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Thegardener
Guest
Buongiorno al forum, ai suoi utenti, ai suoi mod e all'admin, uomini o donne che siano, di questi tempi con le quote rosa bisogna stare attenti .
Stavo cercando notizie utili per i miei pomodori e le mie zucche e mi sono imbattuto in discussioni riguardo la cannabis, una pianta.
Voi "pollici verdi" sapete che e' una pianta ma mi sembra strano che quasi, ripeto quasi nessuno abbia le idee chiare, sulle qualita', sulle proprieta' e sulla storia di questa millenaria pianta, forse una delle prime piante che l'agricoltura ricordi.
La storia:
All’immenso per vastità ed incommensurabile quanto a valore Regno Vegetale appartengono le specie Ruderalis, Indica e Sativa del genere Cannabis. Famiglia Cannabacee; ordine Urticales; classe Dicotyledoneae; sottodivisione Angiospermae; divisione Spermatophyta.
L’utilizzo di questa pianta, nelle sue varianti loco-regionali, si perde nella notte dei tempi ed ha accompagnato l’uomo nella sua storia, sicuramente prima che egli stesso fosse in grado di lasciarne tracce.
Probabilmente originaria delle regioni dell’Asia Centrale, si è diffusa praticamente ovunque superando avversità territoriali ed ambientali, adattandosi ai diversi climi della Terra.
Se consideriamo le origini filologiche dei primi termini che indicano la canapa e li confrontiamo nei gruppi linguistici Indoeuropeo, Finnico, Turco e Semitico, li accomuna la presenza della radice “Kan”, con il duplice significato di “erba” e di “canna”. Il suffisso “bis” deriva dall’evoluzione linguistica dell’ebraico “bosm” contaminato dall’aramaico “busma” entrambi indicanti le qualità “odorose, dal buon profumo, aromatiche”.
La storia dell’amicizia fra l’uomo e la canapa precede di millenni l’attuale proibizionismo e le tracce del suo utilizzo hanno radici profonde.
Veniva coltivata sicuramente in Cina ed in Egitto fin dal IV millennio a.C.; appare il suo nome in testi babilonesi, persiani, ebrei e caldei a partire dal III millennio a.C. dai quali era apprezzata per i papiri di carta ed il tessuto per vestiario che se ne ricavavano.
Il primo testo di medicina che esalta le proprietà terapeutiche della cannabis, il “Pen T’sao Ching”, è compilato ad opera dell’imperatore cinese Shen-Nung, della dinastia Han (che regnò dal II secolo a.C. al II d.C.).
Le informazioni contenute in questo libro raccolgono la tradizione medica cinese di più di tremila anni. Qui la pianta viene raccomandata per curare gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale.
Altri cinesi ne descrivono le insospettabili qualità terapeutiche: “Erh-Ya” trattato medico compilato tra il 1200 e il 500 a.C. la definisce “Ta-Ma”, ovvero “grande pianta”. Addirittura tra il VI e il IV sec. a.C. i contadini la coltivavano e la cedevano come tributo al Governo Centrale.
Il medico-chirurgo Hua-T’o intorno al 220 a.C. descrive le proprietà analgesiche della pianta, indicandone il suo possibile utilizzo nelle operazioni chirurgiche.
Negli archivi di Tung-Kuan (28 d.C.) è registrato che la cannabis veniva persino usata come alimento in tempi di carestia e, nel X secolo d.C., T’ang Shen-wei scrive che è usata nelle malattie da deperimento e nelle ferite; purifica il sangue ed abbassa la temperatura; riduce i flussi, risolve il reumatismo e scarica il pus. Il medico annotava poi gli effetti collaterali, “se presa in eccesso” ammoniva, “può provocare allucinazioni e far barcollare il passo”.
I testi sacri indiani, i libri dei “Veda”(Sapienza), compilati tra il XIV ed il X secolo a.C. parlano di una sostanza chiamata “soma”, sacra a Shiva, utilizzata in diversi tipi di cerimonie religiose, mistico-meditative e medicamentose; gli effetti descritti di espansione delle percezioni e rilassamento generale, lasciano ragionevolmente supporre che si trattasse proprio di canapa.
In particolare nell’AtharvaVeda la pianta viene indicata per “liberare dall’ansia”.
