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L'arte è conoscenza?

paolaas

Guru Giardinauta
Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa ci sia da capire, come si possa dare valore ai giudizi critici, quale conoscenza occorra avere o possa provenire in relazione alle opere che seguono (e che sono solo la punta dell’iceberg):

Michel Duchamp

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La fontana di Michel Duchamp, più conosciuta come l’orinatoio di Duchamp, presentata in una galleria di New York e che è attualmente esposta nel Centro Pompidu di Parigi.
Gli esperti d’arte inglesi, pressoché all’unanimità, la definirono l'opera d'arte più rappresentativa del XX secolo.


Lucio Fontana
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I “tagli” di Lucio Fontana: critica (“Attesa” quando la superficie è attraversata da un unico taglio, “Attese” quando le fenditure sono molteplici) segna un passaggio fondamentale nel fare artistico di Lucio Fontana, oltre ad essere le sue opere forse più note. I primi “tagli” vedono la luce nel 1959. Si tratta di segni decisi, nitidi, assoluti. Nella loro aspirazione a una visione nuova e universale “I tagli sono costitutivi di ambienti: non trascendono lo spazio concreto d’esperienza ma vi si inscrivono, essi stessi concretissimi in quanto differenziali di spazio, inducendone una metamorfosi esperenziale profonda, come in una sorta di spettacolarizzazione tutta introversa” Rompendo la superficie convenzionale i tagli permettono di ottenere una lucida visione del conflitto “luce-ombra”. Inoltre il gesto dell’artista nel momento in cui taglia la tela rinvia ad una valenza simbolica tipica dell’action painting per cui l’opera esprime lo stato d’animo dell’artista nel momento della realizzazione del opera e lo rende eterno.

Piero Manzoni

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ARICOLO CRITICO
Il 12 agosto 1961, in occasione di una mostra alla Galleria Pescetto di Albisola Marina, Piero Manzoni presenta per la prima volta in pubblico le scatolette di ***** d’artista ("contenuto netto gr.30, conservata al naturale, prodotta ed inscatolata nel maggio 1961"). Il prezzo fissato dall’artista per le 90 scatolette (rigorosamente numerate) corrispondeva al valore corrente dell’oro.
L’associazione tra analità e opera d’arte (e tra oro e feci) è poi un tema ricorrente della letteratura psicanalitica che Manzoni può avere recepito attraverso la lettura di Jung.
La novità di Piero Manzoni è avere collegato queste suggestioni ad una riflessione sul ruolo dell’artista di fronte all’autoreferenzialità dell’opera d’arte.
Spossessato dell’oggetto, ed ancora incantato dal ricordo del suo status eroico di artefice e produttore, l’artista trova una compensazione della perdita invadendo lo spazio che il processo comunicativo aveva tradizionalmente assegnato all’opera. Il corpo stesso dell’artista si offre al pubblico come un’opera d’arte, e le vestigia del corpo divengono reliquie.
Seguono poi le celeberrime scatole con ***** d’artista, che contengono trenta grammi di escrementi ancorati con spirito alchemico e preveggente da Manzoni alle quotazioni dell’oro. E quello che poteva sembrare nel ’61, quando vennero preparate le novanta scatole, una indicazione presuntuosa, oggi deve essere aggiornata per difetto perché valgono assai più del prezioso metallo. Sotheby’s ne ha assegnato di recente un esemplare per centoventimila euro, mentre, per la cronaca, il valore degli Achrome si aggira sui due milioni. E se Manzoni con un «soffio» attribuisce valore a ogni sua emanazione, diventa comprensibile come lo stesso processo possa essere applicato a qualsiasi persona e poi al mondo nella sua interezza.
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ARTICOLO CRITICO: “Achrome” è il titolo della maggior parte delle opere di Piero Manzoni.
Significa senza colore, una nota di neutralità che per l’artista è essenziale. Manzoni infatti non intende esprimere nell’opera un moto esistenziale o un valore emotivo, che il colore o la forma potrebbero veicolare. La sua è una ricerca dell’assoluto che intende confrontarsi col pensiero puro, un pensiero relativo allo statuto teorico dell’opera d’arte. La tela “achrome” per Manzoni è un frammento di infinito, lo dice lui stesso in una famosa dichiarazione di poetica: il quadro che vediamo ha dei limiti fisici, ma potrebbe non averne affatto. L’osservatore non dovrebbe limitarsi a osservare quello che vede, ma immaginare una superficie infinita, senza confini, l’equivalente visivo del concetto di assoluto. La ricerca di Manzoni sposta l’opera d’arte verso un’altra dimensione, dove essa diventa spunto per una riflessione sulla natura stessa del linguaggio artistico che ha risonanze filosofiche.
Coerentemente con le sue premesse, l’artista costruisce il quadro osservando canoni di radicale azzeramento espressivo. Avremo quindi, come nel nostro caso, una superficie bianca, ottenuta stendendo il caolino sulla tela. Il caolino (gesso liquido) è la materia che si stende sulle tele perché su esse si possa poi stendere il colore.
Esso vale dunque come matrice, come supporto fisico e grammaticale del linguaggio pittorico, e proprio in questa sua funzione Manzoni lo considera, rendendolo unico protagonista del suo linguaggio. La tela non subisce altre variazioni che non siano quelle dovute alla sua mera applicazione sul telaio. Nel nostro caso, essa è stata pieghettata per assumere un minimo rilievo, che contribuisce a sospendere l’opera in una dimensione ambigua, a metà fra pittura e bassorilievo.

