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leggete e poi...

Vediamo che succede in voi.

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/03/25/news/libro_saviano-2883442/?ref=rephpnews

Roberto Saviano torna con un libro e un dvd dal titolo "La parola contro la camorra"
Ne anticipiamo un brano. Le organizzazioni criminali temono i libri, i discorsi e i pensieri

Così le parole cambiano il mondo
di ROBERTO SAVIANO


SPESSO mi si chiede come sia possibile che delle parole possano mettere in crisi organizzazioni criminali potenti, capaci di contare su centinaia di uomini armati e su capitali forti. E come è possibile - questa domanda mi viene ripetuta spessissimo, soprattutto all'estero - che uno scrittore possa mettere in crisi organizzazioni capaci di fatturare miliardi di euro l'anno e di dominare territori vastissimi?

È complicato dare una sola risposta e, in verità, l'unica risposta che mi viene in mente, la più plausibile è che sia proprio la diffusione della parola a mettere paura. Non è lo scrittore, l'autore, non è neanche il libro in sé, né la parola da sola, che riesce ad accendere riflettori e per questo a mettere paura. Quello che realmente spaventa è che si possa venire a conoscenza di determinati eventi e, soprattutto, che si possano finalmente intravedere i meccanismi che li hanno provocati. Quel che spaventa è che qualcuno possa d'improvviso avere la possibilità di capire come vanno le cose. Avere gli strumenti che svelino quel che sta dietro. E soprattutto avere la possibilità di percepire determinate storie come le proprie storie. Non più come storie lontane, non più come vicende geograficamente distanti, ma come facenti parte della propria vita. Allora ciò che più temono le organizzazioni criminali non è soltanto la luce continua che gli viene posta addosso, ma soprattutto che migliaia, forse milioni di persone in Italia e nel mondo, possano sentire le loro vicende e il loro destino come qualcosa che riguarda tutti.

Qualcuno può credere che questa sia una visione troppo mediatica e quindi distante dalla realtà. Ma non è così. Molti episodi dimostrano che l'attenzione, anche degli intellettuali e degli artisti, data alle organizzazioni criminali e a quello che accade intorno a loro ha realmente cambiato le cose e il destino di molte persone. La storia di Giuseppe Impastato, giornalista ucciso a Cinisi in Sicilia nel 1978, ne è un esempio. Quando Impastato fu ucciso, l'opinione pubblica venne inconsapevolmente condizionata dalle dichiarazioni che provenivano da Cosa Nostra. Che si fosse suicidato in una sottospecie di attentato kamikaze per far saltare in aria un binario. Questa era la versione ufficiale, data anche dalle forze dell'ordine. Poi, dopo più di vent'anni, esce un film, I cento passi, che non solo recupera la memoria di Giuseppe Impastato - ormai conservata solo dai pochi amici, dal fratello, dalla mamma - ma, addirittura, la rende a tutti, come un dono. Un dono allo stato di diritto e alla giustizia. Questa memoria recuperata arriva a far riaprire un processo che si chiuderà con la condanna di Tano Badalamenti, all'epoca detenuto negli Stati Uniti. Un film riapre un processo. Un film dà dignità storica a un ragazzo che invece era stato rubricato come una specie di matto suicida, un terrorista.

È successo per molte persone. Pippo Fava, giornalista de I Siciliani, una rivista che stava dando molto fastidio a Cosa Nostra, viene ucciso mentre sta andando a prendere la nipotina a teatro. Gli sparano in testa, lo sfregiano. Gli omicidi delle organizzazioni criminali hanno sempre una sintassi simbolica. Sparare in faccia, per esempio, ha un significato diverso rispetto a sparare al petto. A Pippo Fava lo sfregiano, gli sparano alla nuca e pochissime ore dopo iniziano a diffondere la notizia, che poi diventerà la versione ufficiale nella società civile catanese - o forse bisognerebbe definirla incivile - che era stato ucciso perché "puppo", ovvero omosessuale, come dicono in Sicilia. Perché aveva messo le mani addosso a dei ragazzini fuori dalla scuola. Si erano inventati questa balla per delegittimarlo, per suscitare fastidio al solo pronunciare il suo nome. Per suscitare quella sensazione di diffidenza nelle persone, che trova terreno fertile in simili circostanze.

