Florello
Pomodori verdi sott’olio alla calabrese: ecco come prepararli
  • Lavare accuratamente e tagliare a metà 3 kg di pomodori verdi ed integri. Si potranno usare sia del tipo allungato che quello rotondo, meglio se di piccola taglia.
  • Salarli, con sale fino, come fosse un’insalata, aggiungere del finocchietto e dei peperoncini interi secchi e, usando un vaso di vetro o di coccio a bocca larga, trasferirli ordinatamente facendo degli strati e via via pressandoli con le mani.
  • Coprire con un tappo che sia contenuto all’interno del recipiente e porre su questo un peso adeguato in modo da schiacciare bene i pomodori affinché, con l’aiuto del sale, fuoriesca l’acqua contenuta al loro interno. Lasciare così per 24 ore.
  • Passato questo tempo, togliere il peso, scolare molto bene l’acqua, tamponarli con uno strofinaccio fresco di bucato. Riporli nuovamente nel vaso ricoprendoli di aceto e coprire con il tappoponendo su di esso un piccolo peso, tanto per essere sicuri che tutti i pomodori siano coperti.
  • Lasciare ancora per 24 ore .Trascorso questo tempo scolarli, strizzarli molto bene con le mani ben pulite e, pressandoli, riporli in un barattolo avendo cura di coprirli completamente con dell’olio extravergine di oliva.
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Fiorin Florello
L’olio santo calabrese è il risultato di una infusione a freddo di peperoncini piccanti in olio che deve essere indubbiamente olio extravergine di oliva (EVO). In Calabria il peperoncino piccante è ilprincipe di tutte le tavole imbandite e sono veramente molti i metodi di conservazione di questo piccolo, ma caratteristico ortaggio, ormai diventato il simbolo di questa regione. Per ottenere un risultato organolettico soddisfacente e a tutela della nostra salute, bisogna rispettare poche e semplici regole, ricordando che nelle conserve casalinghe effettuate solo con metodi naturali, il rischio di proliferazioni di muffe e batteri pericolosi è sempre in agguato; ecco perché prima di metterli sott’olio, i nostri peperoncini freschi dovranno subire due piccole fasi di trattamento: una sotto sale e l’altra sotto aceto.
Il sale eliminerà l’acqua di vegetazione, ambiente favorevole alle muffe, el’aceto renderà l’ambiente mortale per i batteri compreso il temibile botulino, una tossina prodotta da un batterio, che è innocuo fino a quando è in ambiente ossigenato, ma che diventa terribilmente tossica in ambiente priva di ossigeno così come sono le conserve sott’olio. Per evitare, invece, che l’olio irrancidisca, il consiglio è di preparare barattoli non troppo grandi in modo che l’utilizzo dell’olio non sorpassi la durata di un anno.Con questi piccoli accorgimenti il nostro olio santo sarà un ingrediente fantastico soprattutto in inverno per esaltare il gusto di legumi, zuppe, bruschette, minestre e tutto ciò che la nostra fantasia riesce ad inventare. Avremo così imprigionato nei nostri barattolini i colori e i profumi di una terra generosa e ardente insieme a quelli dell’estate.
Non ci sono dosi standard perché il quantitativo di peperoncini e di olio da usare sono in funzione del grado di piccantezza desiderato, ma di solito si usano 10 diavoletti (diavulicchi ) per 50 ml di olio; tenere comunque presente che l’olio santo deve essere usato in piccolissime dosi.ingredienti della ricettaPeperoncini piccanti piccoli (diavulicchi) 10Olio 50 mlSale un cucchiaio, aceto q.b.Olio santo calabrese: preparazione passo passoUsare guanti usa e getta per tutte le operazioni per proteggere le mani dalla capsaicina, la sostanza che rende piccante il peperoncino.Lavare accuratamente i peperoncini, tagliare il picciolo, asciugarli e salarli lasciandoli sotto sale per 12 ore.Trascorso questo tempo schiacciare molto bene i peperoncini per liberarli dall’acqua di vegetazione (ci si può aiutare con lo schiacciapatate); metterli a bagno per 15 minuti in aceto di vino bianco.Asciugarli e schiacciarli di nuovo per eliminare l’aceto, asciugare di nuovo. A questo punto non ci resta che sistemare i diavulicchi in un barattolo di vetro sterilizzato, pressarli e ricoprirli di olio; per impedire che vengano a galla e restino così fuori dall’olio, tagliare due stecchini di legno, immersi per qualche minuto nell’aceto, di una misura tale che vadano a forzare sulle pareti interne del barattolo, metterli e croce sui peperoncini; in commercio esistono anche delle grigliette di plastica apposite da introdurre nel barattolo.L’olio santo sarà pronto dopo un paio di mesi; quando sarà finito l’olio, per insaporire le nostre pietanze, si potranno usare anche i peperoncini.
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Fiorin Florello
Difficile da credere, ma è proprio così: il maiale nero di Calabria è stato premiato con il premio Medusa edizione 2015 presso l’Aula Magna del Policlinico Umberto I come prodotto italiano migliore dell’anno per le sue peculiarità salutistiche. No, non è uno scherzo, stiamo parlando proprio di maiale, ma di quello nero calabrese che – rispetto agli altri – ha delle caratteristiche che lo rendono più salutare, in quanto più povero di grassi saturi e più ricco di quelli insaturi.
In Calabria l’allevamento del maiale è sempre stato molto diffuso e fin da tempi lontanissimi, ogni famiglia aveva il suo bel maiale da crescere. Spesso avere la possibilità di poter allevare il proprio animale faceva la differenza tra una vita dignitosa e quella tormentata dai morsi della fame.
In alcuni casi, quando le finanze del capofamiglia lo permettevano, l’animale veniva comprato ed affidato ad una famiglia bisognosa per l’allevamento. L’animale veniva alimentato a spese del proprietario con i prodotti di scarto, come bucce di patate o di frutta, sciacquatura dei piatti lavati con l’acqua della pasta insieme a ghiande, castagne e mele selvatiche.
Alla fine, giunto il momento della maialatura, il proprietario del maiale pagava la famiglia che lo aveva allevato con una parte dei prodotti derivanti dalla maialatura; altre volte invece si pattuiva un accordo diverso: una famiglia comprava due maiali e li affidava entrambe ad un’altra famiglia, quest’ultima li cresceva entrambe dividendo le spese per l’alimentazione e alla fine ognuno macellava un animale.
