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Cucina calabrese

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Fiorin Florello
Spaghetti cu sarde e moddrica....come tradizione Calabrese ricorda.....
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Fiorin Florello
Il baccala' viene scaldato con sedano carote e cipolle, dopo bollito non stracotto lo metti nel mixer dipende dalla quantita' che vuoi con olive nere sottolio prive di nocciolo non molte con un po di acqua del baccala' bollito un po di olio d'oliva extra vergine un po di prezzemolo e frulli tutto in modo omogeneo, che diventa una crema fluida.
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Fiorin Florello
I nostri dolci natalizi di origine del Cilento. A casa mia si chiamano mbutt'tell. O zeppole. Poi ognuno li chiama come vuole, l'importante è saperle fare, con un buon ripieno di castagne.
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Fiorin Florello
pane di Natale...
......pesava ca. 1, 300 kg e l'ho preparato impastando la sera della Vigilia ca.200 gr. LM (lievito madre rinfrescato) con ca. 800 gr. dI farina 2, acqua tiepida q.b., sale q.b. e al posto dei semi di sesamo, che di solito si distribuiscono in superficie, io ho aggiunto nell'impasto un pugno di semi di canapa,. Ho fatto riposare per ca. mezz'ora poi l'ho ibserito in frigo fino aL mattino dopo. Ho ripreso l' impastato e dopo averlo fatto acclimatare ho impastato a lungo e messo poi a lievitare per due ore, facendo qualche piega. Ho formato il pane e inserito in forno alla massima temperatura. Dopi dieci minuti ho abbassato la temperatura a 180C e ho finito di cuocere.
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Fiorin Florello
Come da tradizione di famiglia, noi le "grispelle" continuiamo a farle, così come le faceva mia madre, la mattina della vigilia di Natale! Eccoci all'opera, io e mia sorella! Devo dire che erano davvero ottime anche se non bellissime, ma non per colpa mia, percche stando a un proverbio che diceva sempre mia madre, " u manicu d'a cucchiarella fa vinì storte i grispelle"ricetta
Per 1 chilo e 200 grammi di farina 00 ho messo 1 dado di lievito di birra, 1 cucchiaino di miele, 700 grammi di acqua e un cucchiaio di sale fino! Ho preparato un lievitino con un po' di acqua tiepida nella quale ho fatto sciogliere il miele e il lievito. Ho aggiunto un poco di farina e ho ottenuto una pastella non molto dura! Ho messo in una ciotola e ho fatto riposare per una ventina di minuti coperta con della pellicola! Trascorso il tempo necessario, ho messo metà di tutti gli ingredienti nel bimby, metà lievitino e ho messo spiga per per 4 minuti. Ho mesdo in una ciotola capace e ho ricominciato con l'altra metà degli ingredienti seguendo lo stesso procedimento! Ho aggiunto all'altra metà dell'impasto, ho lavorato un poco per amalgamare bene gli impasti e ho lasciato lievitare al calduccio, fino al raddoppio, nella ciotola coperta da pellicola o da un coperchio.Passato il tempo di lievitazione, (circa due ore), ho mesdo a riscaldare l'olio (io ho usato olio evo) e, ungendomi bene le mani, ho cominciato a formare i tarallini, qua viene il bello perché l'impasto è abbastanza morbido e questo passaggio richiede molta abilità! Una volta mesdo il tarallino nell'olio, con la parte superiore del mestolo di legno, ho cercato girando leggermente di dare la forma rotonda! Ho fatto dorare, ho girato dall'altra parte, ho messo in uno scolapasta e mentre io e mia sorella friggevamo, i miei nipoti hanno fatto come di dice a Napoli "frijenn magnann"!
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Fiorin Florello
baccalà fritto...con peperoncino piccanteinfarinare il baccalà..con farina 00 e farina di semola...poi friggere in olio di oliva e di semi....friggere prima dalla parte della polpa..e poi dalla pelle....poi dopo mettere un po' di sale..e del peperoncino macinato
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Fiorin Florello
Annone.Lo so che per moltissimi di voi non è affatto una novità, ma io che ero curiosissima di assaggiarlo, quando stamattina l'ho visto per la prima volta al mio paese, non ho perduto tempo e l'ho comprato e mangiato subito! La mia curiosità è stata soddisfatta! Ottimo frutto della mia terra! Grazie Calabria, amara terra mia, grazie Reggio Calabria!
