Mi sa proprio che mi è venuta la fissazione del cancro nero delle radici. E’ che, avendo avuto solo due mini, ed entrambe affette dallo stesso male, adesso lo vedo da tutte le parti
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1) umidità. Il metodo più semplice, secondo me, è quello di prendere un sacchetto ben trasparente e sufficientemente rigido (ottimi quelli da congelatore della Kuki) e semplicemente metterlo rovesciato sulla pianta a mo’ di cappello. E’ una soluzione semplice, pratica, e neppure orrendissima a vedersi. Sacchetto semplicemente rovesciato, nessuna chiusura, basta posizionarlo bene sul piano di appoggio, quando bagni la pianta la scoli bene, poi la copri e la riscopri solo per la successiva bagnatura. Se si ha l’avvertenza di tenere le foglie asciutte e di evitare il contatto tra foglie e sacchetto, la possibilità che si creino infezioni fungine da limitata circolazione dell’aria, sono secondo me limitate. Anzi nulle. - In alternativa la collocazione dentro vaschetta con i bordi alti almeno quanto le foglie, con materiale umido sul fondo (argilla o pietrisco o fogli di carta appallottolati, o un vecchio panno di spugna di cotone, ma tutto va bene).
2) bisogno di u.r. delle miniphal. Qui la mia esperienza è limitatissima e si riferisce in verità a un solo caso, all’unica mini recuperata (l’altra avendola buttata perché mai guarita dal fungo). Allora, quando avevano le radici malate, entrambe le due mini, sembravano soffrire tremendamente di disidratazione, foglie rugose, pendenti, quasi arrotolate a mo’ di giglio martagone. Adesso, la mini recuperata, benché abbia pochissime ed esilissime radici, sta scoperta, in ambiente asciuttissimo, incollata al vetro, appiccicata alla base di un serramento in allumino che nel mezzogiorno scotta, eppure non dà segni di sofferenza né di disidratazione. Per cui, io, dovendo giudicare da questo solo esempio, che ammetto è poco, direi che le foglie pendono soprattutto perché le radici non funzionano e solo secondariamente perché l’aria è troppo asciutta.
3) Mettere fuori. Vantaggi e svantaggi. Una soluzione sarebbe quella di mettere la pianta fuori solo la notte e il primo mattino. Di notte l’u.r. fuori è maggiore che dentro, spesso molto superiore (il contrario il giorno). Le phal sono a ciclo CAM, per cui gli stomi si aprono solo di notte (eccezionalmente anche di giorno in caso di pioggia intensa). In effetti potrebbe essere un tonico per la pianta. Anche la temperatura più fresca la notte potrebbe essere positiva. Di giorno fuori, con l’aria più asciutta, la ventilazione, il calore maggiore, potrebbe essere micidiale. Il problema è che, secondo me, pur essendo l’attuale posizione poco luminosa ai fini di una rifioritura della pianta, il suo disagio non può dipendere in alcun modo dalla mancanza di luce. Quella luce non è forse sufficiente a ricaricare la pianta (le phal sono piante ad accumulo) per farla rifiorire, ma è pienamente sufficiente per mantenerla in vegetazione. Insomma, non credo che il problema venga da lì. Fuori inoltre sarebbe molto più esposta all’attacco di parassiti. Insomma, non saprei. Di giorno fuori no, di notte forse, però mi sembra eccesso di zelo.
4) Composto. Non sono riuscito ancora a farmi un’idea. Prima esperienza: rinvaso in bark duro, secco, finemente spezzettato, poi altro rinvaso in sfagno: pianta non guarita e quindi buttata. Seconda esperienza: rinvaso in muschio: pianta recuperata e ora in buone condizioni. Però credo che il composto non c’entri nulla. La seconda si è salvata perché il male era fin dall’inizio meno avanzato. A lume di naso io opterei per sfagno nuovo, molto arioso, non compresso. In un vasetto ben aperto sul fondo, con buona circolazione d’aria, e non a contatto diretto con altri materiali umidi.
:Saluto: