LucaXY
Master Florello
I ricercatori dell’Agricultural Research Service hanno individuato un ibrido di patata non OGM resistente agli insetti patogeni. A dimostrazione di come grazie alla biodiversità delle colture sia possibile aumentare le produzioni e ridurre il rischio di perdere il raccolto, senza ricorrere all’uso massiccio di agrofarmarci.
La ricerca sul miglioramento genetico ha permesso ai genetisti dell’Agricultural Research Service, negli Stati Uniti, di individuare e di incrociare le proprietà di resistenza agli insetti nocivi di due patate selvatiche dell’America del sud (Solanum berthaultii e S. etuberosum) con quella che assicura la commestibilità e che è propria della patata convenzionale.
I ricercatori hanno scoperto che i parassiti e gli elateridi (coleotteri) non sono attratti dal sapore di queste varietà di tubero proprio perché contengono naturalmente una sostanza repellente che le tiene lontane. Per questo motivo, l’incrocio tra i due tuberi selvatici e la comune patata ha permesso di creare una 'superpatata' inattaccabile, che è in grado di difendere il mercato di questo prodotto.
Questo esperimento dimostra come grazie alla biodiversità e alla diversità genetica delle colture sia possibile aumentare le produzioni e ridurre il rischio di perdere il raccolto, senza ricorrere all’uso massiccio di agrofarmarci.
Ma la scoperta rappresenta anche un vantaggio economico per i produttori e i consumatori finali, perché la coltivazione di questa patata prevedendo un ridotto impiego di input chimici fa scendere i costi di produzione, con una possibile riduzione del prezzo finale del prodotto.
La strada del miglioramento genetico e l’adozione di tecniche agronomiche e di produzione più sostenibili, come la lotta integrata o il biologico, danno l’opportunità di raggiungere un duplice obiettivo: sul piano ambientale di ridurre il rilascio di residui chimici nei suoli, acqua e alimenti e poi di ridurre i costi di produzione per l’acquisto di prodotti fitosanitari con evidenti vantaggi per i piccoli produttori.
Non è un caso, infatti, che ci sia un interesse crescente verso metodi di produzione più sostenibili come l’agricoltura biologica e la lotta integrata. Nonostante la crisi economica, in Italia, non solo le superfici agricole dedicate alle colture biologiche sono aumentate, ma continua a crescere il desiderio dei cittadini di portare sulle tavole prodotti sani e di qualità certificata.
Sempre più cittadini, infatti, si dicono disposti a pagare anche qualche euro in più per un prodotto di qualità, e cresce l’interesse verso quei canali di vendita, ad esempio i gruppi di acquisto solidale (Gas) o i mercati contadini, dove il contatto diretto col produttore permette di raccogliere informazioni, direttamente alla fonte, sulle tecniche di produzione che sono adottate o sulla provenienza delle materie prime.
L’agricoltura ha fatto sicuramente dei grandi passi in avanti sul piano dell’innovazione tecnologica con l’obiettivo di garantire la quantità e la qualità delle produzioni, come pure la trasparenza delle filiere. Ma molto ancora occorre fare per garantire un’agricoltura più sostenibile e che riduce le possibili fonti di rischio di inquinamento ambientale. In questo senso, la riduzione degli input chimici dovrebbe divenire uno degli obiettivi prioritari, da trasformare in una misura concreta ed efficace.
La ricerca sul miglioramento genetico ha permesso ai genetisti dell’Agricultural Research Service, negli Stati Uniti, di individuare e di incrociare le proprietà di resistenza agli insetti nocivi di due patate selvatiche dell’America del sud (Solanum berthaultii e S. etuberosum) con quella che assicura la commestibilità e che è propria della patata convenzionale.
I ricercatori hanno scoperto che i parassiti e gli elateridi (coleotteri) non sono attratti dal sapore di queste varietà di tubero proprio perché contengono naturalmente una sostanza repellente che le tiene lontane. Per questo motivo, l’incrocio tra i due tuberi selvatici e la comune patata ha permesso di creare una 'superpatata' inattaccabile, che è in grado di difendere il mercato di questo prodotto.
Questo esperimento dimostra come grazie alla biodiversità e alla diversità genetica delle colture sia possibile aumentare le produzioni e ridurre il rischio di perdere il raccolto, senza ricorrere all’uso massiccio di agrofarmarci.
Ma la scoperta rappresenta anche un vantaggio economico per i produttori e i consumatori finali, perché la coltivazione di questa patata prevedendo un ridotto impiego di input chimici fa scendere i costi di produzione, con una possibile riduzione del prezzo finale del prodotto.
La strada del miglioramento genetico e l’adozione di tecniche agronomiche e di produzione più sostenibili, come la lotta integrata o il biologico, danno l’opportunità di raggiungere un duplice obiettivo: sul piano ambientale di ridurre il rilascio di residui chimici nei suoli, acqua e alimenti e poi di ridurre i costi di produzione per l’acquisto di prodotti fitosanitari con evidenti vantaggi per i piccoli produttori.
Non è un caso, infatti, che ci sia un interesse crescente verso metodi di produzione più sostenibili come l’agricoltura biologica e la lotta integrata. Nonostante la crisi economica, in Italia, non solo le superfici agricole dedicate alle colture biologiche sono aumentate, ma continua a crescere il desiderio dei cittadini di portare sulle tavole prodotti sani e di qualità certificata.
Sempre più cittadini, infatti, si dicono disposti a pagare anche qualche euro in più per un prodotto di qualità, e cresce l’interesse verso quei canali di vendita, ad esempio i gruppi di acquisto solidale (Gas) o i mercati contadini, dove il contatto diretto col produttore permette di raccogliere informazioni, direttamente alla fonte, sulle tecniche di produzione che sono adottate o sulla provenienza delle materie prime.
L’agricoltura ha fatto sicuramente dei grandi passi in avanti sul piano dell’innovazione tecnologica con l’obiettivo di garantire la quantità e la qualità delle produzioni, come pure la trasparenza delle filiere. Ma molto ancora occorre fare per garantire un’agricoltura più sostenibile e che riduce le possibili fonti di rischio di inquinamento ambientale. In questo senso, la riduzione degli input chimici dovrebbe divenire uno degli obiettivi prioritari, da trasformare in una misura concreta ed efficace.