PREMESSA
L'esperienza che sto per presentare scaturisce dai miei innumerevoli tentativi di semplificare quanto più è possibile le operazioni di semina delle orchidee, e di consentirne la messa in pratica senza troppe attrezzature a livello amatoriale..
Voglio sottolineare che tali procedimenti possono essere utili per la semina casalinga, non certo per chi esegue professionalmente questo lavoro, che di certo sarà dotato di cappe con filtri Hepa e quindi tale esperienza risulterà certamente inutile e patetica.
Nozioni sulla propagazione delle orchidee
Com' è noto la germinazione delle orchidee in natura è strettamente legata alla presenza della micorrizza, grazie alla quale il seme delle orchidee, privo di endosperma, trae nutrimento dalle sostanze secrete da questo fungo alleato, fino a quando la neo piantina non riesce a fotosintetizzare.
Tutto questo non può essere riprodotto in cattività, per cui per fare germinare i semi delle orchidee dobbiamo ricorrere alla germinazione in vitro, fornendo al seme una serie di sostanze, compresi gli zuccheri, che sopperiscono alla mancanza della micorrizza.
Problematiche riscontrate della propagazione in vitro.
Il problema fondamentale è che proprio la presenza degli zuccheri favorisce lo sviluppo di colonie di muffe e di batteri, i quali aggrediscono sia il substrato e conseguentemente anche il seme e/o le giovani piantine.
Per ovviare a questo inconveniente, i contenitori e il substrato vengono sterilizzati prima di eseguire le operazione di semina ed ovviamente anche in fase di semina il tutto deve restare sterile.
Altro problema è quello relativo alla sterilizzazione dei semi.
Se la capsula che contiene i semi dell'orchidea è integra non c'è alcun bisogno di sterilizzare i semi, ma se la capsula si è aperta allora prima di procedere alla semina è necessario eseguire la sterilizzazione dei semi.
Sterilizzare i semi non è operazione semplice, poichè si deve ricorrere a delle sostanze chimiche come l'ipoclorito di sodio, o acqua ossigenata, e lasciare a contatto i semi per un certo periodo di tempo, fatto questo è necessario rimuovere queste sostanze sciacquando i semi con acqua sterile ed essendo i semi delle orchidee una sorta di polvere, capirete che risciacquare della polvere non è semplice.
Da qui la mia ricerca di soluzioni che rendessero queste fasi più snelle e semplici, senza rischiare che il tutto fallissse per piccoli errori ed io essere più comodo operando senza cappa sterile.
STERILIZZAZIONE GASSOSA, PROCEDIMENTO
Come è nata l'idea
Qualche tempo fa sul forum di orchidando alcuni di noi avevano mostrato dei ripicchettaggi effettuati in cappa sterile, e nonostante fossero stati condotti da persone diverse, presentavano un elemento in comune, ovvero alcune foglie si erano in un primo momento macchiate e poi sbiancate.
Prima di vedere quelle degli altri, avevo pensato che la mia pinza con cui avevo afferrato le piantine fosse bagnata di candeggina, ma poi Celtico (utente di orchidando), le cui piante presentavano lo stesso problema, lo escluse poichè lui prima di afferrarle aveva pulito l'attrezzo.
Convenimmo che quelle bruciature e sbiancature fossero dovute alle esalazioni di candeggina.
Questa cosa periodicamente mi ritornava in mente, fino a quando un giorno cominciai a pensare di utilizzare quello che avevamo osservato in maniera positiva, ovvero cominciai a chiedermi se quelle esalazioni che avevano bruciato alcune foglioline, potessero essere sufficienti a sterilizzare dei semi seminati su di un substrato agarizzato.
E, così, ormai la scintilla era avvenuta e mi misi alla ricerca di semi da poter utilizzare per questo esperimento.
In breve grazie ai numerosi amici dei forum fui a dir poco sommerso da svariati semi, generi di tutti i tipi:
Bletilla striata
Sophronitis coccinea
2 specie di aerangis
Restrepia
Spathoglottis
Chysis aurea
Cattleya forbesi
Masdevallia
Eulophia
Alcune di questi in quantità industriale, altre purtroppo in modiche quantità.
Era necessario spaziare con i vari generi e quantità per due motivi, capire la tolleranza dei miei trattamenti in base al genere, e avere la certezza che tra tutti questi semi ci fossero semi vitali.
Descrizione dell'esperienza:
L'esperimento voleva verificare se alcune sostanze gassose che vengono normalmente utilizzate per la sterilizzazione, nel nostro caso l'ipoclorito di sodio (contenuto nella normale candeggina) riuscisse ad uccidere le eventuali contaminazioni dei semi, dell'aria e della superficie a seguito di una semina avvenuta senza cappa sterile.
Mi spiego meglio
La normale candeggina contine circa il 5% di ipoclorito di sodio, l'ipoclorito di sodio è una sostanza a base di cloro, il cloro è un gas estremamente instabile con un alto potere sterilizzante, in pratica penetra nella membrana dei batteri e/o dei funghi e li uccide.
