daniel77
Aspirante Giardinauta
http://www.latitudinex.it/asia/bhutan-il-piccolo-regno-della-felicita.html
tratto da "Bhutan, il piccolo regno della felicità"
THIMPHU - Ancora oggi è uno dei posti più isolati della Terra e anche una delle nazioni più povere. Ma nonostante tutto, il Bhutan, minuscolo Paese asiatico sull'Himalaya, possiede lati davvero attraenti. Ad esempio figura fra le dieci nazioni mondiali "più felici", secondo uno studio dell'Università di Leicester, nel Regno Unito. Da queste parti infatti, nonostante le scarsissime risorse, non esiste malnutrizione, non c'è analfabetismo, violenza e criminalità hanno numeri insignificanti, la corruzione pubblica è sconosciuta e il popolo adora il re Jigme Khesar Namgyal Wangchuck, quinto sovrano in poco più di un secolo di monarchia. Se il tutto sia spontaneo o "gentilmente accompagnato" è da vedere, ma almeno dai dati pare che Shangri-La abbia trovato la sua collocazione terrena.
E non è uno scherzo: nel Bhutan la felicità è tenuta in seria considerazione, tanto che il Paese è l'unico al mondo ad avere un indice che si chiama "felicità interna lorda" - lo chiameremo Fil. Qui lo Stato, anziché fornire servizi materiali, cerca di dare le basi affinché ognuno si concentri nella personale ricerca della felicità tramite gli insegnamenti buddisti. Mahayana per la precisione. Il concetto di Fil si basa su quattro punti: la preservazione delle tradizioni nazionali, dell'ambiente, la crescita economica e il buon governo. Questa politica, inaugurata dal quarto re nel 1972, parte anche dal presupposto che il tentativo di far crescere il Pil, cioè il prodotto interno lordo, basato su valori materiali, danneggia la qualità della vita della popolazione. E grazie a questa filosofia, pare che in Bhutan si possa vivere felici con un salario medio di cento dollari americani. Il piccolo regno (grande più o meno come Lombardia e Piemonte messi insieme ndr) ha oltre il 72% della superficie coperto da foreste, 34 fiumi pulitissimi e una biodiversità da far paura. Quindi almeno la preservazione dell'ambiente funziona.
Tutto il territorio è diviso in venti distretti con a capo uno dzong, un'antica fortezza oggi usata come sede amministrativa. E per quanto riguarda la difesa delle tradizioni, esistono su questi monti circa duemila fra templi e monasteri. Il Paese è anche ostinatamente antitabagista, col risultato che qui la marijuana cresce libera e... intoccata. Certo, i bhutanesi che vivono in città, come la capitale Thimphu, e hanno notizie dal mondo esterno, sanno a cosa serve e in qualche modo la utilizzano, ma sembra che l'abitudine sia ridottissima. Anche perché le leggi in materia sono ferree. E se la vendita delle normali sigarette è stata proibita nel 2005, figuratevi il resto. Ma, almeno per le sigarette, notare l'inclinazione tollerante: non si possono vendere, ma se le portate da fuori o riuscite in qualche modo a ottenerle... fumate pure. Un tratto tipico della cultura bhutanese è poi l'architettura con case in legno che inalberano totem inequivocabili, in omaggio a Drukpa Kuenley, dio della fertilità. L'edilizia popolare è realizzata senza progetti specifici, salvo quello di consultare gli astri prima di avviare i lavori. Beh, funziona: alcune case sono in piedi da 900 anni. La tipica abitazione del Bhutan è abbastanza grande, con quattro piani che ospitano gli animali (piano terra), nonni al primo, genitori e figli al secondo e per ultime le scorte alimentari per l'inverno.
Dopo un po' non si fa fatica a capire che il drago è il vero simbolo del Paese, presente ovunque e, ovviamente, pure sulla bandiera. La società del popolo del drago è fortemente matriarcale, tratto che si rivela anche nella convinta poligamia, valida anche per le donne. Il culto delle tradizioni è inoltre una politica di sopravvivenza: stretto fra India e Cina, Paesi dalla cultura molto forte, il piccolo Bhutan ha dovuto mettere la questione nero su bianco per non soccombere alle influenze esterne. E così anche il turismo viene regolato: gli stranieri in visita devono pagare una tassa giornaliera (oscillante fra 165 e 200 dollari Usa) che include servizi di guida turistica, alloggio, vitto a pensione completa e trasporti interni. L'idea non è quella di disincentivare il turismo, ma svilupparne uno responsabile ed evitare che il numero dei visitatori sia superiore alla capacità di accoglienza. Insomma, qualche compromesso, ma poi si può vivere un'esperienza impagabile. Se non altro per poter sentire la classica risposta di ogni bhutanese a una qualsiasi domanda: "Se ti fa felice...".
p.s.: l'articolo non menziona il problema dei Lotshampa, che comunque non inficia il ragionamento complessivo.
