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Quelli che sparano ai gatti

P

Piera1

Guest
di MICHELE SERRA [ da "La Repubblica" del 03.10.98 ]


Quando senti la schioppettata che vibra alle finestre così secca, come uno schianto di ramo, vuol dire che è molto vicina, massimo cinquanta metri, nel boschetto accanto a casa. E quando è così vicina, vuol dire che è successo un'altra volta.

La prima fu la volta di Oreste, che era nero, magro e lungo come un serpe. La seconda fu la volta di Nullo, che era grigio, pigro, bellissimo e certosino. La terza toccò a La Bianchina, scoperto maschio quando già era stato battezzato, così che il nome diventò un cognome (il signor La Bianchina). La quarta, ieri l'altro, è stata la volta di Lene, nominata da mia figlia in gloria della cantante degli Aqua, molto ben vista in famiglia. Li ho sempre ritrovati poco dopo tra i sambuchi, nella scomposta fissità della morte, così come li aveva scolpiti l'ultimo spasimo. Commovente, forse più della perdita dell'amico, è 1'intatta morbidezza del pelo alla carezza di commiato, ultimo inconsapevole dono gattesco.

Non li ho mai voluti seppellire (come in quelle grottesche e odiose pantomime dei finti animalisti che antropizzano le bestie, offendendole). Preferisco che siano la volpe, il tasso, l'istrice e le cornacchie a nutrirsene, come accade per natura.

Lo sparo, tutte e quattro le volte, li ha squarciati nel ventre. Hanno ancora buona mira, da queste parti, malgrado l'età media, come tra i cacciatori del mondo intero, sia degna del rispetto che si deve agli uomini vecchi.

Erano, nel complesso, bravi gatti. Farabutti il giusto, a spese dei cardellini e dei topi del giardino. E poco vagabondi dopo che la sterilizzazione, per meglio tutelarli, aveva smorzato la lussuria che li spinge lontano, a cacciarsi nei guai.

Tutte le volte ho cercato di capire perché li avevano ammazzati. Quando si vive ai margini di una riserva di caccia, e si vedono gli uomini incrociare coi cani e i fucili attorno al tuo avere, al tuo abitare che è anche il tuo essere si capisce, se non si è stupidi o arroganti, che bisogna trattare. Tu sei l'intruso arrivato dalla città, «il giornalista». Loro frugano tra quei rovi, quei fossi, quei boschi da molte gene- razioni. Spesso con l'orgoglio dei contadini che hanno conquistato il diritto di sconfinare nelle terre dei padroni. E anche se loro contadini non sono più, e tu padrone non sei mai stato, e certe Range Rover parlano di un reddito pari o superiore al tuo, capisci che sei nel «loro», un «loro» atavico che nessuna mappa catastale, nessuna enclosure riuscirà mai a delimitare del tutto. E devi accettarli. E devi farti accettare.

Capii subito che non sarebbe stato facile. Quando non avevo ancora recintato il giardino, una bella mattina d'autunno stavo seduto sulla soglia di casa, fumando tranquillo come fa il giusto quando si sente in armonia con le sue cose. Passarono a un metro da me (vidi la marca dei loro stivali), traversando a bella posta il mio piccolo avere, due con il fucile. Dissi «buongiorno», ma non risposero, e nemmeno girarono la testa per guardarmi. Fu facile tradurre il loro passaggio e il loro silenzio: «Te fai bene attenzione, che noi altri si passa dove si vuole». La legge italiana dice così: un uomo senza fucile non può entrare nella tua proprietà. Ma un uomo col fucile può entrare nella tua proprietà. Parafrasando Clint Eastwood, pensai: «Quando un uomo con la sigaretta incontra un uomo col fucile, l'uomo con la sigaretta è un uomo morto».

Però ci ho provato lo stesso. Con pazienza e curiosità per loro, tanta quanta loro non ne hanno per me. E devo dire che, nel complesso, non sono scontento di averlo fatto. Sono diventato amico di quei cacciatori che hanno saputo, a modo loro, insegnarmi qualcosa di più profondo, e di meglio, sul territorio che mi ospita. Non parlano come Rigoni Stern, però da quando li ho conosciuti ho capito perché Rigoni Stern è cacciatore. Ho imparato che senza la predazione dell'uomo alcune bestie, per esempio i cinghiali, farebbero scempio dell'habitat di altre bestie, per esempio i caprioli. Ho scoperto che se posso godere della misteriosa apparizione di tanti animali, lo devo anche alle riserve di caccia. E mi accendo del loro stesso entusiasmo quando sento dire che dall'Est sta tornando la lince, che il lupo e l'istrice sono già tornati, che l'aquila arriva di frequente a rapinare le nostre lepri dalle Apuane e dal Cimone. E che nessuno sparerà - questa è la promessa - a quei miracoli redivivi.

