Vorrei premettere, prima di iniziare questa discussione, che potrei avere delle difficoltà a mettere per iscritto il mio pensiero, in quanto cercherò di spiegarmi sulla base di alcune riflessioni che ho fatto tempo fa, insieme ad alcuni amici. In quella occasione il tema della discussione era il perdono, con dei riferimenti all'amore.
Quello che mi spinse alla riflessione riguardava appunto la relazione fra l'amore e il perdono.
Diceva il piu' eclettico degli amici, che l'uomo che ama colui che gli fa del bene non ha fatto nulla di speciale, così come non fa nulla di speciale colui che perdona la persona che chiede sinceramente pentita il perdono.
Grande è invece colui che riesce ad amare il proprio nemico, e a perdonare colui che continua a ferirlo.
A questo punto, di fronte a tutte queste belle parole mi è venuta in mente una relazione con Dio e l'inferno o il paradiso.
Mi spiego subito, condizio sine qua non della redenzione è il pentimento, il sincero pentimento per i propri peccati. Non per niente il peccato senza perdono è il suicidio, in quanto chi lo commette non ha la possibilità di pentirsene subito dopo.
In questo senso quindi è chiaro che per potersi meritare il regno dei cieli e l'eternità a fianco a Dio è necessario essere sinceramente pentiti per i propri peccati.
E' evidente quindi che il perdono di Dio si ottiene solo con il proprio pentimento, con una presa di coscienza per i propri peccati.
Lo stesso metro non si usa quando si dice all'uomo di perdonare i propri nemici anche se questi continuano a ferirlo, e di amarli anche se essi gli fanno del male.
Tutto questo non è contraddittorio? Come può l'uomo, essere imperfetto, dover perdonare senza il pentimento di colui che ha sbagliato, mentre Dio appunto non perdona senza pentimento e destina all'inferno le anime che non fanno una presa di coscienza?
Chiaro che questa mia riflessione non ha nessun intento polemico, è solo un tentativo di comprendere quella che a mio avviso è una forte incongruenza....
Cosa ne pensate?
Quello che mi spinse alla riflessione riguardava appunto la relazione fra l'amore e il perdono.
Diceva il piu' eclettico degli amici, che l'uomo che ama colui che gli fa del bene non ha fatto nulla di speciale, così come non fa nulla di speciale colui che perdona la persona che chiede sinceramente pentita il perdono.
Grande è invece colui che riesce ad amare il proprio nemico, e a perdonare colui che continua a ferirlo.
A questo punto, di fronte a tutte queste belle parole mi è venuta in mente una relazione con Dio e l'inferno o il paradiso.
Mi spiego subito, condizio sine qua non della redenzione è il pentimento, il sincero pentimento per i propri peccati. Non per niente il peccato senza perdono è il suicidio, in quanto chi lo commette non ha la possibilità di pentirsene subito dopo.
In questo senso quindi è chiaro che per potersi meritare il regno dei cieli e l'eternità a fianco a Dio è necessario essere sinceramente pentiti per i propri peccati.
E' evidente quindi che il perdono di Dio si ottiene solo con il proprio pentimento, con una presa di coscienza per i propri peccati.
Lo stesso metro non si usa quando si dice all'uomo di perdonare i propri nemici anche se questi continuano a ferirlo, e di amarli anche se essi gli fanno del male.
Tutto questo non è contraddittorio? Come può l'uomo, essere imperfetto, dover perdonare senza il pentimento di colui che ha sbagliato, mentre Dio appunto non perdona senza pentimento e destina all'inferno le anime che non fanno una presa di coscienza?
Chiaro che questa mia riflessione non ha nessun intento polemico, è solo un tentativo di comprendere quella che a mio avviso è una forte incongruenza....
Cosa ne pensate?