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raccontino....

Ari68

Florello
PANE BRUCIATO

-Dopo un lungo e duro giorno di lavoro, mia mamma mise un piatto con salsicce e pane tostato, molto bruciato, davanti al mio papà.

-Ricordo che stavo aspettando che lo notasse… Nonostante mio... padre lo avesse notato, prese un pane tostato, sorrise a mia madre e mi chiese come era andata a scuola.

-Non ricordo cosa gli risposi, però mi ricordo il vederlo spalmare burro e marmellata sul pane tostato e mangiarlo tutto.

-Quando mi alzai da tavola, quella sera, ricordo aver sentito mia madre chiedere scusa a mio padre per il pane tostato molto bruciato. Mai dimenticherò quello che gli disse:

"Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po' bruciato."

-Più tardi, quella sera, andai a dare il bacio della buona notte a mio padre e gli chiesi se veramente gli piaceva il pane tostato bruciato.

- Egli mi abbracciò e mi fece questa riflessione:

"la tua mamma ha avuto un giorno molto duro nel lavoro, è molto stanca, ed inoltre un pane tostato un po' bruciato non fa male a nessuno".

-La vita è piena di cose imperfette. Imparare ad accettare i difetti e decidere di apprezzare ognuna delle differenze degli altri, è una delle cose più importanti per creare una relazione sana e duratura.

-La comprensione e la tolleranza sono la base di ogni buona relazione.

-Sii più gentile di quanto ritieni necessario esserlo perchè tutte le persone, in questo momento, stanno lottando a qualche tipo di battaglia.

-Tutti abbiamo problemi e tutti stiamo imparando a vivere, ed è molto probabile che non ci basti una vita per imparare il necessario.

"Il viaggio verso la felicità non è diritto. Esistono curve chiamate EQUIVOCI, esistono semafori chiamati AMICI, luci di posizione chiamate FAMIGLIA, e tutto si raggiunge se hai: Una ruota di scorta chiamata DECISIONE, un potente motore chiamato COMPRENSIONE, una buona assicurazione chiamata FEDE, abbondante combustible chiamato PAZIENZA, e soprattutto un autista esperto chiamato AMORE!!!"

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Lin Yutang
 

Federica

Master Florello
LA VECCHIA SIGNORA SCORBUTICA…
Posted on novembre 6, 2013
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Sul tavolino da notte di una vecchia signora ricoverata in un ospizio per anziani, il giorno dopo la sua morte, fu ritrovata questa lettera. Era indirizzata alla giovane infermiera del reparto. “Cosa vedi, tu che mi curi? Chi vedi, quando mi guardi? Cosa pensi, quando mi lasci?
E cosa dici quando parli di me? Il più delle volte vedi una vecchia scorbutica, un po’ pazza, lo sguardo smarrito, che non è più completamente lucida, che sbava quando mangia e non risponde mai quando dovrebbe. E non smette di perdere le scarpe e calze, che docile o no, ti lascia fare come vuoi, il bagno e i pasti per occupare la lunga giornata grigia. E’ questo che vedi! Allora apri gli occhi.
Non sono io. Ti dirò chi sono. Sono l’ultima di dieci figli con un padre e una madre. Fratelli e sorelle che si amavano. Una giovane di 16 anni, con le ali ai piedi, sognante che presto avrebbe incontrato un fidanzato. Sposata già a vent’anni. Il mio cuore salta di gioia al ricordo dei propositi fatti in quel giorno. Ho 25 anni ora e un figlio mio, che ha bisogno di me per costruirsi una casa.
Una donna di 30 anni, mio figlio cresce in fretta, siamo legati l’uno all’altra da vincoli che dureranno. Quarant’anni, presto lui se ne andrà. Ma il mio uomo veglia al mio fianco. Cinquant’anni, intorno a me giocano daccapo dei bimbi. Rieccomi con dei bambini, io e il mio diletto.
Poi ecco i giorni bui, mio marito muore. Guardo al futuro fremendo di paura, giacché i miei figli sono completamente occupati ad allevare i loro. E penso agli anni e all’amore che ho conosciuto. Ora sono vecchia. La natura è crudele, si diverte a far passare la vecchiaia per pazzia. Il mio corpo mi lascia, il fascino e la forza mi abbandonano. E con l’età avanzata laddove un tempo ebbi un cuore vi è ora una pietra. Ma in questa vecchia carcassa rimane la ragazza il cui vecchio cuore si gonfia senza posa.
Mi ricordo le gioie, mi ricordo i dolori, e sento daccapo la mia vita e amo. Ripenso agli anni troppo brevi e troppo presto passati. E accetto l’implacabile realtà “che niente può durare”. Allora apri gli occhi, tu che mi curi, e guarda non la vecchia scorbutica… Guarda meglio e mi vedrai”. Quanti volti, quanti occhi, quante mani incrociamo, ogni giorno. Che cosa guardiamo? Le rughe, le ostilità, i dubbi, le durezze.
Se imparassimo invece a guardare i sogni, i palpiti, gli amori spesso così accuratamente nascosti?
(B. Ferrero)
 