Ma (forse) mi hanno accettato, anche se quando mi chiamano «dottore» non capisco bene se lo fanno per genuino ossequio o per prendermi meglio per il ****. I miei gatti no. Mi hanno fatto sapere che i gatti disturbano. Vanno per nidi, molestano i fagiani, insomma fanno concorrenza, da predatore piccolo a predatore grosso, all'uomo con lo schioppo. Ho fatto notare che, nel mio caso, il raggio delle malefatte feline è al massimo di cento metri dalla loro poltrona domestica. Che sono ipernutriti, pantofolai, poco rapinosi. Ho fatto notare, anche, che è vietato sparare a centocinquanta metri dalle case. E che una legge penale (articolo 638) punisce severamente, anche con la reclusione, chi danneggia o uccide gli animali domestici. Che, dunque, l'assassino o gli assassini dei miei gatti hanno violato due volte la legge. Ma alla parola «legge» (straniera ovunque, in Italia, quando non è favorevole ai propri comodi), sono stato autorevolmente consigliato di non alzare la voce. Perché, per esempio, al mio amico Luca Goldoni qui vicino e andata peggio: un collo di gallina ripieno di stricnina ha messo fine ai latrati del suo cane, pure quelli di disturbo al sereno svolgimento delle attivita venatorie. Nel Bolognese sono ormai centinaia i cani avvelenati nei loro recinti e sempre pochi giorni prima dell'apertura della caccia. Un minuscolo Kosovo per figli di un dio minore del quale sarebbe indecente parlare con toni troppo striduli, visti i ripugnanti silenzi su tante stragi di persone. Ma sul quale non è giusto tacere visto che tra le stragi di persone e certe mattanze di bestie un denominatore comune c'è ed è quello sparo, quello schianto secco che rompe il silenzio e viene a chiamarti in strada, nel campo, nella selva, per dirti che un uomo col fucile ha voluto dare la morte. Che c'è qualcosa da raccogliere, là fuori

Non so piu che dire, adesso. Se non che Oreste, Nullo, La Bianchina e Lene meritavano di invecchiare. Che mi sento civile tra gli incivili, aperto tra i chiusi, sorridente tra i ringhiosi, e questo non solo non mi consola, ma mi dà dispiacere e solitudine, perché tutti siamo nati per vivere in branco. Infine che sono stanco di raccontare ai bambini la favola dei quattro gatti che sono andati a sposarsi lontano. Quando toccherà al prossimo, porterò almeno la bimba più grande a vederlo perché è giusto che sappia quanto stupidi, vigliacchi e miseri possono essere gli uomini. Poi certo sara più difficile convincerla a rispettare comunque gli irrispettosi.

I bambini, tutti i bambini odiano i cacciatori. Ai cacciatori almeno questo dovrebbe importare qualcosa. Dovrebbero dolersene, perché se non gliene frega nulla dei gatti del «dottore», molto dovrebbe toccarli il dolore dei piccoli, che è natura, natura libera e non ancora derubata del suo stupore. Che ancora trasalisce agli spari, inconsolabile prima di avvezzarsi, come noi adulti alla crudeltà e alla morte.

MICHELE SERRA
 

cyberphal

Giardinauta Senior
Mio padre era un cacciatore, ma fortunatamente ora non lo è più e va solo in cerca di funghi. Non ha mai sparato a gatti, passerotti, minuscoli uccellini o animaletti simili. Se lo avesse fatto, credo che avrei detto "era" mio padre. Invece, per fortuna, posso dire "era" un cacciatore.
 

federica78

Aspirante Giardinauta
purtroppo al giorno d'oggi abbiamo tante cose ma in realtà non abbiamo niente, non siamo padroni nemmeno dei "nostri" terreni ... io abito in campagna e più di una volta mi sono ritrovata i farabutti in casa, ma purtroppo per loro io non sono tollerante come il signore della lettera , sono un pò dispettosa!!!qui da noi poco tempo fà c'è stato un omicidio suicidio per ragioni passionali...... sono morti due infami e sebbene la donna ,causa di tutto ciò sia stata dipinta nel peggiore dei modi ,io la amo ne ha fatti fuori 2 in un colpo solo......SANTA CLARA!
 

