Waves
Master Florello
La gara è suddivisa in tre parti, e la prima viene definita tercio de varas. Il toro, appena entrato, spaesato e con aria indifferente, comincia a correre, apparentemente senza un senso, intorno all’arena. Entra così in scena il matador, che si scalda e “delizia” il pubblico con alcuni movimenti che ingannano il toro, con quest’ultimo che tenta invano di incornare il capote, un drappo rosa e arancio (solo successivamente verrà scambiato con il muleta, quello più famoso, rosso) sorretto dal torero.
Dopo qualche minuto di prese in giro al toro e conseguenti boati del pubblico, i protagonisti diventano i picadores, due uomini a cavallo, armati di una picca lunga 180 cm. Non appena il toro si accorge della presenza del suo simile, corre prepotentemente verso di lui, incornandolo e cercando di rovesciarlo. Il povero malcapitato, bendato e protetto da un’armatura trapuntata che protegge ventre e arti, non si accorge di ciò che succede. A questo punto i picadores, per placcare la forza del toro, conficcano più volte la picca nel dorso della bestia.
La legge spagnola del 4 aprile 1991 n. 10 (la cosiddetta Ley Nacional Taurina), che regola le corride, prevede che il toro venga colpito con tale arma alla base del morrillo, cioè nel muscolo del collo, almeno due volte. Il toro comincia ad accusare i colpi, perde sangue e resta leggermente tramortito.
In seguito, ha inizio la seconda fase, quella delle banderillas, nella quale i toreri “gregari” provocano, esclusivamente con i movimenti del proprio corpo, le cariche del toro. Dopo qualche minuto di “spettacolo”, in cui la folla si esalta se la fiera si batte con audacia e determinazione, il torero principale infilza l’animale con tre paia di banderillas, in una zona situata un po’ più indietro rispetto a quella colpita nella prima fase. Le banderillas sono asticciole lignee, lunghe 70 cm, coperte da nastri colorati di carta crespa e terminanti con un arpioncino in acciaio.
Tuttavia, non producono ferite immediatamente gravi per l’animale, la loro funzione, infatti, è quella di correggere eventuali difetti che il toro ha evidenziato, oppure quella di rivitalizzare il toro dopo l’impegnativa prova alla picca.
Nell’ultima parte del combattimento, il tercio de mulata, che prende il nome dal famoso drappo rosso maneggiato dal matador, le cariche del toro, sempre più stanco, si fanno brevi e meno decise; egli tiene la testa abbassata, perchè i picadores, gli uomini a cavallo, gli hanno danneggiato i muscoli del collo. Il loro compito è quello di mettere il toro in condizioni di inferiorità, costringendolo a tenere la testa abbassata perchè il torero possa conficcargli la spada tra le scapole, e raggiungere il cuore.
La Ley taurina prevede che il torero uccida il toro entro il decimo minuto del tercio de muleta: se cosÏ non fosse, ovvero se il torero avesse vibrato il colpo a vuoto, o raggiunto il toro in un punto non vitale, dall’alto degli spalti suonerebbe uno squillo di tromba per avvertire l’uomo che deve affrettarsi.
Se entro il tredicesimo minuto il toro è ancora vivo, suona un secondo squillo di avviso: il torero, a questo punto, usa di solito un estoque de descabellar, una spada più piccola con una sbarretta trasversale in prossimità della punta, per dare al toro, spesso già ferito a morte, il colpo di grazia.
Ovviamente un’uccisione di questo tipo sarebbe molto meno “gradita” agli spettatori, di quanto non accadrebbe se il torero stendesse lo sfortunato quadrupede al primo colpo. Se il matador non dovesse ucciderlo nemmeno questa volta, fallirà il suo compito, e il toro, moribondo ma vivo, verrà finito con un pugnale da uno dei peones. Il matador, però, sarà fischiato da tutta l’arena.
L’animale, una volta matato, viene agganciato e trainato via da alcuni cavalli. Se si è battuto con bravura e tenacia, il toro ormai esanime sarà trascinato tutt’intorno all’arena con grande velocità, altrimenti verrà portato via lentamente senza alcun “giro d’onore”. E in quest’ultimo caso, la folla, impietosa, fischierà a gran voce contro il povero animale.
Se, invece, il comportamento del toro in combattimento viene giudicato eccezionale (riconoscimento, per la verità, piuttosto raro), può accadere che si decida di salvargli la vita per farne un riproduttore, in modo che le sue caratteristiche passino alle future generazioni. Questo premio è chiamato indulto (grazia) e costituisce il massimo riconoscimento che un toro può ricevere. In questo caso, la stoccata viene solo simulata. La Ley taurina impone che questa venga eseguita con una banderilla, alla quale, di solito, viene spezzata la punta.
Ma l’aspetto che nel complesso, personalmente, mi ha più deluso, oltre alla violenza sui tori, le lance, il sangue o la morte, credo sia la totale indifferenza del pubblico che assiste e nel senso di “abitudine” che purtroppo si ingenera dopo la visione del terzo-quarto toro ammazzato. E che anch’io mi sono reso conto di aver provato.
Tuttavia, a scapito delle critiche, ci sono anche molte persone che ritengono la corrida giusta e comprensibile. C’è chi la definisce “una tradizione millenaria ininterrotta”, chi uno “spettacolo da salvaguardare”, o semplicemente “uno sport”.