Ed era così che anche dalle travi dei solai delle case delle famiglie più povere – che non avrebbero potuto mai acquistare il maiale – pendevanosalsicce, soppressate, ‘nduja, guanciale, pancette, lardo. Nei ripiani, invece, facevano bella mostra salaturi pieni di strutto, di cotenne (frittule) immerse nello strutto, di gelatina con testina e zampetti, di sfrizzoli. Del maiale non si buttava niente, anche con il sangue veniva preparata una crema a base di sangue, cioccolato ed uvetta passa: la nutella dell’epoca. Una parte veniva fatto coagulare, tagliato a pezzi e soffritto in padella con abbondante cipolla.
L’uccisione del maiale era un rito, una vera e propria festa che accomunava le famiglie e gli amici in un clima di solidarietà, in cui ci si aiutava uno con l’altro; nel paese, per tutto il tempo della maialatura che più o meno avveniva tra fine Dicembre e inizio Gennaio, era un tramestio, un andirivieni di pentoloni, tinozze, maijalle (contenitore di legno in cui veniva impastata la carne per le salsicce e soppressate).
Alla fine, la scorta di carne per tutto l’anno era assicurata e l’inverno faceva meno paura.
Ed è stata proprio questa attitudine molto diffusa ad allevare i maiali anche a livello casalingo, che ha consentito al maiale nero di Calabria, sicuramente più difficile da allevare a livello industriale, di giungere fino a noi. Fin da tempi lontanissimi, il maiale nero era molto apprezzato e – anche se allora non si era a conoscenza dell’esistenza e dell’importanza per la salute dei grassi insaturi – esso era ambito per la qualità migliore delle carni.
temperamento di questo animale è assai diverso da quello dei comuni maiali: non sopporta di essere rinchiuso e chi lo alleva, quindi, è costretto a farlo in uno stato brado o semibrado. Di conseguenza, l’alimentazione è più spontanea. Questo comporta un’ attività sessuale del maschio più vigorosa e per la scrofa una maggiore capacità riproduttiva. L’effetto è una riproduzione più copiosa. La scrofa di maiale nero calabrese partorisce due volte l’anno ed ogni volta dà alla luce dai sette ai nove piccoli. Le loro dimensioni sono sensibilmente inferiori rispetto a quelle dei comuni maialini, quindi lo sviluppo è più lento. Ci vogliono due anni per avere un animale pronto alla macellazione contro gli otto-nove mesi del maiale comune. Tutto questo però a beneficio di una crescita più naturale ed armonica che ha come risultato una carne più magra, gustosa e più salutare. Oltre al colore, il maiale nero di Calabria presenta una caratteristica tutta sua che lo contraddistingue dalle altre razze nere: ai lati del collo pendono due “bargigli” formati dalla cotenna.
Per tutelare questa specie autoctona, che si è potuta preservare anche grazie all’orografia della regione, fatta di zone molto isolate, gli allevatori si sono organizzati in consorzi che ha dato vita ad un disciplinare per l’allevamento molto stringente. Vietate ad esempio nell’alimentazione del maiale nero di Calabria l’uso di qualsiasi farinaceo o di patate.
Grazie all’allevamento di questo animale pregiato, che ha più affinità col cinghiale che con il maiale comune, la regione Calabria tenta di rilanciare il proprio entroterra, che da sempre è stato economicamente più penalizzato rispetto alle zone costiere.
Gli allevamenti di maiale nero calabrese sono circa 50 in tutta la regionee – di questi – una trentina fanno parte del consorzio. Un periodo molto propizio questo per il ritorno all’allevamento e alla coltivazione di specie autoctone più in armonia, quindi, con il territorio e destinati a non configgere con esso.
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Fiorin Florello
liquore alle clementine di Calabria si ottiene con un metodo molto simile a quello con cui si realizza il limoncello. La differenza sta che – in questo caso oltre ad usare le bucce del frutto – si utilizzano anche alcuni frutti interi, bucherellati e lasciati a macerare nell’alcool insieme alle bucce. Il risultato è molto soddisfacente, sia sotto il punto di vista organolettico, sia per ciò che riguarda il profumo, che risulta molto intenso e persistente.
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Liquore di Clementine calabresi: lista degli ingredienti
La buccia di 12 clementine di Calabria + 4 clementine con la buccia
1 litro di alcool purissimo per uso alimentare
1 litro di acqua
½ kg di zucchero .
Liquore di Clementine calabresi: come prepararlo
  1. Lavare accuratamente le clementine e asciugarle con un panno da cucina fresco di bucato. Sbucciare le clementine di Calabria ed eliminare quanto più possibile la parte bianca sottostante che rischierebbe di conferire un sapore amaro al liquore.
  2. Tagliare a striscioline le bucce metterle a macerare in un contenitore di vetro con l’alcool. Nello stesso contenitore immergere le quattro clementine con la buccia a cui saranno stati praticati, con uno stuzzicadenti, tantissimi fori profondi. Chiudere ermeticamente il barattolo e porlo in un luogo al riparo della luce. A tal proposito può essere utile avvolgere il barattolo con della carta di alluminio.
  3. Lasciare a macerare per circa un mese in un luogo fresco. Trascorso questo tempo, togliere le bucce dall’alcool ed eliminarle insieme ai frutti interi; filtrare la soluzione con una garza fresca di bucato o con un passino a maglia molto fina.
  4. Nel frattempo porre sul fuoco una pentola con l’acqua e lo zucchero e far bollire fino a quando lo zucchero non sarà completamente sciolto. In questa operazione procedere a fuoco lento per evitare che lo zucchero imbiondisca. Quando lo soluzione sarà completamente trasparente, spegnere la fiamma, aspettare che si freddi ed aggiungere all’alcool.
  5. Imbottigliare e chiudere ermeticamente. Lasciar riposare per circa un mese prima di consumarlo.Il liquore alle clementine di Calabria è ottimo come digestivo, ma si presta molto bene per aromatizzare dolci, per realizzare creme da farcia, come bagna per Pan di Spagna farciti con creme alla frutta, per guarnire gelati alla frutta, per dare un tocco inimitabile alla macedonia. In estate, consumato freddissimo, è una vera delizia per il palato.
 