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MaryFlowers

Fiorin Florello
Taralli glassati
Tradizioni di casa intramontabili ...e ottima idea regalo
INGREDIENTI
500 g. di farina 00
5 uova intere
3 cucchiai di olio d'oliva
1 pizzico di sale.
Impastare tutti gli ingredienti in una ciotola fino a formare una palla elastica e morbida.
Formare dall'impasto dei cordoncini e dare la forma dei taralli da tante coroncine più o meno piccole.
Disporli su carta forno e infornare a 180°, per 20 minuti o fino a quando non risultano dorati e gonfi, con delle spaccature.
Sfornare e raffreddare.
Preparare la glassa di zucchero con:
250 g. di zucchero
50 ml di acqua.
Portare a ebollizione fino a quando forma il filo, mescolando poco.
Versare sui taralli, precedentemente messi in una ciotola grande. Mescolare continuamente, rigirando di continuo fino a quando lo zucchero si rapprende, aderisce si taralli e forma una crosticina bianca su di essi.
Disporli su un vassoio. Sono un'ottima idea regalo e si conservano, ben coperti, per giorni
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Fiorin Florello
Idea per chi non ama i classici dolci natalizi:
CIAMBELLA ALL' ANICE
Ingredienti: 600gr. di farina, 300gr. di zucchero, 150gr. di burro, 4 uova, 1bustina di lievito, 1bicchiere di latte, mezzo bicchiere di anice liquore ( al limite va bene anche un mezzo bicchiere di semi di anice) .
Procedimento: Montare il burro e lo zucchero, quindi aggiungere un uovo alla volta. A questo punto alternare il latte e la farina con lievito. Unire infine l'anice.
Versare l’impasto nello stampo , cospargere con zuccherini e codettes colorati e cuocere per 45 minuti in forno già caldo a 180°.
Che profumo in casa!
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Fiorin Florello
ecco la nostra varchigliaPer la pasta frolla : 225 g carina 00 , 100g burro , 1 uovo intero + 2 tuorli , 100g zucchero . Per il ripieno : 250mandorle sgusciate , 150cioccolato fondente , 2 albumi e 100g zucchero. Per la copertura : 150g cioccolato fondente . Procedimento : preparare la pasta frolla e mettere in frigo 1/2 almeno . Imburrare e infarinare 8 formine o 1 teglia media . Frullare le mandorle , sciogliere 150 g cioccolato a bagnomaria , montare gli albumi a neve . Amalgamare in ordine : mandorle , zucchero , cioccolato ed albumi . Stendere l'impasto 3 o 4 km di spessore e sistemarlo nella teglia , tenero alti i bordi . Sistemare l' impasto all' interno . Preriscaldato il forno a 170˙ e cuocere per 35 / 40 min . Sfornate e fate raffreddare , sciogliere a bagnomaria la cioccolata e volgarità sopra .
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Fiorin Florello
Struffoli: 800g di farina,6 uova intere e 2 tuorli,80g di zucchero,120g di burro,un pizzico di sale,la buccia grattugiata di un limone e di un'arancia non trattate e...tanto miele e confettino colorati!
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Fiorin Florello
LA LEGGENDA NATALIZIA DEL PIATTO TIPICO CATANZARESE: IL MORSELLO (u morseddhu).
Molti, ma molti anni, fa viveva a Catanzaro una giovane donna di nome Chicchina; era nata in un abituro arredato di miseria, ma era cresciuta bella quasi per vendicarsi della stessa povertà, che l’aveva mal nutrita per anni. Non aveva incontrato un principe azzurro, come la fortunata Cenerentola: aveva trovato un giovane marito, che soltanto saltuariamente lavorava da quando in città avevano ch...iuso i telai che producevano antichi damaschi. La giovane moglie lo aiutava allora a raccogliere centinaia di sacchi di foglie di gelso, che servivano per nutrire i bachi da seta che ogni famiglia allevava per il fabbisogno delle filande. Avevano trovato casa nel rione TUVULU, dal nome dell’antico burrone. L’abitazione era costituita da un solo vano a piano terra, con una sola finestra; in esso c’era un letto matrimoniale con sopra l’immagine della Madonna, messa lì ad alimentare la fede e la speranza della giovane coppia. Era quello il quartiere dei poveri, ma di quei poveri che vestivano e mangiavano da poveri, e i bambini avevano il pallore dei poveri e i piedi nudi, come tutti i poveri del mondo. Lì c’era, e c’è ancora, la fontana di TUVULEDDHU.