Come dicevo è estremamente volatile ed instabile, perde di efficacia rapidamente se esposto alla luce, calore e a contatto con sostanze organiche.
Quindi mi sono chiesto se mettessi a contatto l'ambiente di semina, aria del barattolo, substrato e semi, con delle esalazioni di cloro probabilmente quest'ultimo, prima di perdere il suo potere sterilizzante, dovrebbe riuscire ad uccidere le muffe e i batteri, con la mia grande speranza che non uccidesse i semi.
Quindi ho eseguito i primi test.
Ho preparato un normalissimo terreno di coltura a base di
1.5 g di NPK 15-11-29
20 g di zucchero
1 lt. di acqua demineralizzata
- ho versato circa 25 ml di substrato caldo nei barattoli lavati alla perfezione.
- ho tappato i barattoli ed ho effettuato la sterilizzazione del tutto in forno a gas a 150 gradi per 20 minuti.
- una volta raffreddati mi sono preparato per la semina di alcune orchidee le cui capsule erano aperte e quindi contaminate.
Materiale necessario:
- semi di orchidea
- pellicola trasparente di plastica, --> tipo domopak
- candeggina
- fogli di carta assorbente, --> carta igienica
- forbici
- guanti di plastica
- vasetti chiusi con dentro il substrato di coltura sterilizzato come sopra descritto
Procedimento passo passo
1. ho indossato i guanti -- IMPORTANTE le foto del procedimento sono una simulazione per mostrarlo, quindi non ho indossato i guanti --
2. ho messo sul piano di lavoro la carta igienica intrisa di alcol
3. ho tagliato un quadrato di pellicola domopak ed ho praticato un foro di circa 2 cm di diametro al centro
4. pulito con alcol la superficie del foglietto da entrambe le parti e l'ho posizionata sulla carta igienica.
5. ho tagliato un pezzo di carta assorbente, 2 strappi di carta igienica vanno benissimo, l'ho ripiegato in più parti in modo da realizzare un piccolo tampone.
6. ho imbevuto il tampone di varechina, facendo però in modo che il tampone sia bagnato ma che non goccioli ed ho posizionato il tampone sul foro.
7. a questo punto ho aperto il barattolo e ho fatto cadere dei semi nel barattolo aiutandomi con un giravite con punta ben pulita e sterilizzata con alcol.
8. ho posizionato quindi il foglietto di plastica con tampone imbevuto di candeggina sul barattolo.
9. a questo punto ho chiuso il barattolo
continua....
L'esperienza che sto per presentare scaturisce dai miei innumerevoli tentativi di semplificare quanto più è possibile le operazioni di semina delle orchidee, e di consentirne la messa in pratica senza troppe attrezzature a livello amatoriale..
Voglio sottolineare che tali procedimenti possono essere utili per la semina casalinga, non certo per chi esegue professionalmente questo lavoro, che di certo sarà dotato di cappe con filtri Hepa e quindi tale esperienza risulterà certamente inutile e patetica.
Nozioni sulla propagazione delle orchidee
Com' è noto la germinazione delle orchidee in natura è strettamente legata alla presenza della micorrizza, grazie alla quale il seme delle orchidee, privo di endosperma, trae nutrimento dalle sostanze secrete da questo fungo alleato, fino a quando la neo piantina non riesce a fotosintetizzare.
Tutto questo non può essere riprodotto in cattività, per cui per fare germinare i semi delle orchidee dobbiamo ricorrere alla germinazione in vitro, fornendo al seme una serie di sostanze, compresi gli zuccheri, che sopperiscono alla mancanza della micorrizza.
Problematiche riscontrate della propagazione in vitro.
Il problema fondamentale è che proprio la presenza degli zuccheri favorisce lo sviluppo di colonie di muffe e di batteri, i quali aggrediscono sia il substrato e conseguentemente anche il seme e/o le giovani piantine.
Per ovviare a questo inconveniente, i contenitori e il substrato vengono sterilizzati prima di eseguire le operazione di semina ed ovviamente anche in fase di semina il tutto deve restare sterile.
Altro problema è quello relativo alla sterilizzazione dei semi.
Se la capsula che contiene i semi dell'orchidea è integra non c'è alcun bisogno di sterilizzare i semi, ma se la capsula si è aperta allora prima di procedere alla semina è necessario eseguire la sterilizzazione dei semi.
Sterilizzare i semi non è operazione semplice, poichè si deve ricorrere a delle sostanze chimiche come l'ipoclorito di sodio, o acqua ossigenata, e lasciare a contatto i semi per un certo periodo di tempo, fatto questo è necessario rimuovere queste sostanze sciacquando i semi con acqua sterile ed essendo i semi delle orchidee una sorta di polvere, capirete che risciacquare della polvere non è semplice.
Da qui la mia ricerca di soluzioni che rendessero queste fasi più snelle e semplici, senza rischiare che il tutto fallissse per piccoli errori ed io essere più comodo operando senza cappa sterile.
