@sasiks A proposito di banani...
Storia del piccolo Banano nano, al secolo Musa tropicana.
Di come fatalmente fu sottratto alla sua dimora e che a causa di un amore insano ci lasciò le foglie.
Il piccolo banano fu mio il 23 settembre, anno di grazia duemila e venti.
Ebbe vita spensierata finché fu ospite dello stimato Giardiniere Tal dei tali, alla luce fioca, ma ponderata, di uno dei rinomati padiglioni del mercante.
Strettamente contiguo ad altri simili sull'umido ripiano del vivaio, sfoggiò, col fiero portamento, le foglie lucenti e rigogliose. La sua opulenza in mezzo agli altri mi fece optare per la scelta.
Lo scelsi, quindi, fra tutti i mille esposti già edotta sulle di lui necessità salienti.
Pianta tropicale, mmh....
Ombra luminosa, mmmh...
Ambiente umido, mmmmh...
"Sí!" esclamai "Ce la farò!! Sopravviverà all'inverno perché io già l'amo, quindi si innamorerà di me!!!"
L'illusione di un amore corrisposto provoca di tali scherzi.
Al secondo giorno decisi di farlo star più comodo che nel misero vasetto dozzinale del vivaio in cui alloggiava. Dopo aver aperto con dita delicate quella coltre infame ed asfissiante che si chiama torba ed averne sfilato qualche fiocco, feci respirare le radici e lo adagiai su un letto di terriccio più consono alla sua natura, dentro ad un vaso tutto nuovo e più spazioso.
Successivamente lo collocai nello "studiolo del filosofo", sulla lavatrice, di fronte al trono, di fianco alla finestra, così che, ogni volta che necessitavo meditare sul senso della vita, potessi ammirarne la sontuosa bellezza, dispensando mille carezze e dolci parole.
Ancora mi chiedo perché non sembrò gradire le mie attenzioni... Al nono giorno dal rinvaso le foglie pendevano languidamente. Era palesemente affranto e mi chiedevo cosa gli mancasse. Aveva tutto! Una nuova casa, un ambiente confortevole, tanto amore...!
Urgeva una manovra di comprensione dell'arcano, così svasai il diletto e, per esplorarne i sensi più profondi , lo liberai quasi completamente della torba umida scoprendo le radici. Si presentavano ben fatte e linde. Si...qualche lieve seccume appena, nulla che denotasse cupi pensieri.
Lo avvolsi amorevolmente nella composta nuova e tagliai le foglie agonizzanti, sperando di rivedere presto il suo sorriso.
Il 10 di ottobre di quell'anno infausto una profonda depressione lo aveva trasformato nell'ombra di se stesso. Lo stelo assottigliato dall'inappetenza sosteneva a stento due sparute foglie, di cui una sul finire dei suoi giorni.
Trascorsero altri 15 giorni, che non conducendo agli esiti da me agognati, mi indussero al desiderio di penetrare nella sua più intima essenza. Volli scoprire ogni anfratto, ogni piega dell'animo suo: denudai le radici lavando via anche la più piccola parte di immondo sudiciume che ne corrompeva la sostanza.
Ma il Maligno aveva già ordito la sua trama, poiché tanta parte dei gangli vitali era perita, ridotta ad un ammasso di fibre svuotate e imputridite. L'avevo forse irrigato troppo con l'eccesso del mio amore? Non so dirlo... Il libro di memorie di quei giorni non registra alcunché riguardo a questo.
Recisioni drastiche e accurate dovetti praticare nell'estremo tentativo di debellare il cancro, allorché fu chiaro che il nido precedente ormai era eccessivo. Datosi che le radici sane dell'amato si erano ridotte alla metà, gli diedi alloggio in vaso 13, ovverosia di 7 misure più piccino.
Il tempo passava e nulla pareva cambiare, se non nel peggiore dei modi. Senza indulgenza alcuna per la passione che mi travolgeva, l'adorato ingrato bene, rimaneva chiuso in un atteggiamento di disprezzo denso e afflitto, presagio di una sciagurata malasorte.
Versai fiumi di lacrime, giurai eterna dedizione, mi umiliai in ginocchio al suo cospetto. Nulla lo inteneriva... O almeno così sembrò fino alla data memorabile dell'11 dicembre, giorno in cui l'unica fogliolina scampata allo sterminio, arrotolata da quel dì, mi parve lievemente raddrizzata e un po' cresciuta.
Il 29 di quel mese ne fui certa: la foglia aveva cominciato il suo cammino per aprirsi... ed il Banano per accogliere la potenza del mio amore!
Da allora fu un crescendo, lento ma costante, tanto che a febbraio dell'anno successivo era dotato di tre o quattro foglioline splendide e nuove, per non parlare dei giovani virgulti che facevano capolino tutt'attorno.
Ero felice!
Appena Primavera si decise a far la sua stagione, fu orgogliosamente e stabilmente fuori a prender l'aria fresca e il tiepido sole per qualche ora la mattina.
Tutto stimavo andasse per il meglio: il Banano, conquistato dal mio intenso sentimento, mostrava ricambiare con lo splendido sorriso.
Ma il destino avverso era in agguato.
Quella Primavera fu piovosa e ballerina, correnti inaspettate nelle notti fredde sfuggirono alla previsione e al mio controllo col triste risultato di procurar piccole macchie nere sulle tenere foglie. Quello fu il motivo? O fu una malattia?
Con foga febbrile consultai il Grande Libro della Rete che però non prodigò risposte certe e inoppugnabili... Rimasi dunque con quell'atroce dubbio. Era il 17 maggio.
Impercettibilmente da quel dì, giorno per giorno, tutto precipitò. La malattia avanzava inesorabile senza che le disperate cure sortissero un effetto: il Banano sofferente si piegava su se stesso e l'inedia se ne impossessò.
Indifferente ad ogni evento, al sole, all'aria, alla vita sua e d'intorno, all'amor mio....mi stava abbandonando! Dopo avermi ceduta all'illusione di un'imminente vita insieme, senza nemmeno dirmi grazie o che infine ricambiava lo smisurato amore che gli avevo dedicato, se ne andava...
Il rito funebre si svolse la mattina del 16 di luglio duemila venti e uno.
Estrassi il corpicino smunto dalla terra e piansi sulle piccole radici vizze e nere. Rivolsi una preghiera al Dio dei Prati Verdi, lo avvolsi in un sudario di carta di giornale e lo coricai sul letto di rifiuti per l'ultimo suo viaggio verso la Discarica Eterna ed Infinita.
Miei pazientissimi ed illustrissimi lettori, da quei giorni di tragiche esperienze trassi severi insegnamenti: che non puoi tener recluso un essere vivente in una gabbia d'oro con la speranza che si dimentichi del mondo a cui appartiene. Che non puoi agognare l'amor suo se sta legato ad un metro di catena. Che non puoi ottenere gli ambíti suoi sospiri se l'aria intorno per lui è greve.
Or lo comprendo, solo ora lo capisco... Un grande amore che non ha corrispondenza provoca di tali scherzi.
Dopo quel lutto ogni tanto mi aggrada di tornare dallo stimato Giardiniere Tal dei Tali, il mio sguardo corre a quel bancone, mi sembra quasi di vederlo, il mio piccolo Banano. Ma è soltanto un inganno della mente.
So già che prima o poi ne troverò degli altri: tanti piccoli banani bisognosi, tutti in fila a mostrar le grasse foglie alla maniera di schiette meretrici. So già che mi conquisteranno, ed uno solo in particolare. Perché "La stagione dell'amore tornerà con le paure e le scommesse, questa volta quanto durerà?... Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore... " come mirabilmente declamò il poeta canterino.
Ebbene si: il piccolo Banano prossimo si innamorerà di me!!
Io già sento che l'amo..........