In quel punto sorgeva un agglomerato di pagliai, capanne a forma conica con scheletro di pali e intessitura di frasche e canne. D’estate erano utilizzati per la vendita dei fichidindia, resi freschi dall’acqua di quella sorgente; i Catanzaresi attraversavano la città e trovavano in quel luogo benefico sollievo alla calura. Poi un giorno il marito si allontanò da casa per trovare altrove lavoro; lo sposò, però, la morte che gli approntò un letto di terra che reggeva un verde cipresso.
Chicchina rimase vedova, vestita con neri stracci, come vestono i poveri; si ritrovò con due figli da sfamare con erbe spontanee, cicorie, cardi e borragini, e qualche tozzo di pane che la provvidenza le procurava, perché nelle preghiere aveva sempre richiesto quel pane quotidiano che Dio sa dare. Quel tugurio, senza il suo uomo, ora le offriva freddo e fame; e la fame, impietosa, aveva bussato alla sua porta in compagnia della morte.
In quell’abituro, nero come la notte, non entrava neppure un pallido raggio di sole, e sui vetri appannati dell’unica finestra la pioggia cadendo accompagnava la fine del giorno. Ora la sera per Chicchina era fredda come il ghiaccio, saziava la sua anima affamata col pane della preghiera; stava ad aspettare un passo che non tornava in quella casa, o il rumore di una porta che non si apriva. Sui muri, intanto, la muffa aveva dipinto volti di orchi e megere, bocche squartate dal continuo sbadigliare: immagini di terrore e smarrimento.
Mancava poco al Natale e Chicchina, come altre volte, fu chiamata a ripulire il grande cortile, dove venivano macellati gli animali da carne per i bisogni dei Catanzaresi. Portate via le bestie scuoiate e sezionate, rimanevano ammucchiate in un angolo le pelli, che un addetto recapitava alla conceria. Alla donna toccava ripulire lo spiazzo colorato di sangue; poi in una grande cesta raccoglieva le frattaglie scartate, quelle non idonee alla vendita: tutte le budella, dall’intestino crasso a quello cieco, fino al retto. Era sua incombenza trasportarle nella discarica della Fiumarella, ma quella volta con quel carico sostò sull’uscio della sua stamberga. Si liberò dal peso della cesta per bere un sorso d’acqua; si lasciò andare sul gradino di casa per riprendere fiato; diede uno sguardo ai ragazzi, che riposavano ancora e che, a sera, avrebbero seguito, per le strade della città, le zampogne che suonavano la novena di Natale.
Chicchina guardò la cesta colma di frattaglie: “Perché - si domandò - i ricchi mangiano la carne e rifiutano soltanto le parti di ciò che sta dentro le bestie? Forse per il contenuto che le budella ancora custodiscono, e devono essere sepolte nella discarica tra le immondizie…?”.
All’improvviso le si affacciò nel pensiero l’idea di pulire tutto quel cordame d’intestini: li svuotò del contenuto, li rivoltò come un calzino; poi li affogò in una tinozza ricolma d’acqua, lavando e nettando fin quando non furono veramente puliti. Tagliò il tutto a pezzetti e non scartò neppure la parte terminale, che era il tratto più grasso dell’intestino. Aggiunse qualche pezzetto di polmone e di milza, sfuggiti allo scarto dei beccai e recuperati nella cesta. Poi li trasferì nella tinozza con acqua nuova che sgorgava fresca dalla fontana di Tuvuleddhu. L’idea era quella di utilizzare quelle frattaglie, di cui nessuno si era mai servito, per il cenone di Natale con i ragazzi. Non avrebbe, però, confessato loro la natura di quel pasto: una profanazione alla solennità del Natale che nessuno avrebbe dovuto scoprire.
Quell’anno la Madonna aveva scelto di partorire a Catanzaro, ma non aveva trovato neppure una stalla dove fermarsi e regalare all’umanità il Redentore. C’era una spianata nella zona di Tuvuleddhu, dove sorgevano i pagliai utilizzati soltanto d’estate per la vendita dei fichidindia. Giuseppe condusse Maria in uno di essi: quello che gli apparve il meno esposto al vento e al freddo. Lì giunsero dalla campagna circostante un bue e un asinello, le creature che prima degli uomini avrebbero adorato il Messia.
Chicchina aveva posto sul fuoco un tegame con tutte quelle frattaglie, affogate nell’acqua con un po’ di sale. Aveva svuotato la brocca e ora, a notte fonda, era necessario riempirla. Si tirò sulle spalle il pesante mantello del marito e si sentì protetta per raggiungere la vicina fontana. Poi sulla via del ritorno, notò una luce accecante in uno dei pagliai. Si avvicinò curiosa e rimase estasiata: c’era la Madonna nell’atto di porre nelle braccia di Giuseppe il bimbo appena nato. Chicchina in un baleno si levò il mantello e coprì quella creatura ancora nuda; la Madonna le sorrise, mentre sul pagliaio una schiera d’angeli cantava “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”.