Personalmente, mi sento solo presa in giro!!!!

Quotissimo.
Per me arte è tutt'altra cosa....
E se questi critici esprimono il concetto di "conoscenza" legato all'arte di cui parlavamo, allora sono contenta di essere ignorante....
 
Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa ci sia da capire, come si possa dare valore ai giudizi critici, quale conoscenza occorra avere o possa provenire in relazione alle opere che seguono (e che sono solo la punta dell’iceberg):

Michel Duchamp

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La fontana di Michel Duchamp, più conosciuta come l’orinatoio di Duchamp, presentata in una galleria di New York e che è attualmente esposta nel Centro Pompidu di Parigi.
Gli esperti d’arte inglesi, pressoché all’unanimità, la definirono l'opera d'arte più rappresentativa del XX secolo.


Lucio Fontana
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I “tagli” di Lucio Fontana: critica (“Attesa” quando la superficie è attraversata da un unico taglio, “Attese” quando le fenditure sono molteplici) segna un passaggio fondamentale nel fare artistico di Lucio Fontana, oltre ad essere le sue opere forse più note. I primi “tagli” vedono la luce nel 1959. Si tratta di segni decisi, nitidi, assoluti. Nella loro aspirazione a una visione nuova e universale “I tagli sono costitutivi di ambienti: non trascendono lo spazio concreto d’esperienza ma vi si inscrivono, essi stessi concretissimi in quanto differenziali di spazio, inducendone una metamorfosi esperenziale profonda, come in una sorta di spettacolarizzazione tutta introversa” Rompendo la superficie convenzionale i tagli permettono di ottenere una lucida visione del conflitto “luce-ombra”. Inoltre il gesto dell’artista nel momento in cui taglia la tela rinvia ad una valenza simbolica tipica dell’action painting per cui l’opera esprime lo stato d’animo dell’artista nel momento della realizzazione del opera e lo rende eterno.