*ALE*

Apprendista Florello
Lettera del Capo Indiano Seathl al Presidente degli Stati Uniti d'America[Dopo che il Governo degli Stati Uniti aveva espresso l'intenzione diacquisire il territorio della Tribú Duwamish, nell'odierno Stato diWashington, il Capo Indiano Seathl scrisse la seguente lettera alPresidente nordamericano Franklin Pierce, nel 1855.]Il Grande Capo di Washington ci informa che desidera comprare la nostraterra. Il Grande Capo ci ha anche rassicurato circa la sua amicizia ebenevolenza nei nostri confronti. Questo é gentile da parte sua, perché noisappiamo che non necessita della nostra amicizia. Peró rifletteremo sullatua offerta, perché sappiamo che se non lo facciamo, l'uomo bianco verrácon le armi e si prenderá la nostra terra. Il Grande Capo in Washington puóconfidare in quello che il Capo Seathl dice, con la stessa certezza con laquale i nostri fratelli bianchi possono confidare nell'alternanza dellestagioni durante gli anni. La mia parola é come le stelle, esse nonimpallidiscono.Come potete comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Quest'ideaci é estranea. Noi non siamo padroni della purezza dell'aria o dellospendore dell'acqua. Come potete allora comprarli da noi? Decidiamo solosul nostro tempo. Questa terra é sacra per il mio popolo. Ogni fogliarilucente, tutte le spiaggie di fine sabbia, ogni velo di nebbia nelleforeste scure, ogni bagliore di luce e tutti gli insetti che vibrano sonosacri nelle tradizioni e nella coscienza del mio popolo.Sappiamo che l'uomo bianco non comprende il nostro modo di vita. Per lui,una zolla di terra é uguale all'altra. Perché egli é un estraneo che vienedi notte e ruba dalla terra tutto quello di cui necessita. La terra non ésua sorella, semmai sua amica, e dopo averla esaurita, lui va via.Lascia dietro di sé la tomba di suo padre, senza rimorsi di coscienza. Rubala terra dei suoi figli. Non rispetta. Scorda la sepoltura dei suoiantenati e il diritto dei propri figli. La sua sete di possesso impoverirála terra e lascerá dietro di sé i deserti. La vista delle tue cittá é untormento per gli occhi del pellerossa, un selvaggio che non capisce niente.Non si puó incontrare la pace nelle cittá dell'uomo bianco. Né un luogodove si possa udire lo sbocciare delle foglie in primavera o il tintinnaredelle ali degli insetti. Forse per il fatto di essere un selvaggio che noncapisce niente, il fracasso delle cittá é per me un affronto alle orecchie.E che specie di vita é quella in cui l'uomo non puó udire la voce del corvonotturno o il dialogare dei rospi nella laguna, di notte?Un indio preferisce il soave sussurro della brezza sullo specchio d'acquaed il proprio odore del vento, purificato dalla pioggia di meggiogiorno edall'aroma dei pini. L'aria é preziosa per il pellerossa. Perché tutti gliesseri viventi respirano la stessa aria: animali, alberi, uomini. Non pareche l'uomo bianco si interessi all'aria che respira. Come un moribondo eglié insensibile al cattivo odore.Se io mi decidessi ad accettare, imporrei una condizione: l'uomo biancodeve trattare gli animali come se fossero suoi fratelli. Io sono unselvaggio e non capisco che possa essere certo in un'altra forma. Ho vistomigliaia di bisonti imputridendo nelle praterie, abbandonati dall'uomobianco che li abbatteva con tiri di fucile sparati dai treni in corsa. Sonoun selvaggio e non capisco come un fumoso cavallo di ferro possa aver piúvalore di un bisonte che noi, gli indiani, uccidiamo solo per sostenere lanostra propria vita.Che cos'é l'uomo senza gli animali? Se tutti gli animali non esistesseropiú, gli uomini morirebbero di solitudine spirituale, perché tutto quelloche succede agli animali puó attingere anche gli uomini. Tutto sirelaziona. Tutto quello che ferisce la terra, ferisce anche i figli dellaterra.I nostri figli vedranno i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostriguerrieri soccombono sotto il peso della vergogna. E dopo la sconfittapassano il tempo in ozio, avvelenando il loro corpo con alimenti, dolci ebevande ardenti. Non ha molta importanza dove passeremo i nostri ultimigiorni: non sono molti. Alcune ore in piú, forse solo qualche inverno, enessuno dei figli delle grandi tribú che vissero in questa terra o chehanno vagato in piccole bande nei boschi, resterá per piangere sulle tombe,un popolo che un giorno fu tanto potente e pieno di fede in sé come ilnostro.Una cosa sappiamo che l'uomo bianco forse un giorno scoprirá: il nostro Dioé lo stesso Dio. Egli pensa forse che lo puó possedere alla stessa manieradi come desidera possedere la nostra terra. Ma non puó. Egli é Diodell'umanitá intera. E vuol bene ugualmente al pellerossa come all'uomobianco. La terra é amata da Lui. E causare danno alla terra significadimostrare disprezzo al suo creatore. Anche l'uomo bianco scomparirá, forsepiú in fretta delle altre razze. Continua inquinando il tuo proprio letto emorirai una notte, soffocato dai tuoi propri rifiuti! Dopo aver abbattutol'ultimo bisonte e domato tutti i cavalli selvaggi, quando i boschimisteriosi puzzeranno di gente e le ripide colline si riempiranno divociferanti donne, cosa resterá delle savane? Non esisteranno piú. E leaquile? Saranno andate via. Rimarrá solo di dire addio alla rondine dellatorre e alla caccia della fine della vita e comincerá la lotta persopravvivere.Forse capiremmo, se conoscessimo con che sogna l'uomo bianco, se sapessimoquali speranze trasmette ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, qualiprospettive di futuro offre alla sua mente perché possa formare i desideriper il giorno di domani. Ma noi siamo selvaggi. I sogni dell'uomo biancosono occulti per noi. E siccome sono occulti, dobbiamo scegliere il nostrocammino. Se acconsentissimo, sarebbe per garantire le riserve che ciprometteste. Lá, forse, potremmo vivere i nostri ultimi giorni come noidesideriamo.Dopo che l'ultimo pellerossa sia partito ed il suo ricordo non sia piú chel'ombra di una nuvola che passa sulle praterie, l'anima del mio popolocontinuerá a vivere in queste foreste e spiagge perché noi le amiamo comeun neonato ama il battito del cuore della sua mamma. Se ti venderemo lanostra terra, amala come noi la amavamo. Proteggila come noi laproteggiamo. Non ti scordare mai come era la terra quando ne prendestipossesso. E con tutta la tua forza ed il tuo potere, e tutto il tuo cuore,conservala per i tuoi figli. Una cosa sappiamo: il nostro Dio é lo stessoDio. Questa terra é amata da Lui. Neanche l'uomo bianco puó evitare ilnostro comune destino.
 

