Scatolina
Guru Giardinauta
Vorrei approfondire in questo post degli argomenti accennati in un'altra discussione e che ho notato hanno acceso gli animi ecologisti di molti di noi.
In particolare abbiamo scoperto di avere tra noi un personaggio a dir poco rivoluzionario per quanto riguarda le alternative al consumismo quotidiano.
In riferimento a tutto questo, vorrei inserire in questo mio post una lettera pervenutami attraverso una mailing list, che trovo molto interessante e di pubblica utilità.
Eccola:
Cibo bio, casa bio, arredamento bio, cosmetici bio… ma chi
pensa all’abbigliamento ecologico e biologico? Ormai è più
o meno diffusa la coscienza della nostra aumentata
delicatezza cutanea, vale a dire che da un po’ di tempo a
questa parte ci siamo accorti di come siano maggiormente
diffuse le allergie, le dermatiti, di quante strane
reazioni/sfoghi compaiano sul nostro corpo. Bene, sempre
più spesso si sente anche ‘dare la colpa’ ad inquinamento,
ad un uso smodato e assolutamente poco consapevole di
prodotti per il corpo, al benessere – si sente anche
questo! -… ma quante volte abbiamo sentito parlare di
vestiti? Cosa resta a contatto della nostra pelle per
l’intera giornata? Gli abiti. E di cosa sono fatti gli
abiti? Sempre più di fibre sintetiche e artificiali – che
non sono la stessa cosa – e sempre meno di cotone, lana,
seta, lino e addirittura canapa – che non sempre sono
‘naturali’ o ‘bio’ come si crede, soprattutto lana, cotone
e seta -.
Procediamo con ordine. Le fibre per eccellenza non
naturali sono le cosiddette fibre sintetiche e le fibre
artificiali. Le fibre sintetiche – rayon, nailon, lycra… -
sono… petrolio! Fondamentalmente indossiamo abiti
fabbricati a partire da derivati del petrolio e composti
di carbone e idrogeno. Solo un esempio per non
terrorizzare più del dovuto: per ‘sintetizzare’ il nylon
occorrono dei procedimenti che prevedono l’utilizzo di
prodotti tossici quali l’acido cianidrico e l’acido
nitrico. Le fibre artificiali hanno invece un passato
naturale, esse infatti vengono fabbricate a partire da
materie prime ‘naturali’, fondamentalmente la cellulosa;
stiamo parlando di fibre quali la viscosa e il rayon. Il
problema è che il procedimento che porta ad ottenere il
prodotto finito a partire dalla cellulosa prevede una
serie di trattamenti chimici che seppelliscono questo
passato naturale. Un solo esempio, il primissimo passaggio
– e dopo ce ne sono molti altri - per ottenere la viscosa
è quello di dissolvere la cellulosa nella soda caustica.
Perché tutto questo? Perché questi materiali costano di
meno, si possono colorare più facilmente, sono resistenti
a muffe e batteri, sono più facili da pulire, spesso si
sgualciscono molto meno – addirittura non si sgualciscono!
–… Già. In compenso: minimo non fanno ‘respirare’ bene la
nostra pelle, non assorbono il sudore, provocano fenomeni
elettrostatici e non possono essere sottoposti a bollitura
per cui non possono essere sterilizzati. E fin qui abbiamo
tenuto conto solo dei possibili ed eventuali danni al
nostro corpo, ma abbiamo pensato all’impatto ambientale?
Tutti i procedimenti per ottenere e migliorare –
antimuffa, antipiega, antitarma… - queste fibre, prevedono
una lunga serie di procedure e prodotti chimici che
producono residui e contribuiscono al danneggiamento
dell’ambiente circostante.