Piero Manzoni

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ARICOLO CRITICO
Il 12 agosto 1961, in occasione di una mostra alla Galleria Pescetto di Albisola Marina, Piero Manzoni presenta per la prima volta in pubblico le scatolette di ***** d’artista ("contenuto netto gr.30, conservata al naturale, prodotta ed inscatolata nel maggio 1961"). Il prezzo fissato dall’artista per le 90 scatolette (rigorosamente numerate) corrispondeva al valore corrente dell’oro.
L’associazione tra analità e opera d’arte (e tra oro e feci) è poi un tema ricorrente della letteratura psicanalitica che Manzoni può avere recepito attraverso la lettura di Jung.
La novità di Piero Manzoni è avere collegato queste suggestioni ad una riflessione sul ruolo dell’artista di fronte all’autoreferenzialità dell’opera d’arte.
Spossessato dell’oggetto, ed ancora incantato dal ricordo del suo status eroico di artefice e produttore, l’artista trova una compensazione della perdita invadendo lo spazio che il processo comunicativo aveva tradizionalmente assegnato all’opera. Il corpo stesso dell’artista si offre al pubblico come un’opera d’arte, e le vestigia del corpo divengono reliquie.
Seguono poi le celeberrime scatole con ***** d’artista, che contengono trenta grammi di escrementi ancorati con spirito alchemico e preveggente da Manzoni alle quotazioni dell’oro. E quello che poteva sembrare nel ’61, quando vennero preparate le novanta scatole, una indicazione presuntuosa, oggi deve essere aggiornata per difetto perché valgono assai più del prezioso metallo. Sotheby’s ne ha assegnato di recente un esemplare per centoventimila euro, mentre, per la cronaca, il valore degli Achrome si aggira sui due milioni. E se Manzoni con un «soffio» attribuisce valore a ogni sua emanazione, diventa comprensibile come lo stesso processo possa essere applicato a qualsiasi persona e poi al mondo nella sua interezza.
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ARTICOLO CRITICO: “Achrome” è il titolo della maggior parte delle opere di Piero Manzoni.
Significa senza colore, una nota di neutralità che per l’artista è essenziale. Manzoni infatti non intende esprimere nell’opera un moto esistenziale o un valore emotivo, che il colore o la forma potrebbero veicolare. La sua è una ricerca dell’assoluto che intende confrontarsi col pensiero puro, un pensiero relativo allo statuto teorico dell’opera d’arte. La tela “achrome” per Manzoni è un frammento di infinito, lo dice lui stesso in una famosa dichiarazione di poetica: il quadro che vediamo ha dei limiti fisici, ma potrebbe non averne affatto. L’osservatore non dovrebbe limitarsi a osservare quello che vede, ma immaginare una superficie infinita, senza confini, l’equivalente visivo del concetto di assoluto. La ricerca di Manzoni sposta l’opera d’arte verso un’altra dimensione, dove essa diventa spunto per una riflessione sulla natura stessa del linguaggio artistico che ha risonanze filosofiche.
Coerentemente con le sue premesse, l’artista costruisce il quadro osservando canoni di radicale azzeramento espressivo. Avremo quindi, come nel nostro caso, una superficie bianca, ottenuta stendendo il caolino sulla tela. Il caolino (gesso liquido) è la materia che si stende sulle tele perché su esse si possa poi stendere il colore.
Esso vale dunque come matrice, come supporto fisico e grammaticale del linguaggio pittorico, e proprio in questa sua funzione Manzoni lo considera, rendendolo unico protagonista del suo linguaggio. La tela non subisce altre variazioni che non siano quelle dovute alla sua mera applicazione sul telaio. Nel nostro caso, essa è stata pieghettata per assumere un minimo rilievo, che contribuisce a sospendere l’opera in una dimensione ambigua, a metà fra pittura e bassorilievo.

Personalmente, mi sento solo presa in giro!!!!

io direi però di far attenzione....anche la sfida ad un certo conformismo dell'epoca corrente fà arte....basta saper leggerla vedete.....quelle oprere se cosi vogliamo chimarle cara datura , altro non sono che una sfida fatta dagli autori, per evidenziare all'imbecillismo della critica moderna..........
 

Piera58

Moderatrice Sez. Piccoli Amici
Membro dello Staff
Vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa ci sia da capire, come si possa dare valore ai giudizi critici, quale conoscenza occorra avere o possa provenire in relazione alle opere che seguono (e che sono solo la punta dell’iceberg):

Michel Duchamp

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La fontana di Michel Duchamp, più conosciuta come l’orinatoio di Duchamp, presentata in una galleria di New York e che è attualmente esposta nel Centro Pompidu di Parigi.
Gli esperti d’arte inglesi, pressoché all’unanimità, la definirono l'opera d'arte più rappresentativa del XX secolo.


Lucio Fontana
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I “tagli” di Lucio Fontana: critica (“Attesa” quando la superficie è attraversata da un unico taglio, “Attese” quando le fenditure sono molteplici) segna un passaggio fondamentale nel fare artistico di Lucio Fontana, oltre ad essere le sue opere forse più note. I primi “tagli” vedono la luce nel 1959. Si tratta di segni decisi, nitidi, assoluti. Nella loro aspirazione a una visione nuova e universale “I tagli sono costitutivi di ambienti: non trascendono lo spazio concreto d’esperienza ma vi si inscrivono, essi stessi concretissimi in quanto differenziali di spazio, inducendone una metamorfosi esperenziale profonda, come in una sorta di spettacolarizzazione tutta introversa” Rompendo la superficie convenzionale i tagli permettono di ottenere una lucida visione del conflitto “luce-ombra”. Inoltre il gesto dell’artista nel momento in cui taglia la tela rinvia ad una valenza simbolica tipica dell’action painting per cui l’opera esprime lo stato d’animo dell’artista nel momento della realizzazione del opera e lo rende eterno.

Piero Manzoni

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ARICOLO CRITICO
Il 12 agosto 1961, in occasione di una mostra alla Galleria Pescetto di Albisola Marina, Piero Manzoni presenta per la prima volta in pubblico le scatolette di ***** d’artista ("contenuto netto gr.30, conservata al naturale, prodotta ed inscatolata nel maggio 1961"). Il prezzo fissato dall’artista per le 90 scatolette (rigorosamente numerate) corrispondeva al valore corrente dell’oro.
L’associazione tra analità e opera d’arte (e tra oro e feci) è poi un tema ricorrente della letteratura psicanalitica che Manzoni può avere recepito attraverso la lettura di Jung.
La novità di Piero Manzoni è avere collegato queste suggestioni ad una riflessione sul ruolo dell’artista di fronte all’autoreferenzialità dell’opera d’arte.
Spossessato dell’oggetto, ed ancora incantato dal ricordo del suo status eroico di artefice e produttore, l’artista trova una compensazione della perdita invadendo lo spazio che il processo comunicativo aveva tradizionalmente assegnato all’opera. Il corpo stesso dell’artista si offre al pubblico come un’opera d’arte, e le vestigia del corpo divengono reliquie.
Seguono poi le celeberrime scatole con ***** d’artista, che contengono trenta grammi di escrementi ancorati con spirito alchemico e preveggente da Manzoni alle quotazioni dell’oro. E quello che poteva sembrare nel ’61, quando vennero preparate le novanta scatole, una indicazione presuntuosa, oggi deve essere aggiornata per difetto perché valgono assai più del prezioso metallo. Sotheby’s ne ha assegnato di recente un esemplare per centoventimila euro, mentre, per la cronaca, il valore degli Achrome si aggira sui due milioni. E se Manzoni con un «soffio» attribuisce valore a ogni sua emanazione, diventa comprensibile come lo stesso processo possa essere applicato a qualsiasi persona e poi al mondo nella sua interezza.
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ARTICOLO CRITICO: “Achrome” è il titolo della maggior parte delle opere di Piero Manzoni.
Significa senza colore, una nota di neutralità che per l’artista è essenziale. Manzoni infatti non intende esprimere nell’opera un moto esistenziale o un valore emotivo, che il colore o la forma potrebbero veicolare. La sua è una ricerca dell’assoluto che intende confrontarsi col pensiero puro, un pensiero relativo allo statuto teorico dell’opera d’arte. La tela “achrome” per Manzoni è un frammento di infinito, lo dice lui stesso in una famosa dichiarazione di poetica: il quadro che vediamo ha dei limiti fisici, ma potrebbe non averne affatto. L’osservatore non dovrebbe limitarsi a osservare quello che vede, ma immaginare una superficie infinita, senza confini, l’equivalente visivo del concetto di assoluto. La ricerca di Manzoni sposta l’opera d’arte verso un’altra dimensione, dove essa diventa spunto per una riflessione sulla natura stessa del linguaggio artistico che ha risonanze filosofiche.
Coerentemente con le sue premesse, l’artista costruisce il quadro osservando canoni di radicale azzeramento espressivo. Avremo quindi, come nel nostro caso, una superficie bianca, ottenuta stendendo il caolino sulla tela. Il caolino (gesso liquido) è la materia che si stende sulle tele perché su esse si possa poi stendere il colore.
Esso vale dunque come matrice, come supporto fisico e grammaticale del linguaggio pittorico, e proprio in questa sua funzione Manzoni lo considera, rendendolo unico protagonista del suo linguaggio. La tela non subisce altre variazioni che non siano quelle dovute alla sua mera applicazione sul telaio. Nel nostro caso, essa è stata pieghettata per assumere un minimo rilievo, che contribuisce a sospendere l’opera in una dimensione ambigua, a metà fra pittura e bassorilievo.