Poi aiutò la Madonna a sdraiarsi e la sua mano sfiorò dolcemente il volto di Dio fatto uomo. Avvertì la stessa felicità dell’attimo in cui divenne madre: ora quel bimbo, coperto col suo mantello, le apparteneva e tante volte lo aveva invocato nella sua disperata solitudine. Maria glielo affidò per una ninna nanna; una di quelle ninne nanne che le mamme calabresi sanno cantare dolcemente ai loro figli. Chicchina timorosa si strinse al petto la divina creatura e cominciò a cantare:
“Bambinuzzu, bambineddhu /
chi nescisti accussì beddhu, /
e a mia non dira no, /
fai la ninna, ninna oh!”.
Ora la Madonna e Giuseppe guardavano felici la povera Chicchina, che cantava la ninna nanna al più povero dei re. Cominciarono ad arrivare pastori da ogni contrada: uno portava broccoli, un altro una ricotta, un altro il pesce, un mugnaio la farina, una nobile signora uno scialle di seta e poi tanta frutta, tante focacce e panni per il divino infante. C’era pure l’incantato del presepe, immobile come una statua, la bocca spalancata e le braccia aperte dinanzi al Redentore.
Dalla Porta Marina giunsero pure i Re Magi: tutti quei pastori erano obbligati a transitare per la via dove sorgeva il tugurio di Chicchina. Una schiera d’angeli curiosi entrò per visitare quell’abituro; trovarono i bimbi addormentati e il tegame sul fuoco: un angelo cuoco comprese che a quelle frattaglie mancava qualcosa: versò salsa di pomodoro, poi un’aggiunta di origano e una manciata di peperoncino. Rimestò il tutto e fattone un assaggio sentenziò ch’era un ottimo pasto.
Le campane di mezzanotte suonarono la nascita del Redentore e Chicchina si svegliò dal lungo sonno, che l’aveva vista partecipe di quella nascita. Credette di aver sognato, ma nella squallida stamberga trovò tutti quei doni che i pastori avevano deposto nel pagliaio di Tuvuleddhu: si ritrovò sulle spalle lo scialle di seta che la nobile signora aveva portato alla Madonna; sulla tavola imbandita c’era di tutto; in bella evidenza anche le focacce, che servivano per gustare quell’insignificante piatto di frattaglie che gli angeli avevano trasformato in cibo squisito, atto a solleticare la gola e, in futuro, a soddisfare la ghiottoneria dei Catanzaresi!
Chicchina svegliò i bambini e mangiarono quella pietanza; sul loro volto c’era il sorriso di Gesù bambino, che la povera vedova aveva cullato nel pagliaio di Tuvuleddhu.
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Fiorin Florello
LA CENA DELLA VIGILIA DI NATALE:

E' usanza raccogliere la famiglia per la cena della Vigilia di Natale, e preparare 13 pietanze, rigorosamente di magro. La cucina calabrese, anche in questa occasione non perde la sua peculiarità di cucina semplice, ma ricca di sapori del territorio, forte e saporita. Le donne della famiglia, riunite, iniziano a cucinare sin dalle prime ore dell’alba. Al mattino presto si sentono già odori di broccoli e cavolfiori affogati, zucca fritta con la menta, stoccafisso con olive e patate, baccalà arrostito e fritto, frittelle e tante altre ricette tradizionali come zeppole con o senza alici, crespelle,, pasta cu a moddica, crespelle, pasta di casa condita con cavoli, o broccoli e ricotta, braciolini di riso e braciole di patate. I dolci sono importanti e numerosi, come i turdilli, il torrone, u cumpitto, detto anche confetto o giurgiulena, pignolata o cicerata, fichi secchi a crocetta, chjinule, susumelle, mostaccioli e tanta frutta secca, come castagne infornate, noccioline, nocciole, mandorle, noci. ma anche limoncelli, corbezzoli, sorbe,melograni, arance, mandarini. Il tutto irrorato di ottimo vino casareccio o Igp, di cui la Calabria è ricca. E'un vero e proprio contare e mangiare, assaggiare e cassarijari, passare in rassegna più pasti possibili, più pietanze, più dolci e più frutta; riferimenti legati certamente alle tradizioni più antiche e pagane.
I giochi di carte e di tombola avvengono vicino al fuoco dove arde il cosiddetto zuccu di Natali, un grosso pezzo di legno scelto appositamente e benedetto con preghiere e riti comportamentali dal capofamiglia.
Lasciando la casa per recarsi alla tradizionale Messa di mezzanotte, la famiglia, o meglio, la padrona di casa, lascia la tavola apparecchiata con vino, frutta secca e dolci, nonchè il camino o la stufa accesa, affinchè la Madonna, passando con il Bambino, possa godere di un pò di calore e rifocillarsi.
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Fiorin Florello
Un bel esemplare di tartufo nero pregiato trovato nel Parco del Pollino in Calabria...
Pasta al tartufo...
Una volta che il tartufo nero sarà perfettamente pulito con uno spazzolino a setole mediodure, passarlo sotto un leggero getto di acqua fredda, grattugiarlo e aggiungerlo ad un soffritto freddo di olio e cipolla di Tropea. Cuocere la pasta e amalgamare il tutto. Servire il piatto con una spolverata di tartufo crudo perché Il tartufo da il meglio di sé al naturale...
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Fiorin Florello
dolce liquore al cioccolato
INGREDIENTI
500 g. di zucchero
125 g. di cacao amaro in polvere
1 litro di latte intero
250 ml di panna fresca
Porre gli ingredienti in una pentola antiaderente su fuoco moderato e mescolare fino al bollore. Spegnere e lasciate raffreddare dopodiché aggiungere
150 ml di alcool a 90 °. Imbottigliare e tappare.
Si conserva fino a 6 mesi
Ottima idea regalo
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Fiorin Florello
Scorzette di arancia candita ricoperte con cioccolata fondente.
Conservate le scorze delle arance tagliate a grossi spicchi per qualche giorno, mettendole in un sacchetto per alimenti e conservandole in freezer. Io ne ho una scorta sempre pronta all'uso, in quanto uso le scorze candite per diversi dolci: pastiera, crostata di ricotta, cannoli, biscotti, budini di riso ecc.. Prendete dunque dal freezer la quantità di scorze che volete candire e pesatela. Preparate la stessa quantità di zucchero semolato e metà peso di acqua. Se cioè avete 200 g. di scorzette, preparerete 200g. di zucchero e 100g. di acqua. In una pentola mettete a bollire tanta acqua da coprire in seguito abbondantemente le bucce di arancia preparate. Portate l'acqua a ebollizione e immergete le scorze che volete candire. Fatele cuocere per 3 minuti dall'ebollizione. Scolate le bucce e ripetete l'operazione con altra acqua fredda e abbondante, lasciando le bucce sul fuoco per altri 3 minuti. Questa operazione serve a togliere l'amaro degli agrumi e per questo motivo lasciate tranquillamente anche la parte bianca delle scorze, altrimenti saranno troppo sottili e diventerebbero toppo dure durante la canditura. Fate sciogliere lo zucchero nell'acqua preparata prima ( ricordate: l'acqua deve essere la metà del peso dello zucchero e delle scorzette ) e portate a ebollizione. Immergete le bucce scottate e fatele cuocere a fuoco dolce per 3-4 minuti, mescolando delicatamente per fare assorbire bene lo zucchero per tutta la cottura. Versare le scorzette e lo sciroppo caldo in un barattolo di vetro, fare raffreddare e conservare in frigo.
Per preparare "gli aranciotti" che avete visto nel post, prendete le scorze, poggiatele su di un paio di fogli di scottex per qualche minuto, tagliatele a striscioline larghe 3-4 mm e lunghe quanto lo spicchio. Allineatele sulla placca del forno rivestita di carta forno e infornatele, a metà altezza del forno, a 100 gradi per 30 minuti ( forno statico, altrimenti si asciugano troppo ). Passato il tempo, toglietele subito dal forno e fatele raffreddare. Fate sciogliere la cioccolata fondente ( ieri ho usato 160 g. di cioccolata per 32 aranciotti) a bagnomaria, immergendo le scorzette 4-5 per volta. Fatele ricoprire ben bene di cioccolata, usando due forchette per spostarle. Mano a mano, ponete gli aranciotti pronti sulla placca del forno ricoperta di carta forno e fateli raffreddare un paio di ore. Consiglio di non prepararne grandi quantità, perché dopo qualche giorno affiorando il burro di cacao, si forma una patina biancastra che non pregiudica la qualità organolettica, ma ne sciupa l'effetto visivo.
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