Non voglio portare altra tristezza, ma io, a distanza di 10 anni, spesso guardo le foto della mia Desirèè, e fà presto l'essere a ricordare sulla carne viva quegli ultimi momenti, ma anche un ventennio di vita insieme e risgorgano le lacrime come fosse accaduto ieri.
Così, allo stesso modo, il ricordo è vivo, il rapporto con moltissimi amici andati, ancora presente, che fossero gatti, cani, uccellini o persone.
Forse c'è una ragione per cui, sovviene la rassegnazione ma non ci abbandona il dolore, forse la mente vuole trovare razione o spiegazioni suggestive, ma io preferisco credere che, questo, significa che sono con noi, uno per uno.
Che quel che abbiamo vissuto insieme in qualche modo si trasforma in quel che è ora e che l'amore, concreto, fianco a fianco, miagolio e parola umana, vita con vita, vinca su qualsiasi cosa.
Ci rimane il dolore, ci rimane il ricordo vivo e tenero e nel contempo ferente per la mancanza, che non lascia altro che vita, che permette l'esistenza nonostante la logica sia schiacciante.
A volte, mi succede di risentire il tocco, di udirne la voce, di sentire me stessa con tutti loro, come se io fossi espressione non solo di me stessa, ma una continuità terrena di ognuno di loro, seppure sono veramente tanti.
Quando vivevo con la famiglia paterna, negli anni le colonie di gatti son state veramente, ma veramente tante.
Da un unica capostipite di cui non faccio alcuna fatica a ricordarne fattezze e carattere e peculiarità, sono venuti alla luce moltissimi individui felini e così anche i cani, si sono susseguiti insieme spesso, a volte dandosi il cambio, ma non ne ho dimenticato nemmeno uno.
Sarei capace di scerivervi nome, carattere, e tutto il resto, di ognuno di loro.
Un anno, Ninì, la capostipite partorì a breve distanza e i cuccioli della prima nidiata, ormai grandi, avevano però l'abitudine di approffittare della madre ogni tanto e ciucciare ancora.
Ninì, dopo aver partorito, mangiò qualcosa di tossico e velenoso e fece una strage, tutta la nidiata di sei mesi e tutti i nuovi cucciolini, li trovammo uno per uno.
Ninì si salvò proprio grazie alla lattazione o almeno così disse il veterinario.
Nonostante l'oceano di dolore vissuto negli anni, accanto a queste meravigliose vite, la penso come Lobelia, la vita è dolore ed anche altro, ma accettando si ha comunque la possibilità di arricchire sè stessi e altri, di emozioni, di amore, di valore.
Tutto questo sconfigge la solitudine, annichilisce il nonsense, conta solo l'esperienza del contatto e della relazione fra esseri viventi, così diversi eppure capaci, quando v'è profondo rispetto, di comunicare oltre e di amarsi, oltre.
Il senso di colpa, non credo lo sia, è solo figlio della frustrazione nel sapere che la nostra azione è limitata e che non possiamo spesso sapere. Nessuno di noi vorrebbe mai rimanere a struggerci nel ricordo seppur dolcissimo e per tentare di non sentire tanta impotenza, poichè pensavamo e tendiamo a pensare che l'amore, il nostro amore, possa, debba arrivare in tempo e preservare, ci consoliamo con il senso di colpa.
Una reale consolazione, un modo per accettare, per spiegare a noi stessi che se l'amore non è arrivato in tempo, è perchè non eravamo mai abbastanza presenti, distratti, non abbastanza forti. Escludendo spesso, che la vita forse, semplicemente non ha permesso alcuna intromissione.
Eppure Silvia, forse la mia è solo ura illusione, autoconvincimento e mi prenderai per pazza, ma, soffrire per loro, di loro, a me dà alla morte un valore immenso, o meglio rende la morte combattuta e vinta con i suoi stessi mezzi. La sofferenza rende ancora vivo il nostro amore e il nostro rapporto con chi ci ha amati e che abbiamo amato, senza fermarci mai, nemmeno di fronte al buio.
Non credo che, un essere umano possa di più che dare la vita, dove apparentemente c'è la morte. Siamo in grado di non arrestarci alla sola dimensione terrena e tu sai, che sotto gli alberi, scompare solo un corpo, ma Juve è ancora con te e ci sarà per sempre, in altra dimensione, meno evidente, ma reale.