Personalmente, mi sento solo presa in giro!!!!

Ho discusso un pomeriggio intero sui tagli di Fontana, le spiegazioni di mia figlia furono convincenti solo che non mi ricordo. Ci vorrebbe un esperto d'arte per fornirci delle spiegazioni.
 
e credo propio sia questo che c'è da conoscere dietro ad un'opera d'arte, ovvero come dicevo prima cosa a mosso la mano dell'artista..............i critici definendo tali schifezze arte hanno dimostrato di averlo capito appieno..............
 

paolaas

Guru Giardinauta
io direi però di far attenzione....anche la sfida ad un certo conformismo dell'epoca corrente fà arte....basta saper leggerla vedete.....quelle oprere se cosi vogliamo chimarle cara datura , altro non sono che una sfida fatta dagli autori, per evidenziare all'imbecillismo della critica moderna..........

Non lo considero arte.

Le puoi chiamare espressioni di pensiero anticonformista, o come vuoi chiamarle ma per me non è arte.

Evidentemente ho un'interpretazione piuttosto stretta della parola ARTE.... :eek:k07:
 
Non lo considero arte.

Le puoi chiamare espressioni di pensiero anticonformista, o come vuoi chiamarle ma per me non è arte.

Evidentemente ho un'interpretazione piuttosto stretta della parola ARTE.... :eek:k07:

non credo sia un fatto di ristrettezza, certo che non è arte, ma ha pur sempre un suo recognito significato, questo intendevo e credo si intenda nel dire che per capire qualcosa bisogna avere la conoscenza a 360° di cosa c'è dietro, poi se si parla di arte visiva o d'impatto allora per quello c'è la fotografia che lo fà prima e meglio....

P.s.
concordo comunque con te neanche a me piacciono.....
 

Datura rosa

Guru Master Florello
Ho discusso un pomeriggio intero sui tagli di Fontana, le spiegazioni di mia figlia furono convincenti solo che non mi ricordo. Ci vorrebbe un esperto d'arte per fornirci delle spiegazioni.

Personalmente penso che un'opera d'arte non abbia bisogno di spiegazioni (sempre e comunque derivate da sensazioni strettamente personali di qualcuno).
Davanti ad un vecchio ulivo contorto non mi interessa sapere cosa l'abbia reso così; se il trascorrere degli anni, gli agenti atmosferici o la tipicità della varietà del seme che l'ha generato: lo guardo, mi affascina e lo ritengo una delle più belle opere d'arte.
 

margot

Maestro Giardinauta
aiuto, mi fate rispolverare il diploma...
L'orinatoio di Duchamp è considerata opera d'arte perchè ha espresso un concetto nuovo: tutto quello che fa parte del quotidiano può essere considerato opera d'arte.
Una geniale provocazione.
E' tutto quello che è seguito che è noia pura...(o quasi).
 
aiuto, mi fate rispolverare il diploma...
L'orinatoio di Duchamp è considerata opera d'arte perchè ha espresso un concetto nuovo: tutto quello che fa parte del quotidiano può essere considerato opera d'arte.
Una geniale provocazione.
E' tutto quello che è seguito che è noia pura...(o quasi).

