carne
Florello Senior
Colgo l’invito di daria e apro la discussione sul libro La Montagna Incantata di Thomas Mann.
Non sarà possibile andare in parallelo con la lettura del libro avendo ognuno tempi diversi quindi suggerirei di scrivere quello che il libro ci dà quando abbiamo qualcosa da dire e se i pezzi più salienti saranno condivisi bene, in caso contrario si apprenderanno spunti diversi e per coloro che l'hanno già letto se vorranno ricorderanno i vari passaggi attraverso le nostre impressioni.
Il libro inizia col viaggio del protagonista Castorp, (brano interamente tratto dal libro) viaggio che allontana l’uomo dalle sue radici, dal mondo di tutti i giorni, da quelli che lui considerava doveri, interessi, affanni, previsioni, assai più di quanto non abbia immaginato mentre la carrozza lo portava alla stazione. Lo spazio che rotando e fuggendo si dipana tra lui e la sua residenza sviluppa forze che di solito si credono riservate al tempo; di ora in ora provoca mutamenti interiori molto simili a quelli attuati dal tempo, che però in certo modo li superano. Come quest’ultimo, esso genera oblio, ma lo fa staccando la persona dai suoi rapporti e traportando l’uomo in una libertà originaria…anzi, trasforma in un baleno persino il pedante borghese in una specie di vagabondo. Il tempo, si dice, è oblio; ma anche l’aria delle lontananze è un filtro dello stesso genere e se anche dovesse agire meno a fondo, in compenso lo fa con maggior velocità.
Bello ed elegante questo paragone del viaggio con il tempo, entrambi portano all’oblio, ci distaccano da qualcosa.
Non sarà possibile andare in parallelo con la lettura del libro avendo ognuno tempi diversi quindi suggerirei di scrivere quello che il libro ci dà quando abbiamo qualcosa da dire e se i pezzi più salienti saranno condivisi bene, in caso contrario si apprenderanno spunti diversi e per coloro che l'hanno già letto se vorranno ricorderanno i vari passaggi attraverso le nostre impressioni.
Il libro inizia col viaggio del protagonista Castorp, (brano interamente tratto dal libro) viaggio che allontana l’uomo dalle sue radici, dal mondo di tutti i giorni, da quelli che lui considerava doveri, interessi, affanni, previsioni, assai più di quanto non abbia immaginato mentre la carrozza lo portava alla stazione. Lo spazio che rotando e fuggendo si dipana tra lui e la sua residenza sviluppa forze che di solito si credono riservate al tempo; di ora in ora provoca mutamenti interiori molto simili a quelli attuati dal tempo, che però in certo modo li superano. Come quest’ultimo, esso genera oblio, ma lo fa staccando la persona dai suoi rapporti e traportando l’uomo in una libertà originaria…anzi, trasforma in un baleno persino il pedante borghese in una specie di vagabondo. Il tempo, si dice, è oblio; ma anche l’aria delle lontananze è un filtro dello stesso genere e se anche dovesse agire meno a fondo, in compenso lo fa con maggior velocità.
Bello ed elegante questo paragone del viaggio con il tempo, entrambi portano all’oblio, ci distaccano da qualcosa.