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Fiorin Florello
Fra i tanti impieghi della liquirizia purissima non poteva mancare il liquore, fantastico digestivo da bere dopo pasto e gradevole da gustare in estate anche freddo. Ideale per impreziosire sorgetti e gelati, nel periodo estivo, illiquore alla liquirizia è perfetto anche per dare un tocco di personalità alla panna cotta, ciambelloni e creme. Il liquore alla liquirizia è presente sul mercato ormai da tempo ed è ormai reperibile presso i rivenditori di liquori e alcolici, tuttavia sono pochissime le aziende che impiegano la liquirizia purissima calabrese per realizzare i loro prodotti, che ad oggi possono essere acquistati solo nei negozi specializzati in gastronomie regionali.
Pertanto, se non riuscite a trovare il vero liquore alla liquirizia, potete ricorrere al fai da te e sperimentare in casa la realizzazione di questo liquore raffinato, gustosissimo e molto versatile. Chi volesse cimentarsi nella preparazione potrà senz’altro farlo con la sicurezza di un ottimo risultato, a patto che la liquirizia impiegata sia di ottima qualità, per cui (come già spiegato in questo articolo sulla liquirizia calabrese purissima), non potrà essere che quella calabrese, l’unica a possedere il giusto equilibrio tra il dolce e l’amaro e che quindi non necessita di correzioni con alcun ingrediente.
La preparazione del liquore alla liquirizia è semplice e veloce e il risultato è una bevanda alcolica dal sapore intenso e caratteristico che lo rende veramente unico.
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Liquore alla liquirizia: lista degli ingredienti per la ricetta
Liquirizia in polvere purissima 200 grammi
Zucchero di canna (meglio se integrale) 1000 grammi
Acqua 1 litro
Alcool 1 litro
A piacere, per personalizzare il gusto, qualche pezzetto di anice stellato. , , ,
Liquore alla liquirizia: preparazione passo per passo
  • Come prima cosa, occorre preparare lo sciroppo quindi unire lo zucchero, l’acqua e se si è scelto di usarlo, l’anice stellato. Quando lo zucchero sarà completamente sciolto, a fuoco moderato,aggiungere gradatamente la liquirizia.
  • Continuare a mescolare e quando sarà completamente sciolta, spegnere la fiamma. Togliere l’anice stellato e con un frullatore ad immersione eliminare eventuali grumi. Filtrare il tutto. Aspettare che la preparazione sia fredda e aggiungere l’alcool.
  • Mescolare bene e togliere l’eventuale schiuma che potrebbe formarsi. Si avrà così un liquore alla liquirizia liscio e lucido.
  • A questo punto, non ci resta che imbottigliare il nostro liquore e aspettare un paio di mesi prima di gustarlo. In tal modo tutti gli aromi avranno il tempo di armonizzare fra di loro.
 