Tutto ciò dovrebbe spingerci a tenere in maggiore
considerazione l’ipotesi di scegliere e di indossare abiti
prodotti con fibre naturali: cotone, lana, seta, lino,
canapa. Già. Si tratta sì di fibre che hanno origine
vegetale o animale ma fino a che punto sono ‘naturali’
ed ecologiche? I prodotti che si trovano normalmente in
commercio utilizzano lana, cotone e seta… trattati. Questo
significa che prima di diventare il bel maglioncino caldo
e colorato che indossiamo, la lana o il cotone di cui si
compone ha subito dei trattamenti non propriamente
naturali. Ma facciamo un ulteriore passo indietro.
Parliamo del cotone. Il cotone si produce a partire da una
pianta tropicale ad arbusto la cui coltivazione, udite
bene, prevede l’utilizzo di diserbanti e pesticidi. Stiamo
parlando di circa il 2,4 % della superficie terrestre
coltivata a cotone, per la cui coltivazione si utilizza il
25 % di pesticidi del totale utilizzato nel mondo, che si
traduce in almeno un milione di persone intossicate e di
molti morti – stiamo parlando di chi lavora in questo
settore -, che si traduce in centinai di milioni di
metri cubi d’acqua utilizzati per l’irrigazione.
Parliamo della lana. La maggior parte della materia prime
utilizzata dall’industria tessile proviene dall’Australia
e dalla Nuova Zelanda a scapito dei piccoli e medi
produttori.
Parliamo della seta. La maggior parte della seta viene
prodotta nei paesi asiatici da cui viene importata senza
alcuna garanzia circa i diversi trattamenti subiti durante
le differenti fasi della produzione.
Ma qua stiamo già sfociando nel passaggio successivo:
tutte queste fibre per esigenze di mercato vengono
comunque trattate. E non stiamo parlando ‘solo’ di tintura
ma addirittura di trattamento della fibra stessa che priva
la lana di lanolina, il cotone di amidi e peluria, la seta
di sericina e fibrina, Risultato? Le fibre risultano più
fragili, perdono alcune loro caratteristiche quali
elasticità, traspirabilità e resistenza, ed infine, durano
di meno.
Tutto questo mi ha un po scossa...... e voi come vivete questa realtà di oggi??
In particolare abbiamo scoperto di avere tra noi un personaggio a dir poco rivoluzionario per quanto riguarda le alternative al consumismo quotidiano.
In riferimento a tutto questo, vorrei inserire in questo mio post una lettera pervenutami attraverso una mailing list, che trovo molto interessante e di pubblica utilità.
Eccola:
Cibo bio, casa bio, arredamento bio, cosmetici bio… ma chi
pensa all’abbigliamento ecologico e biologico? Ormai è più
o meno diffusa la coscienza della nostra aumentata
delicatezza cutanea, vale a dire che da un po’ di tempo a
questa parte ci siamo accorti di come siano maggiormente
diffuse le allergie, le dermatiti, di quante strane
reazioni/sfoghi compaiano sul nostro corpo. Bene, sempre
più spesso si sente anche ‘dare la colpa’ ad inquinamento,
ad un uso smodato e assolutamente poco consapevole di
prodotti per il corpo, al benessere – si sente anche
questo! -… ma quante volte abbiamo sentito parlare di
vestiti? Cosa resta a contatto della nostra pelle per
l’intera giornata? Gli abiti. E di cosa sono fatti gli
abiti? Sempre più di fibre sintetiche e artificiali – che
non sono la stessa cosa – e sempre meno di cotone, lana,
seta, lino e addirittura canapa – che non sempre sono
‘naturali’ o ‘bio’ come si crede, soprattutto lana, cotone
e seta -.
