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raccontino....

Ari68

Florello
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Conosco delle barche che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.

Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.

Conosco delle barche che si dimenticano di partire, hanno paura
del mare a furia di invecchiare e le onde non le hanno mai portate altrove,il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.

Conosco delle barche talmente incatenate che hanno disimparato su come liberarsi.

Conosco delle barche che restano ad ondeggiare per essere veramente sicure di non capovolgersi.

Conosco delle barche che vanno in gruppo ad affrontare il vento forte al di là della paura.

Conosco delle barche che si graffiano un po’ sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.

Conosco delle barche che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora, ogni giorno della loro vita e che non hanno paura a volte di lanciarsi fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.

Conosco delle barche che tornano in porto lacerate dappertutto, ma più coraggiose e più forti.

Conosco delle barche straboccanti di sole perché hanno condiviso anni meravigliosi.

Conosco delle barche che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno, e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti perché hanno un cuore a misura di oceano.♥

Jacques Brel
 

MaryFlowers

Fiorin Florello
Lo spaccatore di pietra.anni fa ho letto :c era una volta uno spaccatore di pietre che con la sua mazza ai piedi di una montagna tutto sudato era intento a spaccar pietre.,.,.alzo' lo sguardo e vide il sole e disse: beato te che li' in moto con lo sguardo tutto avvolgi potrei essere io al tuo posto?ed ecco che divento' sole. . . E coi i suoi raggi tutto illuminava.ma ecco nube! Che ostacolo' la sua luce. . .se io fossi nube forse sarei più potente ed ecco fu' nube . .,.e allora acqua e acqua e temporali a più non posso. . .ma perché vado dove non voglio?ahhhhh il vento. . .o se io fossi vento. . .così fu' ed eccolo sradicare alberi a piu non posso. . .solo una maestosa montagna ostacolo' il suo furore,se fossi montagna. . .ed eccolo maestoso e grandioso diventar montagna. . .roccia pura che sovrasta il cielo.ma ecco Tok . . .tok cos e' ai mei piedi? Ed ecco uno spacciatore di pietre che piano piano la distruggeva .ritorno' di nuovo con la sua mazza a spaccar pietre perché questo era il suo destino. . .
 

MaryFlowers

Fiorin Florello
Vuol dire anche che ognuno ha il suo destino. . .e' vero che la maggior parte ce lo costruiamo ma quella piccola parte io penso che sia già segnato. . .
 

Ari68

Florello
La leggenda del fiore più bello.

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"Si perde nella notte dei tempi la leggenda del fiore più bello.

Il fiore che allieta le notti di tutti gli uomini insonni perché li attende sveglio d’estate quando non riescono a prendere sonno: le belle di notte.

Una notte, tanto tempo fa, un pianto lungo e sommesso si aggiungeva ai rumori dell’oscurità. Questo pianto si ripeté a lungo, finché la Luna decise di trovarne la fonte.
A lungo girò intorno a tutto il pianeta e, quando aveva ormai perso del tutto le speranze, lo scorse.
Un piccolo punto luminoso: era da lì che proveniva il pianto.
La Luna scese dal suo cocchio e si avvicinò.

Accanto ad un pozzo, ai margini del bosco, era seduta una lucciola. “Chi sei tu? E perché rattristi con il tuo pianto tutte le mie stelle? “ chiese la Luna. La lucciola spaventata alzò gli occhi e rimase stupita nel vedere il suo interlocutore.
Allora disse: “Deve scusarmi, signora Luna, non volevo mettere tristezza alle sue stelle!”
“Io sono Lumil, il principe delle lucciole!”
“Perché piangi principe Lumil?” chiese la luna.

“Si avvicina la primavera e il mio popolo comincerà a vagare per i prati e i giardini, per illuminare le calde notti” disse Lumil “Ma noi non troveremo nessuna corolla dischiusa ad attenderci. Solo tanto verde!”

“E qual è il problema? “ chiese la Luna. “Il tuo popolo, da quando è stato creato, è sempre stato il popolo della notte! Voi avete un ruolo importante: dovete illuminare, come me e le stelle, le notti degli alberi”.
“E questo compito ci onora !” rispose Lumil. “Ma, vede signora Luna, c’è un sogno che ogni lucciola ha da quando nasce: io questo sogno lo faccio da sempre!”