Ultima modifica:

Ari68

Florello
C’era una volta un albero che amava un bambino.

Il bambino amava l’albero con tutto il suo piccolo cuore. E l’albero era felice.
Ma il tempo passò e il bambino crebbe.

Ora che il bambino era grande, l’albero rimaneva spesso solo.

Un giorno il bambino venne a vedere l’albero e l’albero gli disse: «Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l’altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e sii felice».
«Sono troppo grande ormai per arrampicarmi sugli alberi e per giocare», disse il bambino. «Io voglio comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?».

«Mi dispiace», rispose l’albero «ma io non ho dei soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti, bambino mio, e va’ a venderli in città. Così avrai dei soldi e sarai felice».
Allora il bambino si arrampicò sull’albero, raccolse tutti i frutti
e li portò via. E l’albero fu felice.

Ma il bambino rimase molto tempo senza ritornare... E l’albero divenne triste.

Poi un giorno il bambino tornò; l’albero tremò di gioia e disse: «Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l’altalena con i miei rami e sii felice».
«Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi», rispose il bambino. «Voglio una casa che mi ripari», continuò. «Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una casa. Puoi darmi una casa?».

«Io non ho una casa», disse l’albero. «La mia casa è il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e costruirti una casa. Allora sarai felice».
Il bambino tagliò tutti i rami e li portò via per costruirsi una casa.
E l’albero fu felice.

Per molto tempo il bambino non venne. Quando ritornò, l’albero era così felice che riusciva a malapena a parlare. «Avvicinati, bambino mio», mormorò, «vieni a giocare».

«Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare», disse il bambino. «Voglio una barca per fuggire lontano di qui. Tu puoi darmi una barca?». «Taglia il mio tronco e fatti una barca», disse l’albero. «Così potrai andartene ed essere felice».

Allora il bambino tagliò il tronco e si fece una barca per fuggire. E l’albero fu felice... ma non del tutto.

Molto molto tempo dopo, il bambino tornò ancora.

«Mi dispiace, bambino mio», disse l’albero «ma non resta più niente da donarti... Non ho più frutti».
«I miei denti sono troppo deboli per dei frutti», disse il bambino.

«Non ho più rami», continuò l’albero
«non puoi più dondolarti».
«Sono troppo vecchio per dondolarmi ai rami», disse il bambino.

«Non ho più il tronco», disse l’albero. «Non puoi più arrampicarti».
«Sono troppo stanco per arrampicarmi», disse il bambino.

«Sono desolato», sospirò l’albero. «Vorrei tanto donarti qualcosa... ma non ho più niente.

Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce tanto...». «Non ho più bisogno di molto, ormai», disse il bambino. «Solo un posticino tranquillo per sedermi e riposarmi. Mi sento molto stanco».

«Ebbene», disse l’albero, raddrizzandosi quanto poteva «ebbene, un vecchio ceppo è quel che ci vuole per sedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti. Siediti e riposati». Così fece il bambino. E l’albero fu felice.