Chiunque si occupi di mafie sente questa melma intorno a sé: la melma della diffidenza. Io ci convivo da anni; dal primo giorno. Va di pari passo con la mia quotidianità sentire diffidenza, soprattutto quella degli addetti ai lavori, infastiditi spesso per il solo fatto che sei arrivato a molte persone. Questo, soprattutto, a intellettuali e giornalisti non torna. "Come mai sei arrivato a tante persone?" In un Paese dove chi arriva a tanti spesso è sceso a patti con qualche potere o ha scelto di compromettere le proprie parole. "Dove hai tradito? Dove ti sei venduto? Con chi ti sei alleato?". Il cinismo degli addetti ai lavori è sempre questo: arrivare a un pubblico vasto di lettori, di ascoltatori, di osservatori, significa tutto sommato accettare i codici più bassi, più biechi della comunicazione.
La copertina del libro


Ebbene, le organizzazioni criminali non sono tanto diverse nel valutare e nel delegittimare i propri nemici. Le organizzazioni criminali hanno necessità di portare avanti un assioma: chi è contro di noi lo fa per interesse personale. Chi è contro di noi sta diffamando il territorio, perché noi non esistiamo come loro ci raccontano. Chi è contro di noi è pagato da qualcuno per essere contro di noi. E, nella migliore delle ipotesi, sta facendo carriera personale su di noi.

Le parole, quando arrivano a molte persone, quando raccontano di certi poteri, diventano assai pericolose. Assai pericolose perché il rischio è che a difenderle debba essere il tuo corpo, il tuo sangue, la tua stessa carne. È successo a moltissimi scrittori, a moltissimi giornalisti. L'Italia ha una caratteristica che in genere, quando raccontano di noi, non viene riportata: l'Italia è un Paese cattivo. Molto cattivo. Perché è un Paese dove è difficile realizzarsi, dove il diritto sembra un privilegio.
 
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La storia dell'antimafia spesso è una storia di enormi cattiverie e quando me ne rendo conto non riesco a capire come sia possibile, di fronte a delle vicende tragiche e tutto sommato chiare. La morte di don Peppe Diana, per esempio. La morte di un uomo, un ragazzo, ammazzato poco più che trentenne, sul cui conto, per anni, si è detto di tutto. Che fosse stato ucciso per presunte relazioni con delle donne, che avesse collaborato con un clan. Che era morto perché anche lui colluso e non perché aveva scritto un documento, Per amore del mio popolo non tacerò, che aveva dato molto fastidio ai poteri criminali. In quel documento, don Diana, segnalava la strada che avrebbe seguito in quanto prete di Casal di Principe. Lì dichiarava quale fosse il compito di un prete in quelle terre, cioè raccontare, denunciare e, appunto, non tacere.

La morte, così, diventa la garanzia che ciò che hai detto e fatto è vero, o quantomeno che ci hai creduto sino in fondo. Questo mio è un ragionamento difficile da capire e mi rendo conto che chiedo uno sforzo enorme a chi mi sta leggendo. Però è uno sforzo che vale la pena fare per capire come funzioni il meccanismo della parola. Anna Politkovskaja, scrittrice e giornalista russa, viene uccisa e il giorno stesso della sua esecuzione il marito dichiara di provare, oltre a un profondo dolore, anche un sentimento di serenità, quasi di sollievo. Stupisce tutti. Perché serenità? Perché sollievo? Com'è possibile? "Perché so", spiega lui "che almeno con la morte non potrà più essere diffamata". Pochi giorni prima che Anna morisse, avevano tentato di sequestrarla, per narcotizzarla e farle delle foto erotiche da diffondere sui giornali di gossip. Di fronte a una delegittimazione del genere puoi invocare solo la morte. Chi lavora con le parole, con le parole che spaventano certi poteri, sa benissimo che quegli stessi poteri non possono consentire che tu abbia contemporaneamente autorevolezza e vita. O l'una o l'altra. Se hai la vita non hai l'autorevolezza, se hai l'autorevolezza non hai la vita.