“E qual è questo sogno?” chiese la Luna.
“Uscire dalla nostra casa, volare in un prato e trovare, almeno per una volta, un fiore che ci attenda e poterci posare sui suoi petali!” esclamò Lumil.
“Ma è un sogno, e solo un sogno rimarrà. Buona notte signora Luna e mi perdoni se l’ho disturbata”. E così dicendo Lumil volò via.

La Luna ritornò in cielo, ma non riusciva a smettere di pensare a Lumil e al sogno delle lucciole.

Le notti passavano e il pianto di Lumil le riempiva, ma all’improvviso il pianto cessò.
Sirio, una delle stelle, andò dalla luna e le disse: “Mamma ascolta!”e la invitò a tendere l’orecchio.
“Cosa devo ascoltare?”chiese la Luna.

“Il principe triste! Questa notte il suo pianto non si sente.” rispose Sirio. “E’ vero ! esclamò la Luna . Non odo il suo lamento!”
“E se gli fosse accaduto qualcosa?” aggiunse Sirio molto preoccupata. “Ti prego mamma va a vedere!”

E cosi fu. La Luna salì sul suo cocchio e andò in cerca del pozzo presso il quale aveva incontrato Lumil per la prima volta.
Quando lo ebbe trovato, si fermò e si avvicinò.
Ferme, vicino al pozzo, trovò tante lucciole e ad una di loro chiese:
“Cosa accade?”la risposta la rattristò.

“Il nostro principe si è ammalato. Era molto triste perché sapeva che i suoi giorni stavano finendo, e che non sarebbe mai riuscito a realizzare il sogno del suo popolo. E il dispiacere lo ha consumato.”

La Luna rimase lì ferma ad attendere di poter vedere il principe Lumil. Quando la vide il principe disse: “Signora Luna, come mai è ritornata?Io non ho pianto questa notte!”
“Ero preoccupata per te, ragazzo mio e volevo assicurarmi che tu stessi bene!” rispose la Luna dolcemente.
“Non deve preoccuparsi per me. Il mio tempo ormai è finito.
Raggiungerò i miei antenati con un unico rimpianto: non aver potuto realizzare il sogno del mio popolo. Spero che il prossimo principe ci riesca!”

Le forze stavano abbandonando il principe delle lucciole.
Tutto il suo popolo era preso da grande tristezza.
L’amore che le lucciole dimostravano al loro principe e la dolcezza di Lumil colpirono al cuore la Luna.
“Lumil la tua luce si spegnerà presto, questo io non posso evitarlo, ma – disse la Luna – andrai via sapendo di aver realizzato il sogno del tuo popolo. Guarda……..”

La Luna si strappò una ciglia, la prese tra le mani e la posò in terra di fianco a Lumil.
Come d’incanto dalla terra cominciarono a spuntare foglie.
Le foglie presero a germogliare, d’improvviso una gemma si schiuse e fece capolino un bel fiore giallo e fucsia.

“Ecco Lumil!Questo sarà il fiore delle lucciole, per sempre, e si chiamerà come te: Lumil, che nella lingua delle lucciole significa colui che rende bella la notte!” Lumil pianse di gioia e disse: “Grazie o luminosa Luna, sarà bella di notte per il mio popolo!”
E con tutta la forza che gli rimaneva, accese la sua lucina e volò sul suo fiore. E lì si spense felice.

Da quella notte, tante volte la Luna si è levata in cielo, ma ancora oggi quando, nelle notti d’estate guarda i prati, sorride.

Ogni notte le lucciole raggiungono le belle di notte che si schiudono solo per loro e c’è soltanto una pianta, la più bella, che non permette a nessuna lucciola di sedersi sui suoi petali e illuminarla: è la pianta nata vicino al pozzo ed è la sola che non ha bisogno di luce perché nei suoi fiori vive Lumil. "

(fonte web)
 
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MaryFlowers

Fiorin Florello
Che meravigliosa leggenda :hands13: :hands13: ora le mie belle di notte hanno un significato in più. . . .in più ora capisco anche il perché quest estate ho avuto visite del popolo delle luciole nel gradino mai avute prima. . .
 

artemide

Florello Senior
Letto qualche anno fa, al rifugio Paradiso di Briate, fraz. Di Casto (BS)

