Emanuela Pit
Apprendista Florello
Non mi interesso sempre e solo di oroscopi, ci gioco, sono interessanti, ma la mia vita gira anche su altri argomenti e, stimolata dall'intervento di Daniele e dalle risposte che lui ha ricevuto, posto questo articolo, che reputo molto interessante, con la speranza che lo aprezziate anche voi.
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Al Festival Cinema Ambiente a Torino è stato presentato un'interessante film-documentario sulla coltivazione del cotone in India, su cosa significa per l'ambiente, i lavoratori e i consumatori.
La regia è di Inge Altemeier e Reinhard Hornung, origine e anno Germania 2003
Il film di Inge Altemeier e Reinhard Hornung mette l'accento su una distruzione umana ed ambientale molto consapevole.
L'utilizzo e la fabbricazione di pesticidi in India per la produzione di cotone, da parte di multinazionali senza scrupoli, che ignorano qualsiasi problema di salute e benessere della popolazione locale, per un puro discorso di profitto economico, pone alla luce un problema che non può essere trascurato.
Con un linguaggio diretto, sempre efficace, che non ha paura di mostrare la realtà per quella che è, Inge e Reinhard offrono un quadro sconsolato di situazioni al limite dell'incredibile: uomini intossicati da pesticidi di fatto inutili, che vengono utilizzati anche quando il loro scopo è vano (ma distruttivo!), uomini che vivono mediamente 35 anni perché maneggiano sostanze altamente tossiche, senza alcuna protezione, danni all'ambiente, con fiumi e torrenti che prendono il colore delle sostanze utilizzate per la tintura ed il trattamento dei tessuti: ma non sono colori di vita, sono piuttosto colori di morte e distruzione.
Inge e Reinhard pongono anche l'accento sul problema dei costi di questi pesticidi. Il costo di un flacone è mediamente attorno ai 75 dollari. In India una cifra altissima. Soprattutto quando, come prima dicevo, i parassiti non vengono poi uccisi da queste sostanze, e i pesticidi vengono spruzzati anche quando il cotone è già germogliato.
E qui viene mostrato come, quello che noi facciamo, ci torna come un boomerang, in modo purtroppo terribile. Spruzzando queste sostanze dopo la fioritura del cotone, infatti, i veleni vanno sul cotone stesso, e di conseguenza su quanto noi indossiamo. In Germania, diceva la regista, sono stati riscontrati malesseri imputabili agli effetti delle sostanze utilizzate come pesticidi.
L'avidità, il profitto ad ogni costo, torna poi in modo terribile su chi detiene le leve del potere e della produzione. Forse, in questo, la Natura è giusta, nel suo essere purtroppo terribile quando viene violentata (e di questo l’Uomo è consapevole!)
Ma, forse, la conclusione più interessante a cui si può arrivare non è la disperazione, e nemmeno il desiderio di vendetta. È invece la convinzione che possiamo fare qualcosa, in modo nonviolento. Evitando di comprare prodotti in cotone dove si sa che la produzione avviene in questo modo. E comprando prodotti di cotone biologico.
Qui, tuttavia, i registi sono molto espliciti: purtroppo, questi prodotti costano di più. E troppe volte il consumatore è attratto dal basso costo. Che lo porta a non porsi domande ulteriori. Come questo basso costo possa nascere, è un problema che non lo tocca.
Quindi, la possibilità di fare qualcosa risiede nella profonda consapevolezza individuale, nella possibilità di capire ed osservare in profondità, nel scegliere non solo in base al costo, ma in base a tutto quanto vi è al di là delle apparenze. Il benessere vero (credo che di questo si possa parlare!) deriva quindi dalla nostra presenza ed attenzione. Per fare le scelte giuste e non quelle in apparenza più semplici, ma poi ben più complicate e distruttive.
Sergio Ragaini
http://www.lifegate.it/lg_ambiente/articolo.php?id_articolo=1868&parte=2
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Al Festival Cinema Ambiente a Torino è stato presentato un'interessante film-documentario sulla coltivazione del cotone in India, su cosa significa per l'ambiente, i lavoratori e i consumatori.
La regia è di Inge Altemeier e Reinhard Hornung, origine e anno Germania 2003
Il film di Inge Altemeier e Reinhard Hornung mette l'accento su una distruzione umana ed ambientale molto consapevole.
L'utilizzo e la fabbricazione di pesticidi in India per la produzione di cotone, da parte di multinazionali senza scrupoli, che ignorano qualsiasi problema di salute e benessere della popolazione locale, per un puro discorso di profitto economico, pone alla luce un problema che non può essere trascurato.
Con un linguaggio diretto, sempre efficace, che non ha paura di mostrare la realtà per quella che è, Inge e Reinhard offrono un quadro sconsolato di situazioni al limite dell'incredibile: uomini intossicati da pesticidi di fatto inutili, che vengono utilizzati anche quando il loro scopo è vano (ma distruttivo!), uomini che vivono mediamente 35 anni perché maneggiano sostanze altamente tossiche, senza alcuna protezione, danni all'ambiente, con fiumi e torrenti che prendono il colore delle sostanze utilizzate per la tintura ed il trattamento dei tessuti: ma non sono colori di vita, sono piuttosto colori di morte e distruzione.
Inge e Reinhard pongono anche l'accento sul problema dei costi di questi pesticidi. Il costo di un flacone è mediamente attorno ai 75 dollari. In India una cifra altissima. Soprattutto quando, come prima dicevo, i parassiti non vengono poi uccisi da queste sostanze, e i pesticidi vengono spruzzati anche quando il cotone è già germogliato.
E qui viene mostrato come, quello che noi facciamo, ci torna come un boomerang, in modo purtroppo terribile. Spruzzando queste sostanze dopo la fioritura del cotone, infatti, i veleni vanno sul cotone stesso, e di conseguenza su quanto noi indossiamo. In Germania, diceva la regista, sono stati riscontrati malesseri imputabili agli effetti delle sostanze utilizzate come pesticidi.
L'avidità, il profitto ad ogni costo, torna poi in modo terribile su chi detiene le leve del potere e della produzione. Forse, in questo, la Natura è giusta, nel suo essere purtroppo terribile quando viene violentata (e di questo l’Uomo è consapevole!)
Ma, forse, la conclusione più interessante a cui si può arrivare non è la disperazione, e nemmeno il desiderio di vendetta. È invece la convinzione che possiamo fare qualcosa, in modo nonviolento. Evitando di comprare prodotti in cotone dove si sa che la produzione avviene in questo modo. E comprando prodotti di cotone biologico.
Qui, tuttavia, i registi sono molto espliciti: purtroppo, questi prodotti costano di più. E troppe volte il consumatore è attratto dal basso costo. Che lo porta a non porsi domande ulteriori. Come questo basso costo possa nascere, è un problema che non lo tocca.
Quindi, la possibilità di fare qualcosa risiede nella profonda consapevolezza individuale, nella possibilità di capire ed osservare in profondità, nel scegliere non solo in base al costo, ma in base a tutto quanto vi è al di là delle apparenze. Il benessere vero (credo che di questo si possa parlare!) deriva quindi dalla nostra presenza ed attenzione. Per fare le scelte giuste e non quelle in apparenza più semplici, ma poi ben più complicate e distruttive.
Sergio Ragaini
http://www.lifegate.it/lg_ambiente/articolo.php?id_articolo=1868&parte=2
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