Vedi come per l'alta neve candido
s'erge il Soratte! Già le selve cedono
al peso affaticate e i fiumi
ristanno stretti per il gelo acuto.
Sciogli il freddo, altri legni al focolare
aggiungendo abbondanti, e mesci prodigo,
Taliarco, vino di quattr'anni
dall'anfora sabina bi-orecchiuta.
Lascia il resto agli Dei, che appena i venti,
in lotta sul ribollente mare,
hanno placato, ecco, i cipressi
non s'agitano più, non i vecchi orni.
Cosa domani t'accadrà, non chiedere.
Qualsiasi giorno ti darà la sorte,
metti a guadagno; e i dolci amori
non disprezzare, giovane, e le danze,
finché dall'eta verde sia lontana
la canizia bisbetica. Ora il campo
e le piazze e i tenui a sera sussurri,
torna a cercare all'ora convenuta,
e il delizioso riso che tradisce
la ragazza nascosta nel canto
più oscuro, e il pegno che le strappi
ai polsi, e al dito che resiste appena.
Orazio, A Taliarco (I,9), traduzione Paolo Bufalino