Questa sera siediti in un angolo tranquillo e aiuta il tuo cuore a ringraziare tutti gli «alberi» della tua vita.


Bruno Ferrero
 

Olmo60

Guru Master Florello
una mattina qualunque

>> Com'è ?
++ Oh ciao Arvaro ! caa fai mi vieni dreto zitto zitto e poi tutt'antratto mi chiedi com'è ?
>> Occòsa devo fa ? Ti devo telefanà la prossima vòrta per avvisatti che passo di qua ?
++ No, però ti pòi anco fa sentì ! Pòi dì presempio "bòngiorno" mentre arrivi ...
>> bisonnia fà come còlle vipere con te ? bisonnia fà rumore per falle scappà ?
++ io 'un devo mia scappà, però m'hai fatto fà un sarto, 'un t'avevo sentito arrivà ...
>> via giù, ti sei ripreso ? vòi un bicchiere d'acqua còllo zucchero ?
++ fai fai ir bischero ... vedrai se mi pillia un infarto poi m'hai sulla 'oscienza
>> oioi esagerato ! inzomma, com'è ?
++ occòme vòi che sia ? come vogliano !
>> che fai di bello ?
++ o 'un lo vedi ? son qui a sgropponammi per assistemà la 'asa a quer vagabondo der mì filliolo !
>> ora vagabondo ... è tanto un bravo bimbo
++ bimbo una sega, ormai cià quarantanni anche ir mì sergino
>> boia. Sembra ieri che lo rincorrevo perché mi faceva votà 'oglioni !
++ toh ! anche te eri poìno uggioso ... bastava nulla che inviai a sbraità dreto ai fillioli !
>> per nulla ? quell'infingardo der tù filliolo mi stioccava i raudi nella 'assetta della posta !
++ vabbè ... ora ha quarant'anni e i coglioni me li fa votà ammè !
>> opperchè ? è bravo, lavora, cià la bimba e fa le 'ose ammodìno ...
++ sì e poi mi mette in croce perché n'assistemi la 'asa, e io mi ritrovo a settant'anni in ginocchioni còlle mano in mezzo ar cemento e a fammi venì ir mar di vita perché n'è presa che vòle ir muretto 'osi, la paretina 'osà ... e ir tegame di su mà !
>> via 'un fà ir tragìo che ti fa piacè invece assistemà la 'asìna der tù bimbo ... 'uando sposa ?
++ de ... quando ni finisco la 'asa !!
>> allora te mòviti invece di statti a gingillà !
++ Gingillà ?? ma te lo sai vanto pesa un ballino di cemento maremma ghiavola asserpentata ?
>> de, peseràà ... una ghiecina di 'ili ... 'osa vòi che siano ...
++ e coda ! ne pesa venti di 'ili caro ir mì tanacca ! e te che fai tanto ir ganzo, perché 'un provi a arzanne uno ?
>> venti 'ili ? siei sempre ir solito esagerato, fammi vedè 'sa c'è scritto sopra ... tò hai ragione, venti 'ili !
++ ho ragione eh ? vai nembochidde, arzane uno e poi me lo ridici !
>> guarda 'un lo faccio perché m'inzudicio le mano che ciò d'andà a comprà ir pane, ma la prossima vòrta vengo appòsta, mi metto la tuta e te lo fo vedè ...
++ vai vai, vai a comprà ir pane, fammi lavorà sennò qua 'un finisco più e frall'artro mi sarei anche già rotto l'anima
>> ovvìa, allora io vado. Saluta a casa
++ vai vai, ti saluto tutti ... passa anche dalla farmacia a comprà i pannoloni !
>> oggiù Nedo, 'uni scherzà, 'un mi dì che ti servano di già ...
++ no no, lo dicevo per te !
>> per me ?? a me 'un mi servano mìa !
++ No ma se vòi venì a provà a arzà quer ballino vedrai 'ome ti cai addosso !!
>> matelovai ... bòna !
++ bòna !
 

Olmo60

Guru Master Florello
poichè la morte arriverà quando meno me l'aspetto, nel frattempo voglio ridere:

Storia di becchini e beccamorti.