Tantissimi scrittori e magistrati si sono trovati nella necessità di dover scegliere. Io stesso ho avuto a che fare, in questi anni, con molti magistrati che hanno affrontato la paura, il terrore di dover morire ma ancor più di essere delegittimati. Come si può salvare la parola da questa terribile doppia condanna? Facendo sì che non appartenga più a una singola persona. La parola, se smette di essere mia, di altri dieci, di altri quindici, di altri venti e diventa di migliaia di persone, non si può più delegittimare, perché anche se si delegittima me quelle parole sono già diventate di altri. E se anche si dovesse eliminare fisicamente la persona che per prima le ha pronunciate, sarebbe comunque troppo tardi.

So bene che si rischia di essere tacciati di eccessivo romanticismo se si pronunciano espressioni come "parola usata da molti", "parola contro il potere". Ma sono convinto che far diventare concreta una parola significhi innanzitutto consentirle una piena realizzazione nel quotidiano. E affinché la parola diventi realmente efficace contro le mafie non deve concedere tregua. Il grande sogno che hanno alcuni scrittori è quello che le loro parole possano mutare la realtà, che le loro parole, magari nel tempo, possano effettivamente indirizzare il percorso umano verso nuove strade. Certo mi rendo conto che nessuno può isolare il momento esatto in cui Dostoevskij o Tolstoj hanno modificato, indirizzato o semplicemente suggestionato il pensiero umano. Non è che un mese dopo l'uscita dei loro scritti qualcosa immediatamente sia cambiato. Nessuno può dire quale sia il peso reale della Metamorfosi di Kafka oppure delle parole di Ovidio. Nessuno può dire quanto abbiano reso migliori o peggiori o indifferenti gli esseri umani.

Ma chi ha la possibilità e lo strano e drammatico privilegio di vedere le proprie parole agire nella realtà, quando ancora è in vita, quando ancora il suo libro è caldo, allora questo scrittore può accorgersi di quanto effettivamente il peso specifico delle sue parole stia entrando nella quotidianità, contribuendo a modificare i comportamenti delle persone. Quando questo accade ti rendi conto che il potere reale che hanno le parole è davvero infinito, ancor di più perché è un potere anarchico. Un potere che si basa sulla condivisione e sulla persuasione non è più un potere e la parola, quando viene accolta, non suscita più diffidenza e paura. E quando questo accade, significa che qualcosa sta cambiando, che qualcosa è già cambiato, che nessuno può più permettersi di ignorare certi argomenti, di relazionarsi a certi territori e a certe logiche.

Io vengo da una terra complicata dove ogni cosa è gestita dai poteri criminali. Tutto è a loro sottoposto e tutto è loro espressione, dalla sessualità alla cronaca locale. Ed è proprio partendo dalla cronaca locale che ho voluto raccontare il mio territorio per mostrare che esiste un modo di raccontare giorno per giorno la cronaca, nelle edicole, sui giornali che poi arriveranno nei bar, che circoleranno nelle salumerie, dai barbieri, che aderisce completamente al linguaggio e alle logiche delle organizzazioni criminali.

Si dirà che sono giornali che hanno tirature molto basse e diffusione limitata a quelle zone. Ma è esattamente in quelle zone che loro devono circolare. È lì che devono comunicare, costruire opinioni e far aderire il lettore alle logiche di camorra. È lì che deve essere considerato normale che un pentito venga definito infame. Che chi muore combattendo le organizzazioni criminali venga immediatamente riportato alla sua dimensione mediocre di uomo come tutti.

Perché chi si oppone - secondo la loro ottica - non si sta opponendo al sistema di cose, si sta opponendo perché vuole guadagnare di più, perché vuole spazio maggiore. Si è pentito perché non è diventato capo. Ci sta denunciando perché non l'abbiamo fatto guadagnare, perché vuole prendere il nostro posto. Ne sta scrivendo perché non ha il fegato o le capacità per diventare uno di noi e allora fa l'anticamorrista.

L'elemento fondamentale per questi poteri è dimostrare che tutti abbiamo vizi, tutti siamo sporchi, tutti seguiamo due cose: il potere, e dunque fama e denaro, e le donne. O gli uomini, naturalmente. Segnalare che si possa non essere santi o eroi, ma uomini diversi, con tutte le contraddizioni del caso, questo, invece, dà fastidio, mette paura, perché sarebbe come ammettere che si può cambiare anche senza dover compromettere la propria vita o dover raggiungere chissà quali gradi di perfezione o sacrificio. Che non si può essere, non si deve essere soltanto marci, soltanto disposti ad accettare il compromesso.