Procediamo con ordine. Le fibre per eccellenza non
naturali sono le cosiddette fibre sintetiche e le fibre
artificiali. Le fibre sintetiche – rayon, nailon, lycra… -
sono… petrolio! Fondamentalmente indossiamo abiti
fabbricati a partire da derivati del petrolio e composti
di carbone e idrogeno. Solo un esempio per non
terrorizzare più del dovuto: per ‘sintetizzare’ il nylon
occorrono dei procedimenti che prevedono l’utilizzo di
prodotti tossici quali l’acido cianidrico e l’acido
nitrico. Le fibre artificiali hanno invece un passato
naturale, esse infatti vengono fabbricate a partire da
materie prime ‘naturali’, fondamentalmente la cellulosa;
stiamo parlando di fibre quali la viscosa e il rayon. Il
problema è che il procedimento che porta ad ottenere il
prodotto finito a partire dalla cellulosa prevede una
serie di trattamenti chimici che seppelliscono questo
passato naturale. Un solo esempio, il primissimo passaggio
– e dopo ce ne sono molti altri - per ottenere la viscosa
è quello di dissolvere la cellulosa nella soda caustica.
Perché tutto questo? Perché questi materiali costano di
meno, si possono colorare più facilmente, sono resistenti
a muffe e batteri, sono più facili da pulire, spesso si
sgualciscono molto meno – addirittura non si sgualciscono!
–… Già. In compenso: minimo non fanno ‘respirare’ bene la
nostra pelle, non assorbono il sudore, provocano fenomeni
elettrostatici e non possono essere sottoposti a bollitura
per cui non possono essere sterilizzati. E fin qui abbiamo
tenuto conto solo dei possibili ed eventuali danni al
nostro corpo, ma abbiamo pensato all’impatto ambientale?
Tutti i procedimenti per ottenere e migliorare –
antimuffa, antipiega, antitarma… - queste fibre, prevedono
una lunga serie di procedure e prodotti chimici che
producono residui e contribuiscono al danneggiamento
dell’ambiente circostante.
Tutto ciò dovrebbe spingerci a tenere in maggiore
considerazione l’ipotesi di scegliere e di indossare abiti
prodotti con fibre naturali: cotone, lana, seta, lino,
canapa. Già. Si tratta sì di fibre che hanno origine
vegetale o animale ma fino a che punto sono ‘naturali’
ed ecologiche? I prodotti che si trovano normalmente in
commercio utilizzano lana, cotone e seta… trattati. Questo
significa che prima di diventare il bel maglioncino caldo
e colorato che indossiamo, la lana o il cotone di cui si
compone ha subito dei trattamenti non propriamente
naturali. Ma facciamo un ulteriore passo indietro.
Parliamo del cotone. Il cotone si produce a partire da una
pianta tropicale ad arbusto la cui coltivazione, udite
bene, prevede l’utilizzo di diserbanti e pesticidi. Stiamo
parlando di circa il 2,4 % della superficie terrestre
coltivata a cotone, per la cui coltivazione si utilizza il
25 % di pesticidi del totale utilizzato nel mondo, che si
traduce in almeno un milione di persone intossicate e di
molti morti – stiamo parlando di chi lavora in questo
settore -, che si traduce in centinai di milioni di
metri cubi d’acqua utilizzati per l’irrigazione.
Parliamo della lana. La maggior parte della materia prime
utilizzata dall’industria tessile proviene dall’Australia
e dalla Nuova Zelanda a scapito dei piccoli e medi
produttori.
Parliamo della seta. La maggior parte della seta viene
prodotta nei paesi asiatici da cui viene importata senza
alcuna garanzia circa i diversi trattamenti subiti durante
le differenti fasi della produzione.
Ma qua stiamo già sfociando nel passaggio successivo:
tutte queste fibre per esigenze di mercato vengono
comunque trattate. E non stiamo parlando ‘solo’ di tintura
ma addirittura di trattamento della fibra stessa che priva
la lana di lanolina, il cotone di amidi e peluria, la seta
di sericina e fibrina, Risultato? Le fibre risultano più
fragili, perdono alcune loro caratteristiche quali
elasticità, traspirabilità e resistenza, ed infine, durano
di meno.
Tutto questo mi ha un po scossa...... e voi come vivete questa realtà di oggi??