gigino67

Florello Senior
la notte del 14 agosto di molti anni fa'.....mi hanno ucciso 2 gatti siamesi ( puccio e pallino) due esemplari stupendi ......li hanno impallinati e secondo me scambiati per conigli.

Me li hanno fatti trovare sul ciglio della strada tutti storti con i rivoli di sangue .
Non mi vergogno a dirlo.....ma e' stato il giorno di ferragosto piu' brutto per la mia famiglia.....abbiamo pianto tutti....e ancora oggi a distanza di anni a volte pensiamo alla bellezza dei due micini.

BAS,TARDI CACCIATORI....IMPALLINATEVI IL C.ULO.
 

ARIEL28

Esperta Sezz. Orchidee
la notte del 14 agosto di molti anni fa'.....mi hanno ucciso 2 gatti siamesi ( puccio e pallino) due esemplari stupendi ......li hanno impallinati e secondo me scambiati per conigli.

Me li hanno fatti trovare sul ciglio della strada tutti storti con i rivoli di sangue .
Non mi vergogno a dirlo.....ma e' stato il giorno di ferragosto piu' brutto per la mia famiglia.....abbiamo pianto tutti....e ancora oggi a distanza di anni a volte pensiamo alla bellezza dei due micini.

BAS,TARDI CACCIATORI....IMPALLINATEVI IL C.ULO.

Che storia triste Gigì! già non sopporto che uccidano gli uccellini, figuriamoci i gatti!! Altro che il cu.lo gli impallinerei!
 

Datura rosa

Guru Master Florello
Quando leggo queste cose mi sento montare una rabbia che sarei capace di fare qualsiasi cose se li avessi tra le mani!!!!!!!!!!!!!!!
E' gente senza cuore, senza alcuna sensibilità e, forse, la punizione peggiore che si potrebbe chiedere al cielo per loro è che improvvisamente si sviluppi in loro una coscienza, realizzino l'entità del male che hanno fatto, del dolore che hanno arrecato e si rivelino a loro stessi per le bestie che sono (sempre chidendo perdono alle bestie).
La scorsa primavera da me sono scomparsi dall'oggi al domani cinque mici tra cui il mio Pelouche e ancora stiamo maledicendo il responsabile. Non è infatti possibile che cinque miciotti spariscano così, tutti insieme.
 

Sirethar

Giardinauta Senior
Diciamo che io farei un po' di atti di vandalismo ai danni delle proprietà dei pezzi di letame umani che sparano ad animali indifesi.
Tipo danni alle loro auto, vetri delle finestre, etc...
So benissimo che sarebbe una magra consolazione. ma non posso perdonare cose del genere.
 

federica78

Aspirante Giardinauta
Diciamo che io farei un po' di atti di vandalismo ai danni delle proprietà dei pezzi di letame umani che sparano ad animali indifesi.
Tipo danni alle loro auto, vetri delle finestre, etc...
So benissimo che sarebbe una magra consolazione. ma non posso perdonare cose del genere.

è brutto da dirsi ma io sono d'accordo con te..... sarà pure una magra consolazione ma quanto meno sono sicura che ai pezzi di letame umano non farebbe piacere....tanto a certa gente fai più male se metti mano al portafoglio che altro perchè al posto del cuore hanno un cilindro fecale manco in pezzo di ghiaggio! cat:
 
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