Ovviamente vi sono vicina anch'io, ad entrambe e ognuno di noi ha vissuto più o meno lo stesso percorso.
Dopo mia madre, con il tread che misi, che ora tira a campare con i diabete, è poi toccato a mio padre che ancora combatte e la settimana dopo, la notizia assurda di mia suocera, stessa malattia.
E l'impotenza, è grande, così come la paura nostra di diventare improvvisamente inadeguati, cerchiamo parole diverse adesso, temiamo la loro fragilità improvvisa.
Ti rendi un po' conto, di quel che forse occorre, sebbene no siamo tutti uguali, quando questo genere di cose accadono a te stessa/o.
Ti rendi conto che le priorità cambiano in un batter di ciglia e quel che ieri non hai soppesato, diventano l'unica vera possibilità e guardandoti intorno, mentre i colori del mondo si fanno più accesi, forse perchè per la prima volta ti fermi e li vedi davvero, speri che le persone che sapranno riescano ad andare oltre, a non trattarti in modo diverso, non come vaso di finissimo vetro, ma soltanto con le tue improvvise priorità, esserci.
Esserci non significa neppure farlo con la presenza, ma dare valore e vivere intensamente quel valore, saggiandolo dentro e fuori.
A volte, nella malattia, scopri di non essere mai stata tanto felice, di non aver mai goduto dela vita come accade ora, ora che il terreno frana.
La morte ci rimane meno indigesta quando si è molto anziani, ma sappiamo che spesso non è proprio vero, chi rimane soffre comunque.
La sofferenza, il percorso terapeutico è forse ancora più angoscioso.
L'unica strada che ci rimane è vivere, finchè è possibile.
E condividere sperando che il peso diventi meno gravoso per tutti.