Durante il periodo medioevale, la certificazione dell’effettiva morte di una persona spettava ad un medico condotto, il quale, non disponendo certamente dei mezzi e delle moderne consocenze, per verificare l’effettivo decesso, altro metodo non aveva che infliggere dolore al deceduto. Uno dei metodi più comunemente usati era quello di sferrare un potente morso alle dita dei piedi, quasi sempre l’alluce. Nel dialetto del popolino, il medico assunse così il nome di “beccamorto“. (Fonte Wikipedia) Questa pratica diede origine ad un vero e proprio mestiere che, come tradizione dell’epoca imponeva, veniva tramandato dal padre al primo figlio maschio. Verso la fine del medioevo accadde però qualcosa che cambiò il futuro dei beccamorti. Uno dei beccamorti più famosi non riuscì a concepire un figlio maschio; la moglie partorì solo figlie femmine e, tragedia, nemmeno un maschio. Il beccamorto, per evitare l’estinzione del mestiere, domandò alla chiesa la dispensa per poter tramandare la professione alla propria figlia femmina la quale, dopo aver ricevuto la benedizione, iniziò il suo lavoro di beccamorto. Il caso volle che il suo primo morto fosse un uomo al quale un carro aveva tranciato entrambe le gambe; la ragazza era indecisa su dove infliggere il morso ma, alla fine, prese una decisione . ….. Nacquero cosi le “pompe funebri”!
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Franco71

Giardinauta
...Il caso volle che il suo primo morto fosse un uomo al quale un carro aveva tranciato entrambe le gambe; la ragazza era indecisa su dove infliggere il morso ma, alla fine, prese una decisione . ….. Nacquero cosi le “pompe funebri”!

:lol: :lol: :lol:
Ma poi "il morto" era davvero morto o è così che hanno scoperto il "rigor mortis"? :confuso:
P.S.
Mi diventi sempre più simpatica... ma questa è un'altra storia :fischio:
 

Olmo60

Guru Master Florello
:lol: :lol:
Ma poi "il morto" era davvero morto o è così che hanno scoperto il "rigor mortis"? :confuso:
P.S.
Mi diventi sempre più simpatica... ma questa è un'altra storia :fischio:
:lol::lol: il rigor mortissssss!!!!!:lol::lol: non c'avevo pensatoooo!!! buahh ah ah ah!!! la storia non lo dice: si lascia all'nterpretazione personale:D:Saluto:
 

Federica

Master Florello
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Sorridi e la vita ti sorriderà.
Il sorriso apre tutte le porte,
rallegra i cuori
e scaccia i cattivi pensieri.

○ Raffaele Caponetto
 

Olmo60

Guru Master Florello
La lepre e il corvo

Un giorno una lepre vede un corvo appollaiato su un ramo e gli chiede: "ciao corvo, cosa fai?"
e il corvo rsponde: "una coppa lippa!". "Ma come", dice la lepre "e non ti annoi?"
"no" risponde il corvo, "è molto piacevole e gratificante, dovresti provare anche tu." Così la lepre incuriosita s siede alla base dell'albero ed inizia a non fare una cippa lippa, dopo poco passa una volpe e se la mangia.

morale:
Per non fare una cippa lippa devi essere seduto molto in alto.
.
 

Olmo60

Guru Master Florello
Olmaaaaa!!!!! ahahahah!!!! :lol::lol::lol: grazie, simpatica :eek:k07:

grazie, Fede, pensa che a me essendo lepre, m'ha fatto piangere! :lol: :muro:

quella di oggi:
Stamattina al bar un signore seduto mi guarda e mi dice: "Giovanotta, me te lo sai cos'è l'amicizia?" Sto per rispondere e mi interrompe "lo vedi quel signore seduto laggiù? quello è il mio migliore amico, siamo nati nel '39, siamo nati e cresciuti insieme, tutti i giorni si veniva in questo bar e si prendeva un bianchino e si leggeva le notizie. Lui me le leggeva perchè io non so leggere e io ascoltavo, sempre insieme, nel '78 abbiamo litigato, ce le siamo anche date, e da quel giorno non ci siamo più parlati, neanche un ciao. Beh, ti dirò, dal '78, nonostante tutto,ogni giorno veniamo qui sempre alla stessa ora, ogni giorno ci vediamo, non ci salutiamo, ci sediamo in due tavolni differenti, entrambi prendiamo un bianchino, tutti i giorni prende un giornale e legge le notizie ad alta voce, la gente pensa che sia matto, ma lo fa per me dal '78.
 

