AUTORE VINCENZO SUPPA STUDIOSO DI QUESTI FENOMENI
TODD!!!!!DIMMI SE NON TI BASTA NE HO ANCORA...ALLORA SIAMO TUTTI 'FUMATI'CHE CI INVENTIAMO LE COSE???MA DAI!!!!!!!!!!!!!DI LA VERITA' ,DI QUELLO CHE E'!
http://criminologia.advcom.it/suppaimmi.htm
Connessioni tra immigrazione e criminalità
E’ estremamente complesso delineare in maniera sintetica e, nello stesso tempo esaustiva, l’insieme delle connessioni che legano l’immigrazione clandestina al mondo della criminalità.
Per comodità e chiarezza di analisi, le tipologie delittuose riconducili, direttamente e/o indirettamente, al fenomeno migratorio possono essere raggruppate in tre categorie generali.
Nella prima, che è quella più pericolosa e difficile da contrastare, troviamo le ipotesi di associazionismo criminale di matrice straniera, il cui numero e la cui complessità organizzativa sono in costante aumento.
Sullo scenario delinquenziale italiano si sono affacciati nuovi protagonisti, provenienti da Paesi con un tenore di vita più basso dal nostro, che cercano di orientare le loro attività verso quelle zone ove vi è più ricchezza da depredare, giungendo anche a sfidare le organizzazioni criminali italiane per il controllo del territorio.
Tra queste potenti consorterie malavitose, un ruolo di primo piano è svolto dai gruppi criminali di origine russa, turca, cinese, nigeriana ed albanese, che dispongono di ramificate basi operative nell’Europa centrale ed occidentale.
A tal proposito, l’attività investigativa ha rivelato, in più occasioni, che questi sodalizi hanno differenti soggettività funzionali e strutturali, diversi interessi criminali e modus operandi, pur sussistendo, tra loro, collegamenti sempre più frequenti, stabili e collaudati.
Un dato estremamente significativo, peraltro, li accomuna: gli effetti distorsivi prodotti sull’assetto economico del territorio in cui operano.
Tali conseguenze, note da tempo per quanto riguarda le tradizionali organizzazioni criminali del nostro Paese, risultano evidenti anche per le organizzazioni criminali originarie di altri paesi, laddove vengono a costituire "soggetti di prelievo parallelo" che tendono a colpire gli operatori economici legali.
E’ il caso, ad esempio, dei cinesi il cui ingresso in Italia è stato favorito dall’esistenza di complesse organizzazioni dedite all’immigrazione clandestina, che gestiscono l’intero movimento migratorio illegale verso l’Europa. La comunità cinese è venuta, così, occupando ampie porzioni di territorio, ove oggi vi sono veri e propri "quartieri cinesi".
Parallelamente, nel settore produttivo, tali soggetti hanno nel tempo rilevato un gran numero di ristoranti e laboratori di confezione di abbigliamento e pellame.
Queste attività sono state impiantate particolarmente nelle aree industriali – ove, tradizionalmente, erano già presenti analoghe iniziative di imprenditori italiani – e sono entrate in competizione con queste u1time, che non sono in grado di reggere la concorrenza dei loro antagonisti cinesi, i quali utilizzando manodopera clandestina, sono in grado di praticare prezzi molto più bassi di quelli richiesti dalle ditte italiane.
L’immigrazione clandestina rappresenta, quindi, il "volano" di tutte le attività impiantate sul territorio ed il mezzo attraverso cui le organizzazioni criminali tendono a realizzare uno stretto controllo delle strutture imprenditoriali gestite da cittadini cinesi.
Le organizzazioni criminali di matrice cinese, infatti, lucrano cifre esorbitanti facendo leva sulla disperazione e sul desiderio di quanti aspirano a far fortuna all’estero, costituendo, in tal modo, un fertile terreno di reclutamento di manovalanza criminale e di forza lavoro a prezzi irrisori.
E’ stato, inoltre, accertato che la criminalità associata cinese si avvale del traffico illegale di immigrati per introdurre in un determinato territorio persone consapevoli fin dall’inizio che, per pagare il viaggio, saranno costretti a commettere reati di ogni tipo per conto delle organizzazioni.
Un’altra pericolosa minaccia proviene dalla criminalità albanese, la cui presenza è andata fortemente aumentando in concomitanza con il massiccio flusso di immigrati clandestini provenienti da quel Paese.
Fra le principali attività illecite dei gruppi criminali albanesi vi sono lo sfruttamento della prostituzione giovanile, il traffico di anni e lo sfruttamento di manodopera minorile e, negli ultimi tempi, il riciclaggio del denaro provento delle attività illecite.
Ma l’attività sicuramente più diffusa e remunerativa è costituita dal traffico di sostanze stupefacenti. L’Albania è un grande produttore di cannabis, ma non anche di eroina e cocaina, di cui i gruppi criminali sono invece abili trafficanti. L’eroina trafficata è per la totalità di provenienza turca, mentre la cocaina proviene dall’America del sud e dagli U.S.A..