STERILIZZAZIONE GASSOSA, PROCEDIMENTO
Come è nata l'idea
Qualche tempo fa sul forum di orchidando alcuni di noi avevano mostrato dei ripicchettaggi effettuati in cappa sterile, e nonostante fossero stati condotti da persone diverse, presentavano un elemento in comune, ovvero alcune foglie si erano in un primo momento macchiate e poi sbiancate.
Prima di vedere quelle degli altri, avevo pensato che la mia pinza con cui avevo afferrato le piantine fosse bagnata di candeggina, ma poi Celtico (utente di orchidando), le cui piante presentavano lo stesso problema, lo escluse poichè lui prima di afferrarle aveva pulito l'attrezzo.
Convenimmo che quelle bruciature e sbiancature fossero dovute alle esalazioni di candeggina.
Questa cosa periodicamente mi ritornava in mente, fino a quando un giorno cominciai a pensare di utilizzare quello che avevamo osservato in maniera positiva, ovvero cominciai a chiedermi se quelle esalazioni che avevano bruciato alcune foglioline, potessero essere sufficienti a sterilizzare dei semi seminati su di un substrato agarizzato.
E, così, ormai la scintilla era avvenuta e mi misi alla ricerca di semi da poter utilizzare per questo esperimento.
In breve grazie ai numerosi amici dei forum fui a dir poco sommerso da svariati semi, generi di tutti i tipi:
Bletilla striata
Sophronitis coccinea
2 specie di aerangis
Restrepia
Spathoglottis
Chysis aurea
Cattleya forbesi
Masdevallia
Eulophia
Alcune di questi in quantità industriale, altre purtroppo in modiche quantità.
Era necessario spaziare con i vari generi e quantità per due motivi, capire la tolleranza dei miei trattamenti in base al genere, e avere la certezza che tra tutti questi semi ci fossero semi vitali.
Descrizione dell'esperienza:
L'esperimento voleva verificare se alcune sostanze gassose che vengono normalmente utilizzate per la sterilizzazione, nel nostro caso l'ipoclorito di sodio (contenuto nella normale candeggina) riuscisse ad uccidere le eventuali contaminazioni dei semi, dell'aria e della superficie a seguito di una semina avvenuta senza cappa sterile.
Mi spiego meglio
La normale candeggina contine circa il 5% di ipoclorito di sodio, l'ipoclorito di sodio è una sostanza a base di cloro, il cloro è un gas estremamente instabile con un alto potere sterilizzante, in pratica penetra nella membrana dei batteri e/o dei funghi e li uccide.
Come dicevo è estremamente volatile ed instabile, perde di efficacia rapidamente se esposto alla luce, calore e a contatto con sostanze organiche.
Quindi mi sono chiesto se mettessi a contatto l'ambiente di semina, aria del barattolo, substrato e semi, con delle esalazioni di cloro probabilmente quest'ultimo, prima di perdere il suo potere sterilizzante, dovrebbe riuscire ad uccidere le muffe e i batteri, con la mia grande speranza che non uccidesse i semi.
Quindi ho eseguito i primi test.
Ho preparato un normalissimo terreno di coltura a base di
1.5 g di NPK 15-11-29
20 g di zucchero
1 lt. di acqua demineralizzata
- ho versato circa 25 ml di substrato caldo nei barattoli lavati alla perfezione.
- ho tappato i barattoli ed ho effettuato la sterilizzazione del tutto in forno a gas a 150 gradi per 20 minuti.
- una volta raffreddati mi sono preparato per la semina di alcune orchidee le cui capsule erano aperte e quindi contaminate.
Materiale necessario:
- semi di orchidea
- pellicola trasparente di plastica, --> tipo domopak
- candeggina
- fogli di carta assorbente, --> carta igienica
- forbici
- guanti di plastica
- vasetti chiusi con dentro il substrato di coltura sterilizzato come sopra descritto
Procedimento passo passo
1. ho indossato i guanti -- IMPORTANTE le foto del procedimento sono una simulazione per mostrarlo, quindi non ho indossato i guanti --
2. ho messo sul piano di lavoro la carta igienica intrisa di alcol
3. ho tagliato un quadrato di pellicola domopak ed ho praticato un foro di circa 2 cm di diametro al centro
4. pulito con alcol la superficie del foglietto da entrambe le parti e l'ho posizionata sulla carta igienica.
5. ho tagliato un pezzo di carta assorbente, 2 strappi di carta igienica vanno benissimo, l'ho ripiegato in più parti in modo da realizzare un piccolo tampone.
6. ho imbevuto il tampone di varechina, facendo però in modo che il tampone sia bagnato ma che non goccioli ed ho posizionato il tampone sul foro.
7. a questo punto ho aperto il barattolo e ho fatto cadere dei semi nel barattolo aiutandomi con un giravite con punta ben pulita e sterilizzata con alcol.
8. ho posizionato quindi il foglietto di plastica con tampone imbevuto di candeggina sul barattolo.
9. a questo punto ho chiuso il barattolo
continua....
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