MaryFlowers

Fiorin Florello
Liquore al bergamotto di Calabria: ingredienti per la ricetta fatta in casa
4 frutti di Bergamotto
1/2 litro di alcool
750 litri di acqua
1/2 kg di zucchero
Mezza bacca di vaniglia
Liquore al bergamotto: come farlo in casa Lavare molto bene i bergamotti, sbucciarli evitando la parte bianca,introdurre le bucce in un barattolo di vetro insieme ad un bergamotto sbucciato e punzecchiato e all’alcool. Lasciare in infusione per due settimane al riparo dalla luce.
  1. Trascorso questo tempo preparare uno sciroppo con l’acqua, lo zucchero e la mezza bacca di vaniglia incisa per sua lunghezza al fine di estrarre meglio l’aroma. Portare a ebollizione, assicurarsi che lo zucchero sia completamente sciolto e spegnere la fiamma. Far raffreddare e filtrare lo sciroppo.
  2. Estrarre il bergamotto dall’alcool, eliminare le bucce, filtrare e unire allo sciroppo mescolando bene la soluzione così ottenuta.
  3. Lasciare a riposo un paio di settimane prima di usare il liquore per dare il tempo a tutti gli ingredienti di armonizzarsi tra loro. Il liquore al bergamotto è pronto: si conserva in frigo e si raccomanda di consumarlo freddo.
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Fiorin Florello
Ricetta della soppressata calabrese fatta in casa: avvertenze importanti
Prima di iniziare ad indicare la procedura per realizzare le soppressate, è necessario fare una raccomandazione su tutte: fare molta attenzione all’igiene. In questa preparazione, come in quella di quasi tutte le conserve casalinghe, non è previsto assolutamente l’impiego di conservanti artificiali e quindi, affinché non si sviluppino batteri che danneggerebbero tutto, bisogna fare molta attenzione all’igiene per non contaminare il prodotto durante tutta la fase di lavorazione.
Quindi, tutto ciò che verrà usato deve essere ben pulito e sterilizzato. Contenitori, forbici, strofinacci da cucina, anche la macchinetta tritacarne e quella per insaccare devono essere lavate benissimo con detergente ed acqua calda e poi asciugate alla perfezione. Il consiglio è di lavarle il giorno prima, avendo cura di coprirle con dei panni da cucina freschi di bucato.
Come preparare in casa la soppressata calabrese: raccomandazioni utili
La prima fase della lavorazione consiste nel macinare la carne insieme al lardo. Anticamente il tutto veniva fatto in punta di coltello, ma oggi per velocizzare è meglio usare un comune tritacarne. Un’attenzione particolare dovrà essere rivolta al budello naturale in cui verrà insaccata la soppressata.
Il tratto di intestino di maiale usato per insaccarla è l’intestino cieco: è lungo da 25 a 45 metri ed è consigliabile tagliarlo in più pezzi per facilitare sia il lavaggio che la fase di riempimento. È assolutamente necessario lavarlo con acqua fredda, anzi freddissima al fine di evitare qualsiasi proliferazione batterica.
Anche la temperatura dell’ambiente in cui si andrà a produrre il salume deve essere piuttosto bassa: è consigliabile che sia al disotto dei 19°C.
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budello deve essere prima privato di una parte del grasso da cui è avvolto, servendosi di piccole forbici ben pulite ed affilate, ma senza affondare troppo per non rischiare di romperlo; va sciacquato abbondantemente, poi va rovesciato sottosopra come un calzino. A questo punto, si continua a sciacquare, sempre delicatamente, anche la parte interna che ora invece risulta esterna. Il lato interno del budello è quello che è stato a contatto con le feci dell’animale, pertanto – anche se viene venduto già pulito e disinfettato – è bene insistere sul lavaggio di questa parte così particolare. È quindi opportuno sciacquarlo e lasciarlo in ammollo in acqua e limone per qualche ora. Trascorso questo tempo, occorre risciacquare abbondantemente sotto acqua corrente e lasciare di nuovo in ammollo con acqua e limone.

Per insaccare la carne, è opportuno lasciare il budello rovesciato, in modo tale che la parte che stava a contatto con le feci rimanga all’esterno, mentre la parte esterna – con il grasso rimasto intorno – deve rimanere all’interno. Tutto questo va fatto sia che si compri il budello fresco, sia che si compri quello sotto sale.

Dopo aver macinato la carne, bisogna mischiarla bene con il sale e le spezie e lavorare l’impasto con le mani almeno per mezz’ora. Il calore delle mani tenderà a fondere il lardo e l’impasto sarà pronto proprio quando le mani diverranno collose e la pasta inizierà a “filare”.

Soppressata fatta in casa: l’insaccamento
Lasciare riposare l’impasto per circa un’ora. A questo punto inizia la fase più delicata: l’insaccamento.
Da questa fase dipenderà la buona riuscita del salume; bisognerà infatti porre molta attenzione ad eliminare l’aria che si forma nel budello durante l’insaccamento.

A tal proposito, dopo aver chiuso la parte finale del budello con dello spago, si infila l’altra parte nel beccuccio della macchinetta apposita per insaccare e si “calza” tutto il budello sul beccuccio. In questo modo, il budello scenderà mano a mano che si riempie. Contemporaneamente, bisogna premere leggermente l’insaccato con le mani, per cercare di non far rimanere spazi vuoti all’interno del budello.

Una volta raggiunta la grandezza desiderata della soppressata, si chiude l’estremità con dell’altro spago, si taglia oltre la legatura e si prosegue con la legatura dell’altro pezzo di budello che conterrà la soppressata successiva. Si continua così fino alla fine del budello.

Come abbiamo già detto, per facilitare il lavaggio dell’intestino è meglio tagliarlo in più pezzi, facendolo di una lunghezza tale da poter lavorare senza troppi problemi. Una volta insaccate tutte le soppressate, intingere le due estremità legate di ogni soppressata nel peperoncino piccante per sterilizzare la chiusura. Le soppressate vanno bucherellate con un ago, permettendo così agli eventuali liquidi, ma soprattutto all’aria, di fuoriuscire. Le soppressate così confezionate vanno riposte in un contenitore forato (potrebbe essere una cassetta di plastica della frutta e verdura o una cesta di vimini non troppo rustica) e, facendo attenzione a che nulla possa strappare o tagliare l’involucro delle soppressate, si accatastano una sull’altra ponendosopra un peso adeguato ad esercitare una certa pressione (deriva proprio da questo il nome soppressata).

Bisogna lasciarle così per 24 ore. Trascorso questo tempo, tutte le soppressate preparate si appendono in un luogo fresco ed asciutto. L’ideale sarebbe fare un po’ di fumo, mezz’ora al giorno per circa 10 giorni, con della legna secca ed aromatica, per velocizzare la stagionatura e per conferirli un leggero sapore di affumicato. Tuttavia, questa fase può essere evitata.
Il tempo di stagionatura varia a seconda del clima; più freddo è e meno tempo ci vuole. Di solito sono sufficienti un paio di mesi e comunque sono pronte quando risultano abbastanza dure. Nei tempi passati si usava conservarle sotto lo strutto, ma oggi , una volta stagionate, è molto meglio conservarle sottovuoto.
 

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Fiorin Florello
La pasta con ‘nduja, soppressata e ceci grazie al buon contenuto di proteine e carboidrati in essa contenuti – è da considerarsi sicuramente un fantastico piatto unico; leggermente piccante per via della ‘nduja e della soppressata e cremoso per la presenza dei ceci, ha con un sapore unico, inconfondibile e irresistibilmente goloso.
È da considerarsi un piatto invernale, ma riscuote sempre successo anche in estate. La ‘nduja deve essere cremosa; la migliore è quella di Spilinga, una cittadina del vibonese, patria di questo insaccato ormai conosciuto in tutto il mondo e divenuto sinonimo della regione Calabria,
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Fileja con nduja ceci e soppressata: ingredienti per 4 persone
Fileja 400 gr.
Salsa di pomodoro 400 gr.
Soppressata o salsiccia piccante 100 gr.
‘Nduja due cucchiai abbondanti
Ceci secchi 250 gr.
Cipolla di Tropea 1
Pecorino grattugiato 50 gr.
Aglio 1 spicchio
un rametto di rosmarino
Olio evo e sale q.b.
Fileja con nduja ceci e soppressata: la ricetta per prepararla
  1. Dopo aver lasciato a bagno i ceci per una notte, lessarli in acqua insieme ad uno spicchio d’aglio intero ed un rametto di rosmarino. Salare solo a cottura ultimata. Scolare tenendo da parte l’acqua di cottura.
  2. Preparare la pasta fileja secondo la ricetta tradizionale.
  3. Far rosolate la cipolla con l’olio insieme alla soppressata tagliata a pezzettini, per qualche minuto a fuoco basso, facendo attenzione a non bruciare nulla. Versare il pomodoro; cuocere per circa 15 minuti, quindi aggiungere la ‘nduja avendo cura di farla sciogliere bene nel sugo. Cuocere per altri 15 minuti.
  4. Nel frattempo, ridurre a purea la metà dei ceci. Versare nel sugo i ceci insieme alla purea. Tenere in caldo.
  5. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata e quando sarà cotta, scolarla e versarla nel sugo; se dovesse risultare troppo asciutta aggiungere un poco di acqua di cottura dei ceci.
  6. Servire in tavola con una bella spolverata di pecorino grattugiato.
 

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Fiorin Florello
Pasta Fredda al Pesto calabrese: lista degli ingredienti
Pomodori da ramo 4
Peperone rosso 1
Ricotta di pecora 250 g
Cipolla di Tropea 1
Peperoncino mezzo
Origano un pizzico
Olio evo e sale q.b.

Pasta Fredda al Pesto calabrese: come prepararla
  1. Lavare accuratamente i pomodori e i peperoni e tagliargli a pezzi grossolani. Nel frattempo fare soffriggere in una padella la cipolla di Tropea e, quando la cipolla sarà appassita ma non ancora imbiondita, versare i pomodori e i peperoni.
  2. Salare, aggiungere il mezzo peperoncino e cuocere a fuoco moderato fino a quando i peperoni non saranno ben cotti. Lasciar intiepidire il pesto alla calabrese.
  3. Togliere il peperoncino e con un frullatore ad immersione frullare il tutto.
  4. Quando la salsa sarà fredda unire la ricotta possibilmente passata al setaccio, questo renderà la salsa ottenuta ancora più soffice e cremosa.
  5. Lessare la pasta e dopo averla scolata passarla sotto l’acqua fredda; condire con il pesto alla calabrese e spolverizzare con un pizzico di origano.
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Fiorin Florello
I legumi, come i fagioli, hanno rappresentato per secoli l’alimento base della cucina contadina calabrese; da sempre ottimi sostituti della carne in quanto contengono proteine ad essa molto affini. Era la carne dei poveri e oggi – come allora – una porzione di pasta con i legumi costituiscono un piatto completo. Ricchi di sali minerali come ferro, potassio, fosforo e di vitamine come vitamina B1, vit. PP, acido folico e vitamina H,rappresentano una vera miniera di sostanze benefiche per il nostro organismo.
Una caratteristica che hanno reso i legumi un alimento sempre presente nelle cucine calabresi e non solo, è la possibilità di averli sempre a disposizione: freschi al momento della loro produzione e secchi durante tutto il resto dell’anno. La ricetta che proponiamo in questo post prevede l’uso di fagioli secchi opportunamente tenuti in ammollo per una notte e la pasta realizzata a mano con acqua e farina e confezionata con l’ausilio di un ferretto, un tipo di pasta molto usata in Calabria.
ialatielli (fileja) con fagioli e cozze alla catanzarese: ingredienti per 4 persone
400 gr di Scialatielli
800 gr. di cozze col guscio
250 gr. di fagioli secchi
8 pomodorini
2 spicchi d’aglio
Un mazzetto di prezzemolo
Un peperoncino
Sale e olio evo q.b.
Un pizzico di bicarbonato di sodio
Scialatielli (fileja) con fagioli e cozze alla catanzarese: procedura passo per passo Come prima cosa, la sera prima, mettere in ammollo i fagioli con un pizzico di bicarbonato.
  1. Il giorno seguente sciacquarli, porli in una pentola con l’acqua e cuocere fino a quando non si bucheranno facilmente con una forchetta. Aggiungere il sale solo a cottura ultimata. Scolarli.
  2. Nel frattempo, scaldare in una padella l’olio con uno spicchio d’aglio ed il peperoncino, tuffarci le cozze ben lavate ed opportunamente grattate. Coprire con un coperchio e cuocere a fuoco basso.
  3. Quando si saranno tutte aperte spegnere la fiamma, aspettare un poco per farle freddare e procedere all’eliminazione del gusci; mettere da parte i frutti di mare. Far restringere un poco l’acqua di cottura, quindi riunire le cozze nella padella.
  4. In una seconda padella, scaldare dell’olio con il secondo spicchio d’aglio, aggiungere i pomodorini lavati, salare e cuocere per qualche minuto; versare nella salsina i fagioli, far insaporire per dieci minuti, aggiungere le cozze con il loro fondo di cottura. Alzare la fiamma e far sobbollire per qualche minuto senza coperchio affinché l’intingolo possa rapprendersi un poco.
  5. Nel frattempo, lessare gli scialatielli in abbondante acqua salata, portarli a metà cottura, scolarli e mantecarli nella padella con i fagioli e le cozze. Spolverizzare con del prezzemolo tritato e servire….
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Fiorin Florello
Cipollata calabrese: Ingredienti per 4 persone
1 kg di cipolle di Tropea IGP
Quattro fette di pane
Due bicchieri d’acqua
1 peperoncino
Due cucchiai di olive nere
Formaggio pecorino grattugiato, olio evo e sale q.b.
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Cipollata calabrese: Procedimento per prepararla in casa
  1. Come prima cosa, sbucciare le cipolle togliendo loro il primo strato, sciacquarle e tagliarle a strisce. Farle soffriggere per qualche minuto in una padella con olio e peperoncino senza farle imbiondire; aggiungere l’acqua e coprire con un coperchio facendo cuocere a fuoco basso.
  2. Salare e proseguire la cottura fino a quando le cipolle non risulteranno molto morbide e trasparenti. Se durante la cottura le cipolle dovessero asciugarsi troppo, aggiungere un altro poco di acqua, la cipollata, infatti, deve presentarsi molto umida.
  3. Intanto abbrustolire le fette di pane e porle in un piatto fondo, versarci sopra la cipollata con abbondante fondo di cottura, le olive nere ed una generosa spolverata di pecorino grattugiato.
 