Da http://www.massacritica.eu/la-corrida-spettacolo-di-morte-insostenibile/7601/
Ditemi che ne pensate e scusate la lungaggine, va da se che io sono assolutamente contraria
Dopo qualche minuto di prese in giro al toro e conseguenti boati del pubblico, i protagonisti diventano i picadores, due uomini a cavallo, armati di una picca lunga 180 cm. Non appena il toro si accorge della presenza del suo simile, corre prepotentemente verso di lui, incornandolo e cercando di rovesciarlo. Il povero malcapitato, bendato e protetto da un’armatura trapuntata che protegge ventre e arti, non si accorge di ciò che succede. A questo punto i picadores, per placcare la forza del toro, conficcano più volte la picca nel dorso della bestia.
La legge spagnola del 4 aprile 1991 n. 10 (la cosiddetta Ley Nacional Taurina), che regola le corride, prevede che il toro venga colpito con tale arma alla base del morrillo, cioè nel muscolo del collo, almeno due volte. Il toro comincia ad accusare i colpi, perde sangue e resta leggermente tramortito.
In seguito, ha inizio la seconda fase, quella delle banderillas, nella quale i toreri “gregari” provocano, esclusivamente con i movimenti del proprio corpo, le cariche del toro. Dopo qualche minuto di “spettacolo”, in cui la folla si esalta se la fiera si batte con audacia e determinazione, il torero principale infilza l’animale con tre paia di banderillas, in una zona situata un po’ più indietro rispetto a quella colpita nella prima fase. Le banderillas sono asticciole lignee, lunghe 70 cm, coperte da nastri colorati di carta crespa e terminanti con un arpioncino in acciaio.
Tuttavia, non producono ferite immediatamente gravi per l’animale, la loro funzione, infatti, è quella di correggere eventuali difetti che il toro ha evidenziato, oppure quella di rivitalizzare il toro dopo l’impegnativa prova alla picca.
Nell’ultima parte del combattimento, il tercio de mulata, che prende il nome dal famoso drappo rosso maneggiato dal matador, le cariche del toro, sempre più stanco, si fanno brevi e meno decise; egli tiene la testa abbassata, perchè i picadores, gli uomini a cavallo, gli hanno danneggiato i muscoli del collo. Il loro compito è quello di mettere il toro in condizioni di inferiorità, costringendolo a tenere la testa abbassata perchè il torero possa conficcargli la spada tra le scapole, e raggiungere il cuore.
La Ley taurina prevede che il torero uccida il toro entro il decimo minuto del tercio de muleta: se cosÏ non fosse, ovvero se il torero avesse vibrato il colpo a vuoto, o raggiunto il toro in un punto non vitale, dall’alto degli spalti suonerebbe uno squillo di tromba per avvertire l’uomo che deve affrettarsi.
Se entro il tredicesimo minuto il toro è ancora vivo, suona un secondo squillo di avviso: il torero, a questo punto, usa di solito un estoque de descabellar, una spada più piccola con una sbarretta trasversale in prossimità della punta, per dare al toro, spesso già ferito a morte, il colpo di grazia.
Ovviamente un’uccisione di questo tipo sarebbe molto meno “gradita” agli spettatori, di quanto non accadrebbe se il torero stendesse lo sfortunato quadrupede al primo colpo. Se il matador non dovesse ucciderlo nemmeno questa volta, fallirà il suo compito, e il toro, moribondo ma vivo, verrà finito con un pugnale da uno dei peones. Il matador, però, sarà fischiato da tutta l’arena.
L’animale, una volta matato, viene agganciato e trainato via da alcuni cavalli. Se si è battuto con bravura e tenacia, il toro ormai esanime sarà trascinato tutt’intorno all’arena con grande velocità, altrimenti verrà portato via lentamente senza alcun “giro d’onore”. E in quest’ultimo caso, la folla, impietosa, fischierà a gran voce contro il povero animale.
Se, invece, il comportamento del toro in combattimento viene giudicato eccezionale (riconoscimento, per la verità, piuttosto raro), può accadere che si decida di salvargli la vita per farne un riproduttore, in modo che le sue caratteristiche passino alle future generazioni. Questo premio è chiamato indulto (grazia) e costituisce il massimo riconoscimento che un toro può ricevere. In questo caso, la stoccata viene solo simulata. La Ley taurina impone che questa venga eseguita con una banderilla, alla quale, di solito, viene spezzata la punta.
Ma l’aspetto che nel complesso, personalmente, mi ha più deluso, oltre alla violenza sui tori, le lance, il sangue o la morte, credo sia la totale indifferenza del pubblico che assiste e nel senso di “abitudine” che purtroppo si ingenera dopo la visione del terzo-quarto toro ammazzato. E che anch’io mi sono reso conto di aver provato.
Tuttavia, a scapito delle critiche, ci sono anche molte persone che ritengono la corrida giusta e comprensibile. C’è chi la definisce “una tradizione millenaria ininterrotta”, chi uno “spettacolo da salvaguardare”, o semplicemente “uno sport”.
Da http://www.massacritica.eu/la-corrida-spettacolo-di-morte-insostenibile/7601/
Ditemi che ne pensate e scusate la lungaggine, va da se che io sono assolutamente contraria