Molti chiedono a chi si pone contro le organizzazioni criminali perché lo faccia. C'è un corridore, un atleta, un recordman dei cento metri, a cui hanno chiesto una volta perché avesse deciso di correre. E la sua risposta è la risposta che io do a me stesso e a chi ogni volta mi chiede perché mi occupi di certi temi e perché continui a vivere questa vita infernale. A questo corridore chiesero: "Ma perché corri?" E lui rispose: "Perché io corro? ... perché tu ti sei fermato?".

Anche a me piace rispondere così. Quando mi chiedono perché racconto, rispondo semplicemente: "... e perché tu non racconti?".

©2010 sto a diventà bravo co sto coso se riesco ad inserì tutto:)ciao
vincenzo
 

rootfellas

Florello
io credo, molto disilluso, che alla stragrande maggioranza degli italiani non frega un emerito caxxo delle mafie e di chi lotta contro la criminalità organizzata, ma chiaramente resta una mia opinione personale.
 
io credo, molto disilluso, che alla stragrande maggioranza degli italiani non frega un emerito caxxo delle mafie e di chi lotta contro la criminalità organizzata, ma chiaramente resta una mia opinione personale.

Vero Root,anche perchè ognuno fino a che non ci passa per qualche motivo, pensa solo all'orticello proprio(me compreso) per questo motivo PARLARNE anche fra noi non può solo che far del bene.
Parlare vuol dire forse aprire un certo varco in tutti i sistemi ,non solo quello mafioso,far arrivare la conoscenza a molti vuol dire renderli partecipi di situazioni che forse si vogliono tenere nascoste....tutto qui
Poi le chiacchiere le porta via il vento se dice,ma a volte qualcosa rimane e non sia mai anche il nostro solo pensiero conta ,allora li quel poco serve sicuramente.
 
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Vagabonda

Florello Senior
io credo, molto disilluso, che alla stragrande maggioranza degli italiani non frega un emerito caxxo delle mafie e di chi lotta contro la criminalità organizzata, ma chiaramente resta una mia opinione personale.

non è vero. E' tremendamente banale e scontato quello che dici, oltre che offensivo. Vivi qualche anno nelle zone "infestate" da mafia e camorra, parla con quelli che tutti i giorni, anche per comprare il pane, devono subire i loro ricatti.
 

rootfellas

Florello
sono calabrese per metà, so bene quello che vuol dire, è un mio pensiero, offensivo o no e che ti piaccia o meno.
 

Piera58

Moderatrice Sez. Piccoli Amici
Membro dello Staff
Root noi non dobbiamo convivere solo con la mafia ma anche col pensiero mafioso, un pensiero che è in ogni dove e che noi semplici cittadini ci sbattiamo il muso tutto i santi giorni. Interessa il problema eccome se ci interessa, difficile trovare soluzioni.
 

Vagabonda

Florello Senior
allora root, mi domando come tu possa liquidare la faccenda in poche righe. Io ho negli occhi e nel cuore una scena vissuta. Una direttrice di scuola, 40-50 anni, una donna come tante. Ha sospeso un alunno perchè lo meritava. Il giorno dopo è arrivato il padre dell'alunno che ha preso a "buffetti" sulla guancia la direttrice mentre le diceva "allora, questo ragazzo lo riammettiamo o no?".
Certo, non era minacciata con una pistola, ma non c'erano nemmeno le telecamere della RAI a riprenderla. Lei ha avuto paura. Come la gente che compra le mozzarelle e il pane che la camorra dice di comprare. Il problema non è risolvibile con un po' di sdegno o qualche frase fatta. Il problema è che la gente (gli italiani) sono succubi di soprusi e indifferenza. Tanto di cappello a chi si ribella. Ma non è così scontata, la scelta, anzi. Tu vai nei supermercati "giusti"? Tu fai frequentare ai tuoi figli le "giuste" compagnie? A volte era un problema anche iscriversi alla "giusta" palestra.
 

Vagabonda

Florello Senior
segue....
Io vengo da una terra complicata dove ogni cosa è gestita dai poteri criminali. Tutto è a loro sottoposto e tutto è loro espressione, dalla sessualità alla cronaca locale. Ed è proprio partendo dalla cronaca locale che ho voluto raccontare il mio territorio per mostrare che esiste un modo di raccontare giorno per giorno la cronaca, nelle edicole, sui giornali che poi arriveranno nei bar, che circoleranno nelle salumerie, dai barbieri, che aderisce completamente al linguaggio e alle logiche delle organizzazioni criminali.