:confuso:perchè io che ho detto :confuso::confuso::confuso:
 
Personalmente penso che un'opera d'arte non abbia bisogno di spiegazioni (sempre e comunque derivate da sensazioni strettamente personali di qualcuno).
Davanti ad un vecchio ulivo contorto non mi interessa sapere cosa l'abbia reso così; se il trascorrere degli anni, gli agenti atmosferici o la tipicità della varietà del seme che l'ha generato: lo guardo, mi affascina e lo ritengo una delle più belle opere d'arte.

quella e l'arte della natura, l'arte primaria direi....ma del resto parlando di arte...più bassa e cioè quella umana, anche un muro creato dalle abili mani di un vecchio mastro artigiano è infondo una forma d'arte......e non ci vuole certo la laurea per capire cosè.................
 

Datura rosa

Guru Master Florello
Ma se si parla di Arte, hanno senso le provocazioni?

Può essere provocatorio un pubblicitario (vedi Oliviero Toscani per Benetton) che deve avere una reazione di "attrazione" e fidelizzazione al prodotto e, quindi, deve provocare i possibili acquirenti.
Ma l'Arte chi deve provocare?
 
Ma se si parla di Arte, hanno senso le provocazioni?

Può essere provocatorio un pubblicitario (vedi Oliviero Toscani per Benetton) che deve avere una reazione di "attrazione" e fidelizzazione al prodotto e, quindi, deve provocare i possibili acquirenti.
Ma l'Arte chi deve provocare?

deve far arrivare un messaggio il più chiaro possibile a una massa il più possibile vasta, ecco cosè......
 

paolaas

Guru Giardinauta
L'orinatoio di Duchamp è considerata opera d'arte perchè ha espresso un concetto nuovo: tutto quello che fa parte del quotidiano può essere considerato opera d'arte.
Una geniale provocazione.

Posso concordare sulla genialità della provocazione ma non sul fatto che sia arte.

Tra l'altro non sono d'accordo nemmeno con lui in ciò che afferma....

Per me arte è meno di ciò che viene spacciato per tale figuriamoci se mi sento di allargarla anche al quotidiano....:storto:

Poi concordo con datura rosa: la natura è la più grande artista: crea opere uniche ed irripetibili....
 

Piera58

Moderatrice Sez. Piccoli Amici
Membro dello Staff
Personalmente penso che un'opera d'arte non abbia bisogno di spiegazioni (sempre e comunque derivate da sensazioni strettamente personali di qualcuno).
Davanti ad un vecchio ulivo contorto non mi interessa sapere cosa l'abbia reso così; se il trascorrere degli anni, gli agenti atmosferici o la tipicità della varietà del seme che l'ha generato: lo guardo, mi affascina e lo ritengo una delle più belle opere d'arte.

Se fosse così cosa ci sta a fare una facoltà d'arte all'università? L'arte ha tante sfaccettature e vanno conosciute per comprenderla.
 

Datura rosa

Guru Master Florello
deve far arrivare un messaggio il più chiaro possibile a una massa il più possibile vasta, ecco cosè......

E qual è l'utilità di tutto questo?

Allora l'Arte va scritta con la lettera minuscola ed è l'arte dei galleristi, delle quotazioni, di chi acquista i quadri perché ha tot metri quadrati di parete da riempire.
 

margot

Maestro Giardinauta
Bisogna anche valutare in quali tempi è stata fatta la provocazione o meglio è stato creato un punto di rottura... al giorno d'oggi credo non serva più a nulla, ma nei primi del ''900 aveva sicuramente un significato ben preciso...
 
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