Va però rilevato che in alcuni casi sono stati effettuati anche sequestri di eroina di scarsa qualità, il cui processo di trasformazione da morfina base a eroina risultava incompleto, per cui si ritiene che in Albania siano in corso esperimenti di raffinazione della predetta sostanza stupefacente, allo scopo di allestirvi laboratori clandestini. Alcune notizie fiduciarie, poi, segnalano tentativi di coltivazione in Albania della pianta di coca.
Tali elementi inducono a ritenere che l’Albania, in connubio con la criminalità organizzata italiana, in particolare quella contrabbandiera pugliese, possa giocare, in un futuro non troppo lontano, un ruolo di primo piano anche nello scenario internazionale del grande traffico di droga, proponendosi, tra l’altro, come snodo di una nuova rotta degli stupefacenti, alternativa alla vecchia "rotta balcanica".
Il traffico di droga fra l’Albania e l’Italia è particolarmente attivo. La rotta che attraversa il Canale d’Otranto è ormai consolidata: dai porti di Valona, Saranda e Durazzo partono ogni notte, gommoni e pescherecci, stipati di droga e clandestini, che vanno a sbarcare i loro carichi di stupefacente e di disperazione nei porti del versante adriatico italiano, Trieste, Ancona, Pescara e, più in particolare, nei porti della Puglia, Bari, Brindisi, Lecce, Otranto.
I sequestri di droga, effettuati a bordo di natanti, stipati unitamente ai clandestini, dimostrano in modo inequivocabile che il traffico di droga e di esseri umani vanno di pari passo.
In alcuni casi, infatti, gran parte dello stupefacente è trasportato dai clandestini stessi ed è utilizzato quale merce di scambio per il viaggio.
La seconda tipologia di criminalità connessa all’immigrazione riguarda l’affiliazione di immigrati clandestini da parte di gruppi già organizzati ed operanti, per l’impiego in compiti di manovalanza delinquenziale (spaccio di stupefacenti, vendita al minuto di sigarette di contrabbando) e/o a fini di sfruttamento illecito (prostituzione, attività lavorative in "nero" svolte in condizioni degradanti o illegali presso fabbriche, aziende agricole, ristoranti, ecc.).
Uno dei fenomeni più diffusi è proprio quello dello sfruttamento della prostituzione delle immigrate. In Italia, dal 1991 vi è stato un costante incremento nel numero di persone denunciate per reati connessi alla prostituzione. Dallo stesso anno, sono aumentati anche gli stranieri denunciati per questo reato (come emerge dal grafico che segue).
Fig. 1 – Stranieri denunciati per sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione per i quali l’A.G. ha iniziato l’azione penale. Italia. ANNI 1990-1996 (Dati ISTAT).
Questa crescita è collegata all’aumento dei flussi migratori verso l’Italia, soprattutto dai Paesi dell’Europa dell’Est, e al coinvolgimento nel mercato della prostituzione "da strada" delle organizzazioni di reclutamento e delle prostitute di origine straniera.
Dopo due prime fasi (dal 1980 agli inizi degli anni 90 e dal 1992 al 1995) che hanno visto, soprattutto, l’arrivo nel nostro Paese di cittadine sudamericane e dei paesi dell’Est, attualmente siamo di fronte ad un ulteriore progresso nell’evoluzione dello sfruttamento della prostituzione femminile di ragazze straniere, questa volta provenienti maggiormente dall’Albania e dalla Nigeria, in entrambi i casi di età molto giovane. Da rilevare il fatto che si intravede con sempre maggiore frequenza la catena organizzativa criminale che lega il Paese d’origine (adescamento e reclutamento delle ragazze) con il Paese di destinazione (prima accoglienza ed avviamento sulle strade o in luoghi privati).
Altrettanto significativo è il fenomeno dell’impiego di cittadini extracomunitari nello spaccio di sostanze stupefacenti. Basti pensare che dal 1987 al 1998 il numero degli stranieri deferiti alle Autorità Giudiziarie si è incrementato del 582%; inoltre, se nel 1987 era indagato per reati di droga uno straniero ogni quindici cittadini italiani, nel 1998 tale rapporto è diventato di uno a tre.
Fig. 2 – Stranieri deferiti all’Autorità Giudiziaria per reati di droga – Italia – ANNI 1987-1998 (Dati DCSA).
Quanto alla percentuale di indagati, italiani e stranieri, deferiti all’A.G., a piede libero ovvero in stato di arresto, le tavole seguenti evidenziano che gli stranieri sono più frequentemente colpiti da provvedimenti restrittivi (l’87%) rispetto agli italiani (65%). Fig. 3. Italia – ANNO 1998 (Dati DCSA).