robmel

Giardinauta Senior
Olmina, se passo da Bologna, mi devi dire dov'è quel bar che voglio andare a conoscere quei due vecchietti così testardi, ma allo stesso tempo così :love:
 

Olmo60

Guru Master Florello
robmel, ormai sono morti, però insieme.

La Virgola

Julio Cortázar scrisse: "La virgola è la porta girevole del pensiero".
Leggete e analizzate la seguente frase:
"Se l'uomo sapesse realmente il valore che ha la donna andrebbe a quattro zampe alla sua ricerca."
Se sei donna, certamente metteresti la virgola dopo la parola "donna".
Se sei uomo, certamente la metteresti dopo la parola "ha".
 

robmel

Giardinauta Senior
Bhe, ad essere pignoli, la frase corretta lessicalmente, andrebbe scritta in un altro modo : se l'uomo conoscesse realmente il proprio valore... e quindi non basterebbe la virgola a cambiarle il senso. Però è simpatica
 

Olmo60

Guru Master Florello
Bhe, ad essere pignoli, la frase corretta lessicalmente, andrebbe scritta in un altro modo : se l'uomo conoscesse realmente il proprio valore... e quindi non basterebbe la virgola a cambiarle il senso. Però è simpatica

da donna, come non essere d'accordo?:eek:k07:

Non dirmi che dopo che è morto uno, poco dopo è morto anche l'altro

uno guidava l'ambulanza dove l'altro era salito per un attacco cardiaco: l'ambulanza non si ferma a un incrocio e....zac, iti (all'unisono).
 

Federica

Master Florello
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Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza d'ospedale. A uno dei due uomini era permesso mettersi seduto sul letto per un'ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo. Il suo letto era vicino all'unica finestra della stanza. L'altro uomo doveva restare sempre sdraiato. Infine i due uomini fecero conoscenza e cominciarono a parlare per ore. Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del loro servizio militare e dei viaggi che avevano fatto. Ogni pomeriggio l'uomo che stava nel letto vicino alla finestra poteva sedersi e passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori alla finestra. L'uomo nell'altro letto cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno. La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto. Le anatre e i cigni giocavano nell'acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barche giocattolo. Giovani innamorati camminavano abbracciati tra fiori di ogni colore e c'era una bella vista della città in lontananza. Mentre l'uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli, l'uomo dall'altra parte della stanza chiudeva gli occhi e immaginava la scena. In un caldo pomeriggio l'uomo della finestra descrisse una parata che stava passando. Sebbene l'altro uomo non potesse sentire la banda, poteva vederla. Con gli occhi della sua mente così come l'uomo dalla finestra gliela descriveva. Passarono i giorni e le settimane. Un mattino l'infermiera del turno di giorno portò loro l'acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell'uomo vicino alla finestra, morto pacificamente nel sonno. L'infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo. Non appena gli sembrò appropriato, l'altro uomo chiese se poteva spostarsi nel letto vicino alla finestra. L'infermiera fu felice di fare il cambio, e dopo essersi assicurata che stesse bene, lo lasciò solo. Lentamente, dolorosamente, l'uomo si sollevò su un gomito per vedere per la prima volta il mondo esterno. Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra vicina al letto. Essa si affacciava su un muro bianco. L'uomo chiese all'infermiera che cosa poteva avere spinto il suo amico morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori da quella finestra. L'infermiera rispose che l'uomo era cieco e non poteva nemmeno vedere il muro. "Forse, voleva farle coraggio." disse. Epilogo: vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione. Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata. Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare. L'oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente. L' origine di questa storia è sconosciuta.

copita da FB
 
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