Alcuni scritti sanscriti farebbero risalire la canapa ad origine mitologica. Secondo la leggenda Indra, re degli déi, provando pietà per il popolo degli umani, gli regalò una bevanda a base di cannabis cosicché anch’essi potessero sperimentare le sue virtù: euforia, ampliamento delle percezioni, perdita della paura ed eccitazione sessuale.
Contestualmente l’utilizzo della prodigiosa “erba” diviene abituale nel Bihar, in Nepal e Pakistan e più a nord in Mongolia e Tibet; così come si estende dall’Egitto verso sud, diventando un medicamento essenziale contro crampi, epilessia e gotta per Pigmei, Zulu ed Ottentotti.
Qui in Africa la cultura della cannabis si è conservata sino a tempi molto recenti, e comunque non verrà mai completamente eradicata. Nel 1888 l’archeologo Herman von Wissman (1853-1905) in una relazione sugli usi e costumi presso le tribù Baluba e Bantu del Congo belga, descrive come riti, feste e trattati di alleanza fossero regolarmente celebrati fumando hashish e foglie di canapa secche in pubblico.
La canapa fu coltivata e variamente utilizzata dai Celti e dai Pitti che abitavano i territori dell’attuale Gran Bretagna fin dal IV secolo a.C. Ma la sua diffusione fu favorita in Europa anche dalle ondate migratorie delle popolazioni nomadi provenienti dall’Asia Centrale, avvenute tra il II ed il I secolo a.C.
Le proprietà medicinali della pianta erano ben conosciute tra i Greci prima, poi dai Romani.
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) oltre a consigliarne l’impiego per curare emicrania e costipazione, la ritiene insostituibile per la costruzione di vele e cordame per le galee romane.
Dioscoride, medico greco, nel suo erbario “Sulla Materia Medica”(70 d.C.), indica di servirsi della canapa per curare il mal d’orecchi, gli edemi, l’itterizia ed altri disturbi. Qui compare anche il primo disegno della pianta.
Anche Galeno nel II secolo d.C., sembra esserne al corrente, nel suo “De facultatibus alimentorum” scrive che la cannabis “elimina l’aria dallo stomaco e disidrata”, sarebbe inoltre “utile contro il mal d’orecchi e tutti i tipi di dolore”.
Pure lui mette in guardia dagli effetti collaterali: “colpiscono la testa immettendovi vapori caldi ed intossicanti”.
A partire da questi anni trattati od eventuali documenti in favore delle virtuose proprietà terapeutiche della canapa, in Occidente devono probabilmente cedere il passo ai più Alti dialoghi e agli scritti dei Padri della Chiesa. I quali, impegnati nell’annoso dibattito filosofico, avviato in Italia e nelle aree del Mediterraneo venute a contatto con i primi cristiani, che definì essenzialmente le basi della nostra “dottrina morale” e del moderno Cattolicesimo, non potevano certo occuparsi di questi problemi.
Per un lungo periodo si perdono le tracce della testimonianza dell’utilizzo di canapa, ma evidentemente, esso non cessò mai.
Se possiamo documentare nuovamente l’impiego in campo curativo della cannabis, lo dobbiamo al medico-filosofo arabo Ibn-Sina, meglio conosciuto in Europa come Avicenna (980-1037 d.C.) e all’uomo (Gerardo da Cremona) che, alla fine del XII secolo, ne tradusse in latino l’immensa opera “Canone di Medicina”.
In questo testo la pianta, citata con l’appellativo “quinnab”, è indicata in tutti gli aspetti terapeutici all’epoca conosciuti. Esso rappresenta l’opera classica della medicina medievale, venne tradotto in diverse lingue, diffondendosi in molte università europee.
Per quanto riguarda la diffusione della cannabis oltre oceano, nell’America pre-colombiana le fonti non concordano. I più ritengono che dopo la scoperta dell’America ingenti quantità di canapa siano state importate sia dai conquistadores che da inglesi e francesi, per assolvere alla produzione delle fibre per i diversi usi e della carta, come avveniva in Europa.
Altri ritengono che la canapa abbia attraversato lo stretto di Bering con le popolazioni asiatiche (abitanti le regioni degli attuali Giappone, IndoCina, Tibet, Mongolia, Siberia e pianure del centro Asia) che, tra i 30 e i 15 mila anni fa (alla fine dell’ultima glaciazione), fecero rotta verso Est conducendo la prima emigrazione verso il lontano continente americano.
Gli Indiani d’America, secondo questa tesi avrebbero già conosciuto le virtuose proprietà della pianta.