Si dirà che sono giornali che hanno tirature molto basse e diffusione limitata a quelle zone. Ma è esattamente in quelle zone che loro devono circolare. È lì che devono comunicare, costruire opinioni e far aderire il lettore alle logiche di camorra. È lì che deve essere considerato normale che un pentito venga definito infame. Che chi muore combattendo le organizzazioni criminali venga immediatamente riportato alla sua dimensione mediocre di uomo come tutti.

ecco, io intendevo questo. Facile fare la "morale" quando si sta altrove. Un conto però è vivere e subire il SISTEMA nei luoghi di origine. Prego, accomodatevi pure.
 

rootfellas

Florello
Non faccio la morale a nessuno, e essendoci stato e avendo ancora i parenti la, so esattamente cosa è la mafia e il pensiero mafioso, ma il mio pensiero rimane disilluso, su 60 milioni di italiani, penso che l'interesse attivo per le vicende di mafia tocchi non più del 15/20% della popolazione, non basta guardare il tg, soprattutto all nord, dove le mafie hanno i loro interessi economici.
 

bonsai d'aprile

Giardinauta
marò che spavento! pensavo fosse stata lucchettata! (forse sono prevenuta...)
secondo me, quello che ha messo vincenzo, è una cosa bellissima! e credo che, per quel poco che può servire, sia un obbligo morale (per noi e per i nostri figli!) cercare di ragionare in maniera "pulita" e non mafiosa. io vivo in una realtà che non ha molto a che fare con la mafia ma se ci si sposta dall'altra parte di treviso, verso venezia, c'è il dominio di certa mafia del brenta: "sgominata" anni fa.
credo che si debba combattere anche semplicemente parlandone perchè non potremo mai avere un mondo perfetto ma meno sporco sì!
e sostenere quelle persone che, come saviano, parlano e raccontano è un modo semplice per farli sentire meno soli.
così come, credo e spero, faccia piacere a tutte quelle persone circondate da un certo modo di pensare sentirsi almeno sorretti.
mi direte: è poco o nulla! vero!
ma anche scrivere e parlarne sembrava poco. eppure saviano è preso peggio di uno con una fedina penale lunga come un calendario.
io sono convinta sostenitrice dei piccoli passi fatti INSIEME per poter cambiare le cose.
p.s.: per la cronaca: una persona mi ha detto: è meglio non parlare della mafia del brenta. shhhhh
 

Vagabonda

Florello Senior
già il fatto che milioni di italiani abbiano comprato e letto il libro di Saviano vuol dire che c'è interesse.
 
ecco, io intendevo questo. Facile fare la "morale" quando si sta altrove. Un conto però è vivere e subire il SISTEMA nei luoghi di origine. Prego, accomodatevi pure.



So benissimo cosa intendeva sia Saviano che te rimarcandolo,sono calbrese,ho parenti in Calabria,vado ogni anno in vacanza giù ,leggo e so come funzionano certe cose,ascolto Tg.
Ti dirò di più,mio padre ha fatto l'emigrante, dalla germania si è poi trasferito a Roma,tutto per lavorare...capito cosa intendo ?se non lo avesse fatto lui ,sicuramente lo avrei fatto io da giovane .
La vita in quei posti non è facile per i vari motivi che abbiamo già detto,la gente convive con certe situazioni anche perchè lo Stato è assente da SEMPRE,il problema è politico,si sa che il Sud è un deposito di voti perenne,le elezioni si sono sempre vinte al Sud,gli onorevoli vengono eletti dal sud e sono quasi TUTTI del Sud ,il nord conta come il 2 denari quando la briscola è coppe capito ?
Non è facile ,ma allora che si fa? abbiamo noi il coraggio di ribellarci anche quando veniamo toccati nel piccolo ch epuò essere anche il soppruso di un parcheggio,una fila,un capo che al lavoro ti ricatta o meglio ancora se sei donna te vole portà a letto altrimenti te licenzia?ognuno cerca di vivere e barcamenarsi ,questo perchè lo Stato in molte situazioni è assente,la legge e stata sempre del più forte(ricco...) e lo sarà sempre,il poveraccio cosa deve fare?niente? almeno facciamolo parlare poi chissaà,forse una parola alla volta si riesce anche a scardinare questo muro oppure diamo la possibilità ad ognuno di difendersi da solo(chi ne ha le possibilità e la forza....),non è semplice....
Io dico ciò ,ma poi coltivo il MIO orticello e quando qualcuno me se frega il raccolto vedo quello che posso fare....a volte niente a volte cerco aiuto nella legge a volte reagisco a modo mio,in tutto ciò ho sempre da mettere sul piatto pro e contro ed anche qui non è facile decidere.
Vedi non è semplice neanche coltivare l'orticello...qual'è la cosa giusta? il giusto secondo me è l'isolamento ,ma si può?mi pare di vedere nello scritto un cane che se morde la coda,non c'è soluzione (forse) ,ma si potrebbe solo cercare di rendere la vita meno complicata possibile,questo lo può fare solo lo Stato (si dice ch esiamo noi...)con il nostro appoggio e controllo ...evitando solo di non far mettere radici....
Me so allargato un pò ,ma se ne dicono tante....si fa per parlare, poi ognuno quando chiude la porta il problema che ha rimane li e se lo deve risolvere da solo purtroppo .ciao
vincenzo
 