p.p.s.: l'articolo originale al link contiene alcune foto suggestive e informazioni utili per organizzare un viaggio.
tratto da "Bhutan, il piccolo regno della felicità"
THIMPHU - Ancora oggi è uno dei posti più isolati della Terra e anche una delle nazioni più povere. Ma nonostante tutto, il Bhutan, minuscolo Paese asiatico sull'Himalaya, possiede lati davvero attraenti. Ad esempio figura fra le dieci nazioni mondiali "più felici", secondo uno studio dell'Università di Leicester, nel Regno Unito. Da queste parti infatti, nonostante le scarsissime risorse, non esiste malnutrizione, non c'è analfabetismo, violenza e criminalità hanno numeri insignificanti, la corruzione pubblica è sconosciuta e il popolo adora il re Jigme Khesar Namgyal Wangchuck, quinto sovrano in poco più di un secolo di monarchia. Se il tutto sia spontaneo o "gentilmente accompagnato" è da vedere, ma almeno dai dati pare che Shangri-La abbia trovato la sua collocazione terrena.
E non è uno scherzo: nel Bhutan la felicità è tenuta in seria considerazione, tanto che il Paese è l'unico al mondo ad avere un indice che si chiama "felicità interna lorda" - lo chiameremo Fil. Qui lo Stato, anziché fornire servizi materiali, cerca di dare le basi affinché ognuno si concentri nella personale ricerca della felicità tramite gli insegnamenti buddisti. Mahayana per la precisione. Il concetto di Fil si basa su quattro punti: la preservazione delle tradizioni nazionali, dell'ambiente, la crescita economica e il buon governo. Questa politica, inaugurata dal quarto re nel 1972, parte anche dal presupposto che il tentativo di far crescere il Pil, cioè il prodotto interno lordo, basato su valori materiali, danneggia la qualità della vita della popolazione. E grazie a questa filosofia, pare che in Bhutan si possa vivere felici con un salario medio di cento dollari americani. Il piccolo regno (grande più o meno come Lombardia e Piemonte messi insieme ndr) ha oltre il 72% della superficie coperto da foreste, 34 fiumi pulitissimi e una biodiversità da far paura. Quindi almeno la preservazione dell'ambiente funziona.
Tutto il territorio è diviso in venti distretti con a capo uno dzong, un'antica fortezza oggi usata come sede amministrativa. E per quanto riguarda la difesa delle tradizioni, esistono su questi monti circa duemila fra templi e monasteri. Il Paese è anche ostinatamente antitabagista, col risultato che qui la marijuana cresce libera e... intoccata. Certo, i bhutanesi che vivono in città, come la capitale Thimphu, e hanno notizie dal mondo esterno, sanno a cosa serve e in qualche modo la utilizzano, ma sembra che l'abitudine sia ridottissima. Anche perché le leggi in materia sono ferree. E se la vendita delle normali sigarette è stata proibita nel 2005, figuratevi il resto. Ma, almeno per le sigarette, notare l'inclinazione tollerante: non si possono vendere, ma se le portate da fuori o riuscite in qualche modo a ottenerle... fumate pure. Un tratto tipico della cultura bhutanese è poi l'architettura con case in legno che inalberano totem inequivocabili, in omaggio a Drukpa Kuenley, dio della fertilità. L'edilizia popolare è realizzata senza progetti specifici, salvo quello di consultare gli astri prima di avviare i lavori. Beh, funziona: alcune case sono in piedi da 900 anni. La tipica abitazione del Bhutan è abbastanza grande, con quattro piani che ospitano gli animali (piano terra), nonni al primo, genitori e figli al secondo e per ultime le scorte alimentari per l'inverno.
Dopo un po' non si fa fatica a capire che il drago è il vero simbolo del Paese, presente ovunque e, ovviamente, pure sulla bandiera. La società del popolo del drago è fortemente matriarcale, tratto che si rivela anche nella convinta poligamia, valida anche per le donne. Il culto delle tradizioni è inoltre una politica di sopravvivenza: stretto fra India e Cina, Paesi dalla cultura molto forte, il piccolo Bhutan ha dovuto mettere la questione nero su bianco per non soccombere alle influenze esterne. E così anche il turismo viene regolato: gli stranieri in visita devono pagare una tassa giornaliera (oscillante fra 165 e 200 dollari Usa) che include servizi di guida turistica, alloggio, vitto a pensione completa e trasporti interni. L'idea non è quella di disincentivare il turismo, ma svilupparne uno responsabile ed evitare che il numero dei visitatori sia superiore alla capacità di accoglienza. Insomma, qualche compromesso, ma poi si può vivere un'esperienza impagabile. Se non altro per poter sentire la classica risposta di ogni bhutanese a una qualsiasi domanda: "Se ti fa felice...".
p.s.: l'articolo non menziona il problema dei Lotshampa, che comunque non inficia il ragionamento complessivo.
p.p.s.: l'articolo originale al link contiene alcune foto suggestive e informazioni utili per organizzare un viaggio.