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Fiorin Florello
in Calabria la panna e il parmigiano non venivano mai utilizzati; in questa regione si è sempre privilegiata la pastorizia e l’allevamento del maiale, rispetto all’allevamento delle mucche. In passato, non era in uso effettuare preparazioni con ingredienti non collegati strettamente al territorio. Uno dei pochi formaggi tradizionali realizzati con il latte vaccino è proprio il caciocavallo silano. Stesso discorso vale per lo speck, che – come tutti sanno – non è un salume tipico calabrese e quindi nei veri rigatoni alla Giancaleone non troveremo né speck, né parmigiano e neanche panna.
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Ancora oggi che sugli scaffali dei supermercati troviamo i prodotti provenienti da tutto il mondo, moltissime massaie calabresi continuano ad usare la provola silana al posto della mozzarella e l’olio extravergine di oliva o lo strutto al posto del burro; anche la panna da cucina è usata con parsimonia e difficilmente per preparazioni tipiche.
Ma passiamo ai veri rigatoni alla Giancaleone, la cui preparazione presenta come unica difficoltà quella di far coincidere i tempi fra la cottura della salsa, che dovrà essere tenuta in caldo affinché non perda la sua cremosità, e quella della pasta.
Lista degli ingredienti necessari per la pasta alla Giancaleone
500 gr. di rigatoni
700 gr di passata di pomodoro
200 gr. di ricotta di pecora + 3-4 cucchiai di latte
200 gr. di caciocavallo silano
100 gr. di pancetta affumicata
Due spicchi d’aglio
Olio evo q.b

Come si fa la pasta alla Giancaleone: procedura
  1. In una padella capiente e dai bordi alti, far soffriggere l’aglio con la pancetta; quando l’aglio risulterà biondo, eliminarlo e versare la passata di pomodoro. Cuocere a fuoco lento per circa quindici minuti.
  2. Nel frattempo sciogliere la ricotta con i cucchiai di latte e lavorarla con un cucchiaiodi legno fino a renderla una crema omogenea, quindi ridurre in piccoli pezzi il caciocavallo. Quando la salsa di pomodoro risulterà abbastanza asciutta, versare sia la ricotta che il caciocavallo; girare fino a quando il formaggio non si sarà sciolto e la salsa risulterà morbida e cremosa.
  3. Lessare la pasta, scolarla al dente e versarla nella padella che si sarà tenuta in caldo, a fuoco bassissimo, e coperta con un coperchio.
  4. Alzare la fiamma e mantecare per pochi minuti avendo cura di rimestare continuamente. Se dovesse risultare troppo densa, aggiungere qualche cucchiaio di acqua di cottura della pasta.
  5. Ovviamente se si preferisce rifinire con una spolverata di parmigiano, il risultato sarà sempre eccellente, ma nei veri rigatoni alla Giancaleone questo ingrediente non era previsto tradizionalmente.
 

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Fiorin Florello
Lagane e ceci sono un piatto tipico calabrese ma che troviamo anche in Puglia e Basilicata. In particolare, la pasta è realizzata senza l’aggiunta di uova ma semplicemente con farina di grano duro, una piccola parte di farina di grano tenero, la giusta quantità di acqua ed un pizzico di sale. Un piccolo segreto è quello di aggiungere un cucchiaio d’olio che servirà a rendere l’impasto più elastico. Per la realizzazione di lagane e ceci ogni paese ha la sua ricetta e spesso gli ingredienti cambiano addirittura da famiglia a famiglia.
In qualche ricetta è previsto l’uso dello strutto al posto dell’olio evo, in altre si preferisce il lardo alla pancetta, in altre ancora nella pasta invece della sola acqua e farina si aggiungono anche delle uova; tutte scelte rispettabilissime, ma che in qualche modo appesantiscono un po’ troppo la pietanza. La ricetta che andremo ad illustrare è quella tradizionale della nostra famiglia, in cui come condimento – si utilizza solo l’olio evo, nella pasta non sono previste le uova (così come prevede per altro la ricetta tradizionale) e l’intingolo è realizzato con la pancetta.
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Per preparare questo piatto tipico calabrese c’è l’esigenza di doverlo pensare con un po’ di anticipo: i ceci secchi infatti possono essere utilizzati solo dopo averli lasciati in ammollo per 12 ore. Non è quindi una pietanza che si può preparare all’ultimo momento, anche perché è prevista la preparazione della pasta fatta in casa. Ma questo impegno sarà abbondantemente ripagato dalla soddisfazione di aver preparato un piatto dal gusto semplice ed antico e che rievoca atavici rituali.
In molti paesi della Calabria, infatti, in passato, il giorno di San Giuseppe era in uso offrire ai più poveri un piatto di pasta e ceci in segno di devozione verso il Santo e di solidarietà e di aggregazione nei confronti dei componenti meno fortunati della comunità. Gesto questo che in epoche non troppo floride per tutti, sottolineava la volontà di aiutarsi l’un l’altro, sempre e comunque. Ma torniamo alla nostra ricetta.
Lagane e ceci: lista degli ingredienti
300 gr. di farina di grano duro
100 gr. di farina 00
Acqua circa 200 ml
Un cucchiaio di olio evo
Sale un pizzico
Per lessare i ceci
400 gr. di ceci secchi
Due cucchiaini di semi di finocchio
Due foglie di alloro
Due spicchi d’aglio
Qualche grano di pepe nero
Un rametto di rosmarino
Mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio per facilitarne la cottura
Sale q.b.
Per l’intingolo
100 gr. di pancetta
Un pezzetto di peperoncino essiccato
Olio evo
Come preparare le lagane e ceci alla calabrese Come prima cosa, la sera prima, mettere in ammollo i ceci con il bicarbonato avendo cura di coprirli tutti abbondantemente; a tal proposito scegliere un contenitore capiente perché i ceci una volta assorbita l’acqua, nel reidratarsi tendono ad aumentare il proprio volume spesso raddoppiandolo.
  1. Il giorno seguente scolarli dall’acqua dell’ammollo, sciacquarli per eliminare le tracce di bicarbonato, porli in una pentola con abbondante acqua e lessarli insieme a tutti gli odori che dovranno poi, a cottura ultimata, essere eliminati. Per facilitare questa operazione è consigliabile introdurli in una sacchetta di garza facilmente rimovibile; si eviterà così di dover perdere tempo a cercarli nella pentola uno ad uno.
  2. Aggiungere il sale solo a fine cottura, quindi scolare i ceci premurandosi di lasciare da parte un poco di acqua della loro cottura. Prelevarne qualche cucchiaiata e schiacciarli con una forchetta fino a ridurli in crema. Tenere da parte la purea così ottenuta.
  3. Intanto, porre sulla spianatoia le due farine, l’acqua, l’olio ed il sale e preparare un impasto sodo ed elastico; lasciarlo riposare per circa un quarto d’ora, quindi stendere una sfoglia sottile. Ricavarne delle fettuccine larghe un dito, ritagliarle a pezzi grossolani e non più lunghi di 7-8 cm.
  4. Cospargere le lagane con un poco di farina per impedire che si possano attaccare fra loro e lasciarle asciugare sulla spianatoia per un poco.
  5. Nel frattempo preparare l’intingolo per i ceci con cui si andranno a condire le nostre lagane: in una padella capiente soffriggere con un poco d’olio la pancetta ed il peperoncino, quando la pancetta sarà bionda aggiungere i ceci con un poco di acqua della loro cottura precedentemente messa da parte. Far insaporire per una decina di minuti.
  6. Lessare la pasta in abbondante acqua salata e quando sarà al dente scolarla e versarla nella padella insieme ai ceci e alla crema di ceci; se risultasse troppo asciutta, aggiungere ancora un poco d’acqua di cottura dei ceci. Mantecare per qualche minuto e servire ben calda.
 