...fine prima puntata...se interessa vado avanti.:Saluto:
Stavo cercando notizie utili per i miei pomodori e le mie zucche e mi sono imbattuto in discussioni riguardo la cannabis, una pianta.
Voi "pollici verdi" sapete che e' una pianta ma mi sembra strano che quasi, ripeto quasi nessuno abbia le idee chiare, sulle qualita', sulle proprieta' e sulla storia di questa millenaria pianta, forse una delle prime piante che l'agricoltura ricordi.
La storia:
All’immenso per vastità ed incommensurabile quanto a valore Regno Vegetale appartengono le specie Ruderalis, Indica e Sativa del genere Cannabis. Famiglia Cannabacee; ordine Urticales; classe Dicotyledoneae; sottodivisione Angiospermae; divisione Spermatophyta.
L’utilizzo di questa pianta, nelle sue varianti loco-regionali, si perde nella notte dei tempi ed ha accompagnato l’uomo nella sua storia, sicuramente prima che egli stesso fosse in grado di lasciarne tracce.
Probabilmente originaria delle regioni dell’Asia Centrale, si è diffusa praticamente ovunque superando avversità territoriali ed ambientali, adattandosi ai diversi climi della Terra.
Se consideriamo le origini filologiche dei primi termini che indicano la canapa e li confrontiamo nei gruppi linguistici Indoeuropeo, Finnico, Turco e Semitico, li accomuna la presenza della radice “Kan”, con il duplice significato di “erba” e di “canna”. Il suffisso “bis” deriva dall’evoluzione linguistica dell’ebraico “bosm” contaminato dall’aramaico “busma” entrambi indicanti le qualità “odorose, dal buon profumo, aromatiche”.
La storia dell’amicizia fra l’uomo e la canapa precede di millenni l’attuale proibizionismo e le tracce del suo utilizzo hanno radici profonde.
Veniva coltivata sicuramente in Cina ed in Egitto fin dal IV millennio a.C.; appare il suo nome in testi babilonesi, persiani, ebrei e caldei a partire dal III millennio a.C. dai quali era apprezzata per i papiri di carta ed il tessuto per vestiario che se ne ricavavano.
Il primo testo di medicina che esalta le proprietà terapeutiche della cannabis, il “Pen T’sao Ching”, è compilato ad opera dell’imperatore cinese Shen-Nung, della dinastia Han (che regnò dal II secolo a.C. al II d.C.).
Le informazioni contenute in questo libro raccolgono la tradizione medica cinese di più di tremila anni. Qui la pianta viene raccomandata per curare gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale.
Altri cinesi ne descrivono le insospettabili qualità terapeutiche: “Erh-Ya” trattato medico compilato tra il 1200 e il 500 a.C. la definisce “Ta-Ma”, ovvero “grande pianta”. Addirittura tra il VI e il IV sec. a.C. i contadini la coltivavano e la cedevano come tributo al Governo Centrale.
Il medico-chirurgo Hua-T’o intorno al 220 a.C. descrive le proprietà analgesiche della pianta, indicandone il suo possibile utilizzo nelle operazioni chirurgiche.
Negli archivi di Tung-Kuan (28 d.C.) è registrato che la cannabis veniva persino usata come alimento in tempi di carestia e, nel X secolo d.C., T’ang Shen-wei scrive che è usata nelle malattie da deperimento e nelle ferite; purifica il sangue ed abbassa la temperatura; riduce i flussi, risolve il reumatismo e scarica il pus. Il medico annotava poi gli effetti collaterali, “se presa in eccesso” ammoniva, “può provocare allucinazioni e far barcollare il passo”.
I testi sacri indiani, i libri dei “Veda”(Sapienza), compilati tra il XIV ed il X secolo a.C. parlano di una sostanza chiamata “soma”, sacra a Shiva, utilizzata in diversi tipi di cerimonie religiose, mistico-meditative e medicamentose; gli effetti descritti di espansione delle percezioni e rilassamento generale, lasciano ragionevolmente supporre che si trattasse proprio di canapa.
In particolare nell’AtharvaVeda la pianta viene indicata per “liberare dall’ansia”.
Alcuni scritti sanscriti farebbero risalire la canapa ad origine mitologica. Secondo la leggenda Indra, re degli déi, provando pietà per il popolo degli umani, gli regalò una bevanda a base di cannabis cosicché anch’essi potessero sperimentare le sue virtù: euforia, ampliamento delle percezioni, perdita della paura ed eccitazione sessuale.