Abbi il massimo rispetto per questo luogo
e per tutto ciò che quassù trovi.
Se tu non l’hai portato con fatica
qualcun altro l’ha fatto.
Se tu, essere vivente non credi in un essere Supremo
guardati intorno e pensa
se tu saresti in grado di fare
tutto ciò che il tuo occhio vede.
Amami, e io non ti tradirò.
Sii coraggioso e mi vincerai
Attento a dove posi il piede, per colpa tua qualcun altro più in basso
può lasciarci la vita.
Ai 1.500 metri dimentica chi sei, con persone di differente età usa il Voi
con persone della stessa età usa il tu.
Ai 2.000 metri dimentica il mondo, gli affanni, le tasse e goditi la vera pace.
Ai 2.500 metri dimentica il tuo io, la boria, la cultura, la forza fisica,
perché se quassù sei giunto sei in tutto e per tutto uguale agli altri che quassù stanno.
Non credere piccolo uomo di essere chissà chi,
perché prima che tu nascessi io già c’ero
e quando non esisterai più io ancora ci sarò


(la Montagna)
 

Federica

Master Florello
quando si sale in montagna è proprio così,
lentamente e con fatica
ci si sente piccoli come formichine in un immenso infinito
e una silenzio grande ci avvolge.

grazie :):):)
 

Federica

Master Florello
Il Girasole

In un giardino ricco di fiori di ogni specie, cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno una erbaccia e non gli rivolgevano la parola.
Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali.

Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre.

La pianta senza nome, invece, non si perdeva un salo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l'altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po', il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.

Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto, e anche con un po' d'invidia.
«Quello spilungone è un po' matto», bisbigliavano dalie e margherite.

La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante.
Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole.
Così non si sarebbero lasciati mai.

Le prime ad accorgersene furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari. «Si è innamorato del sole», cominciarono a propagare ai quattro venti.
«Lo spilungone è innamorato del sole», dicevano ridacchiando i tulipani. «Ooooh, com'è romantico!», sussurravano pudicamente le viole mammole.

La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo, bonario. E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole, nella sua camminata per il cielo.
Così i garofani gli misero nome «girasole».
Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso il diretto interessato.

Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva orgoglioso: «Mi chiamo Girasole».
Rose, ortensie e dalie non cessavano però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o, peggio, qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più Coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al girasole.

«Perché guardi sempre in aria? Perché non ci degni di Uno sguardo? Eppure siamo piante, come te», gridarono le bocche di leone per farsi sentire.
«Amici», rispose il girasole, «sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po'. Che ci volete fare? il sole è la mia vita e io vivo per lui...».

Come tutti i buoni, il girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per «l'innamorato del sole».


Bruno Ferrero, Tutte Storie, ed. Elledici
 

MaryFlowers

Fiorin Florello
Il sole e' la mia vita e io vivo per lui. . . .quanto son vere le sue parole. . .che bel racconto stamani che gia' mi mette di buon umor . .brava :hands13: :hands13:
 

Ari68

Florello
Oggi, un bimbo ha chiesto alla sua mamma: “Ma il cuore sta sempre nello stesso posto, oppure, ogni tanto, si sposta? Va a destra e a sinistra?”

La mamma: “No, il cuore resta sempre nello stesso posto, a sinistra..”

Ed intanto pensa: “..poi, un giorno, crescerai. Ed allora capirai che il cuore vive in mille posti diversi, senza abitare davvero nessun luogo.
Ti sale in gola, quando sei emozionato.
O precipita nello stomaco, quando hai paura, o sei ferito.

Ci sono volte in cui accelera i suoi battiti, e sembra volerti uscire dal petto.
Altre volte, invece, fa cambio col cervello.

Crescendo,imparerai a prendere il tuo cuore per posarlo in altre mani.
E, il più delle volte, ti tornerà indietro un po’ ammaccato.
Ma tu non preoccupartene. Sarà bello uguale. O,forse,sarà più bello ancora.
Questo però, lo capirai solo dopo molto, molto tempo.

Ci saranno giorni in cui crederai di non averlo più, un cuore. Di averlo perso. E ti affannerai a cercarlo in un ricordo, in un profumo, nello sguardo di un passante, nelle vecchie tasche di un cappotto malandato.

Poi, ci sarà un altro giorno,un giorno un po’ diverso, un po’ speciale, un po’ importante.. quel giorno, capirai che non tutti hanno un cuore”

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(fonte web)
 

Ari68

Florello
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La Leggenda degli Alberi sempreverdi

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Si avvicinava l'inverno e faceva molto freddo.

Un uccellino, che aveva un'ala spezzata, non sapeva dove trovare rifugio.
Forse gli alberi di quella foresta mi ripareranno durante l'inverno con le loro foglie, pensò
il poverino.

E a piccoli salti e brevi voli si portò faticosamente fino all'inizio del bosco.

Il primo albero che incontrò fu una betulla dal manto d'argento.
Graziosa betulla,implorò l'uccellino,vuoi lasciarmi vivere tra le tue fronde fino alla
buona stagione?

Ne ho abbastanza di custodire le mie foglie. Vattene da un'altra parte!rispose la betulla.

L'uccellino saltò fino a un maestoso castagno.
Grande castagno, invocò permetti che io resti al riparo del tuo fogliame finché il
tempo è cattivo?

Se ti lasciassi tra le mie fronde, tu beccheresti tutte le mie castagne. Vattene via di qua!
esclamò il castagno.

L'uccellino volò come meglio poté con la sua ala ferita, finché arrivò presso un bianco salice.

Bel salice, mi ricevi sui tuoi rami durante la cattiva stagione?
No davvero! Io non alloggio mai degli sconosciuti!

Il povero piccolo non sapeva più a chi rivolgersi.

Lo vide allora un abete e gli chiese:
Dove vai, uccellino?
Non lo so, rispose gli alberi non vogliono darmi rifugio e io non posso volare lontano
con quest'ala spezzata.

Vieni qui da me, poverino!lo invitò il grande abete.

Una notte il Vento del Nord venne a giocare nella foresta. Sferzò le foglie col suo gelido
soffio e ogni foglia toccata cadde a terra mulinando.

Posso divertirmi con tutti gli alberi?domandò a suo padre, il re dei venti.
No, rispose il re.Quelli che sono stati buoni con i piccoli uccelli possono conservare le
loro foglie.

Così il Vento del Nord dovette lasciare tranquillo l'abete, che conservò le sue foglie tutto
l'inverno.
E da allora è sempre avvenuto così.

(dal web)
 

Federica

Master Florello
Le cose che non hai fatto

Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai?
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.
Ma tu non sei tornato.
Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.
Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte.

dai racconti di Bruno Ferrero
 

Ari68

Florello
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LE RANOCCHIE NELLA PANNA

C'erano una volta due ranocchie che caddero in un recipiente di panna. Immediatamente intuirono che sarebbero annegate: era impossibile nuotare o galleggiare a lungo in quella massa densa come sabbie mobili. All'inizio, le due rane scalciarono nella panna per arrivare al bordo del recipiente però era inutile, riuscivano solamente a sguazzare nello stesso punto e ad affondare.

Sentivano che era sempre più difficile affiorare in superficie e respirare
. Una di loro disse a voce alta:

«Non ce la faccio più. E' impossibile uscire da qui, questa roba non è fatta per nuotarci. Dato che morirò, non vedo il motivo per il quale prolungare questa sofferenza. Non comprendo che senso ha morire sfinita per uno sforzo sterile».

E detto questo, smise di scalciare e annegò con rapidità, venendo letteralmente inghiottita da quel liquido bianco e denso.

L'altra rana, più perseverante o forse più cocciuta, disse fra sé e sé:

«Non c'è verso! Non si può fare niente per superare questa cosa. Comunque, dato che la morte mi sopraggiunge, preferisco lottare fino al mio ultimo respiro. Non vorrei morire un secondo prima che giunga la mia ora». E continuò a scalciare e a sguazzare sempre nello stesso punto, senza avanzare di un solo centimetro. Per ore ed ore! E ad un tratto... dal tanto scalciare, agitare e scalciare... La panna si trasformò in burro. La rana sorpresa spiccò un salto e pattinando arrivò fino al bordo del recipiente. Da lì, non gli rimaneva altro che tornare a casa gracidando allegramente.

Mollare????MAI!!!!:D
 
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