Vagabonda

Florello Senior
e ti pareva che tiravi fuori il solito piagnisteo dello Stato? Lo Stato ce lo mettiamo noi lì. E siamo sempre noi che spesso agevoliamo le mafie e l'illegalità, come quando preferiamo avere lo sconto che la fattura dal dentista, quando chiediamo all'uscere di mettere la nostra pratica in cima, quando cerchiamo la raccomandazione per un figlio..... quando non paghiamo il canone perchè siamo più furbi degli altri....
 

rootfellas

Florello
e ti pareva che tiravi fuori il solito piagnisteo dello Stato? Lo Stato ce lo mettiamo noi lì. E siamo sempre noi che spesso agevoliamo le mafie e l'illegalità, come quando preferiamo avere lo sconto che la fattura dal dentista, quando chiediamo all'uscere di mettere la nostra pratica in cima, quando cerchiamo la raccomandazione per un figlio..... quando non paghiamo il canone perchè siamo più furbi degli altri....

questa te la quoto appieno, i primi a foraggiare un sistema mafioso siamo noi cittadini nei piccoli gesti quotidiani, salvo rallegrarci quando in tv fanno vedere che hanno arrestato un boss.. contentino per poveri illusi.
 
e ti pareva che tiravi fuori il solito piagnisteo dello Stato? Lo Stato ce lo mettiamo noi lì. E siamo sempre noi che spesso agevoliamo le mafie e l'illegalità, come quando preferiamo avere lo sconto che la fattura dal dentista, quando chiediamo all'uscere di mettere la nostra pratica in cima, quando cerchiamo la raccomandazione per un figlio..... quando non paghiamo il canone perchè siamo più furbi degli altri....

Su quanto detto da te qui sopra ed altro,qualcosa ch enon faccio c'è....come del resto tutti noi.
Lo stato siamo noi.....giusto ,il problema e non far mettere radici per troppo tempo alla maggior parte dell'individui che lo dirigono.
Nessun piagnisteo,qundo posso i problemi me li risolvo senza andare a raccomandazioni,salto file od altro....lo facciamo tutti questo?
La mafia è altro e noi comuni cittadini ne possiamo solo parlare se lo Stato non è presente e non aiuta,ma da chi è composto?
leggite qualcosa su questi signori e loro provenienza e modi di salita alle belle poltrone.qui chiudo sennò se va sempre in politica.ciao
vincenzo
 
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Piera58

Moderatrice Sez. Piccoli Amici
Membro dello Staff
Già lo stato siamo noi, lo stato è pagare un certificato di abitabilità e dopo due anni non averlo ancora ricevuto? Vincere una sentezza al TAR e il comune continua a fare ostracismo? E' stato? No è pensiero mafioso e contro questo non si hanno armi.
 

Vagabonda

Florello Senior
no piera, quello non è stato, ma burocrazia. E purtroppo la burocrazia è fatta dai burocrati, che non è Stato in sè, ma persone come te e me che però perdono un mucchio di tempo.
 
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