Contestualmente l’utilizzo della prodigiosa “erba” diviene abituale nel Bihar, in Nepal e Pakistan e più a nord in Mongolia e Tibet; così come si estende dall’Egitto verso sud, diventando un medicamento essenziale contro crampi, epilessia e gotta per Pigmei, Zulu ed Ottentotti.
Qui in Africa la cultura della cannabis si è conservata sino a tempi molto recenti, e comunque non verrà mai completamente eradicata. Nel 1888 l’archeologo Herman von Wissman (1853-1905) in una relazione sugli usi e costumi presso le tribù Baluba e Bantu del Congo belga, descrive come riti, feste e trattati di alleanza fossero regolarmente celebrati fumando hashish e foglie di canapa secche in pubblico.
La canapa fu coltivata e variamente utilizzata dai Celti e dai Pitti che abitavano i territori dell’attuale Gran Bretagna fin dal IV secolo a.C. Ma la sua diffusione fu favorita in Europa anche dalle ondate migratorie delle popolazioni nomadi provenienti dall’Asia Centrale, avvenute tra il II ed il I secolo a.C.
Le proprietà medicinali della pianta erano ben conosciute tra i Greci prima, poi dai Romani.
Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) oltre a consigliarne l’impiego per curare emicrania e costipazione, la ritiene insostituibile per la costruzione di vele e cordame per le galee romane.
Dioscoride, medico greco, nel suo erbario “Sulla Materia Medica”(70 d.C.), indica di servirsi della canapa per curare il mal d’orecchi, gli edemi, l’itterizia ed altri disturbi. Qui compare anche il primo disegno della pianta.
Anche Galeno nel II secolo d.C., sembra esserne al corrente, nel suo “De facultatibus alimentorum” scrive che la cannabis “elimina l’aria dallo stomaco e disidrata”, sarebbe inoltre “utile contro il mal d’orecchi e tutti i tipi di dolore”.
Pure lui mette in guardia dagli effetti collaterali: “colpiscono la testa immettendovi vapori caldi ed intossicanti”.
A partire da questi anni trattati od eventuali documenti in favore delle virtuose proprietà terapeutiche della canapa, in Occidente devono probabilmente cedere il passo ai più Alti dialoghi e agli scritti dei Padri della Chiesa. I quali, impegnati nell’annoso dibattito filosofico, avviato in Italia e nelle aree del Mediterraneo venute a contatto con i primi cristiani, che definì essenzialmente le basi della nostra “dottrina morale” e del moderno Cattolicesimo, non potevano certo occuparsi di questi problemi.
Per un lungo periodo si perdono le tracce della testimonianza dell’utilizzo di canapa, ma evidentemente, esso non cessò mai.
Se possiamo documentare nuovamente l’impiego in campo curativo della cannabis, lo dobbiamo al medico-filosofo arabo Ibn-Sina, meglio conosciuto in Europa come Avicenna (980-1037 d.C.) e all’uomo (Gerardo da Cremona) che, alla fine del XII secolo, ne tradusse in latino l’immensa opera “Canone di Medicina”.
In questo testo la pianta, citata con l’appellativo “quinnab”, è indicata in tutti gli aspetti terapeutici all’epoca conosciuti. Esso rappresenta l’opera classica della medicina medievale, venne tradotto in diverse lingue, diffondendosi in molte università europee.
Per quanto riguarda la diffusione della cannabis oltre oceano, nell’America pre-colombiana le fonti non concordano. I più ritengono che dopo la scoperta dell’America ingenti quantità di canapa siano state importate sia dai conquistadores che da inglesi e francesi, per assolvere alla produzione delle fibre per i diversi usi e della carta, come avveniva in Europa.
Altri ritengono che la canapa abbia attraversato lo stretto di Bering con le popolazioni asiatiche (abitanti le regioni degli attuali Giappone, IndoCina, Tibet, Mongolia, Siberia e pianure del centro Asia) che, tra i 30 e i 15 mila anni fa (alla fine dell’ultima glaciazione), fecero rotta verso Est conducendo la prima emigrazione verso il lontano continente americano.
Gli Indiani d’America, secondo questa tesi avrebbero già conosciuto le virtuose proprietà della pianta.
...fine prima puntata...se interessa vado avanti.:Saluto: