Sono sempre stata accanto alla Natura, sin da piccolissima, quando mio zio ogni fine settimana, mi veniva a prendere per portarmi in campeggio con lui, in campagna, ma a filo di mare.
Ho sempre avuto un rapporto fortemetne 'empatico', ma non avevo mai coltivato piante, non ero mai intervenuta su di loro, non ne sentivo il richiamo.
Poi, un giorno quì, guardando la landa desolata, piena di una giugla polverosa, ammassata, a lottare una contro l'altra per sopravvivere, per arrivare alla luce e al sole, su una terra compatta, asfittica simile all'asfalto, mi portò a voler fare un minimo di pulizia ed in genere, quando prendo possesso di qualcosa, faccio sempre pulizia di quel che era o vi era stato prima.
Così, partii da quel che mi vene più naturale pensare, il suolo.
140 metri quadri circa bonificati quasi completamente a suon di zappa, pale, rovesci e aggiunte di ammendanti, per metri di profondità.
Argilla espansa, torba e sabbia, sebbene mi fù detto che questi due elementi poco si aggregano e si miscelano con suoli argillosi.
Non sò quanti sacchi di stallatico ho immesso, ma sono tanti, tantissimi.
Mentre tutto ciò era in atto, quando ero dentro la terra, nei solchi, fino al seno e a volte di più, eliminando sassi molto grandi, mi resi conto una mattina presto, del silenzio che governava fuori, ma soprattutto dentro di me.
E nel momento in cui me ne resi conto fù una scoperta meravigliosa anche se, mi rendevo conto che soffermandomi su quella sensazione, l'avevo anche persa.
Ma mi innamorai, mi innamorai del contatto con la terra, con il suo umido, con il suo buio, con la vita che aveva in sè, fatta di esseri che non avevo mai visto e mai così da vicino.
Mi innamorai e per la prima volta nella vita mi sentii davvero contenuta e davvero in pace.
E mentre scavavom più spesso con le mani nude che con attrezzi e rigiravo quella materia apparentemente inerte, potevo sentire tutto senza essere concentrata in niente.
Il canto di una cinciarella, il gorgolio continuo del fiume, il gracchio delle anatre così come il ronzio, di api, vespe, calabroni.
I miei occhi che vedevano per la prima volta una realtà prima davvero appresa, studiata, ma mai realmente incontrata, libellule azzurro-verdi, i colori reali dei calabroni neri, dalla testa che brillava di blu.
E tutto questo mi entrò dentro e seppi che non ne avrei mai più potuto fare a meno, un po' come quando incontrai per la prima volta il mare, un battesimo, un'iniziazione, ma soprattutto la meta di ognuno, la gioia.
Io non ero più 'me', io vivevo e basta.
Così è iniziata, come sono arrivata ad amare le piante e a prendermi cura di loro, dipende poi da quelle 2 rose che erano lì, ht, stentate, impolverate e decrepite.
Dopo che misi mano al terreno, dopo pochissimi giorni queste 2 rose, improvvisamente inverdirono e divennero quasi belle, arrivando a fiorire copiosamente.
Avvertii come un grazie e un sospiro di sollievo, ma soprattutto quando rimisi piede in giardino, mi sembrò che l'aria era cambiata, come quando hai ripulito casa, dopo tanto che era rimasta chiusa.
Così è nata la mia passione, poi ho incontrato piante.
La mia prima pianta è stata la gardenia che ho tutt'oggi e così è trascorsa la mia vita con le piante fino ad oggi e che spero di non perdere mai, strada facendo.
Sono loro a chiamare me, senza schemi, senza progetti le porto a casa e poi la studio, un po' tecnicamente, ma poco e poi la osservo nei giorni.
In genere la prima cosa che faccio è cambiarle il vaso, così come io ho pulito casa prima di entrarci.