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Fiorin Florello
Il Vecchio Amaro del Capo è uno dei liquori più tradizionali della Calabria. Prende il suo nome proprio dalla località detta Capo Vaticano, che si trovavicino a Tropea, località che è anche raffigurata nell’immagine stampata sulla bottiglia. Il Vecchio Amaro del Capo viene esportato in tutto il mondo ma affonda le sue origini nella calda e generosa terra calabrese. Questo prodotto è il frutto di una ricetta antica della Calabria ed è stato rielaborato dai Mastri Distillatori Caffo per ottenere un prodotto che, nell’epoca in cui è stato inventato, potesse piacere ad un gruppo vasto ed eterogeneo di persone, fra le quali anche donne e ragazzi.

Fu Giuseppe Caffo a prendere in carico verso la fine del 1800 una piccola distilleria a Santa Venerina, Sicilia, che poi acquistò nel 1915. Da lì i Caffo rielaborarono un’antica ricetta calabrese, secondo la tradizione, prendendo ispirazione dalla località di Capo Vaticano, dove crescevano tantissime erbe spontanee, frutti e radici. Nasce così un infuso speciale che da quel momento diviene il cuore del Vecchio Amaro del Capo, ovvero il ‘liquore d’erbe di Calabria’ per eccellenza, un distillato in grado di racchiudere i profumi di una regione tanto da diventarne il simbolo.
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Il Vecchio Amaro del Capo viene prodotto con ingredienti semplici: acqua, alcool neutro, zucchero, aromi naturali ed infusi di erbe. Le piante usate nella preparazione sono colte solamente in alcuni momenti dell’anno, in modo che sprigionino tutti i loro sapori e profumi: si tratta di una ventina di erbe, radici e frutti come menta, mandarino, anice, camomilla, liquirizia, issopo, ginepro, arance. Si tratta di erbe e radici salutari e tipiche della zona di Capo Vaticano.
Le erbe, i frutti e le radici vengono lasciati macerare per qualche giornoin vasi di vetro, con alcol purissimo, e quindi si procede alla lavorazione del liquore, aggiungendo zucchero e mettendo a riposo il tutto in bottiglie ermetiche, per circa 4 mesi. Il liquore, così prodotto, assume una classica colorazione scura. Il sapore è dolce, ma il retrogusto, merito delle numerose erbe e radici, è spiccatamente aromatico, con sentori di arancio amaro, liquirizia e ginepro. La gradazione alcolica è di circa 35 gradi.
La vera ricetta del Vecchio Amaro del Capo, antica e segreta, è ancora oggi tramandata di generazione in generazione dalla famiglia Caffo.
 
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