alessiobio
Giardinauta
Ciao a tutti/e,
ho voluto creare questo post per avere la possibilità di condividere con voi un pensiero che mi passa per la testa da un po' di tempo. In effetti il titolo che ho voluto dargli è abbastanza evocativo, anche se va spiegato.
Ormai mi sono avvicinato al mondo dei bonsai da qualche anno e credo di poter affermare che i nostri beneamati riescano a essere fuori pericolo solo dopo aver superato quella che ho chiamato "la soglia dei due anni". In altre parole, penso che sia molto più facile che una pianta ci muoia (soprattutto se presa da vivaio) entro un anno e mezzo o due al massimo, piuttosto che nel tempo successivo. Specularmente, le piante che possediamo da oltre due anni sono anche quelle con una maggior capacità di sopravvivenza.
Evidentemente non è una legge matematica quella che sto annunciando e sono sicuro che mi si possono dare un'infinità di controesempi. La mia è una semplice costatazione del tutto personale, diciamo pure statistica.
Entro la soglia dei due anni in effetti quello che accade è molto semplice: troviamo una pianta che ci piace e decidiamo di iniziare a coltivarla per renderla un bonsai; travasi, potature (drastiche soprattutto), concimazioni, ubicazioni più o meno soleggiate, ecc.. In sintesi al termine di questi primi due anni, la pianta avrà subito una vera trasformazione, la quale pero'non esclude choc ed errori da parte nostra. Non si conosce ancora bene l'essenza né le sue esigenze biologiche più profonde, e si procede cosi' un po' (bisogna pur ammetterlo) per tentativi. Certo un forum come questo aiuta enormemente principianti e anche, più raramente i più esperti ad evitare errori colturali e ridurre cosi' il margine di rischio che si corre nel trattare le nostre piante.
Allo scadere dei due anni, quasi una sorta di incantesimo malvagio, le piante per le quali non siamo stati in grado di accorgerci per tempo delle loro sofferenze, ci faranno capire di queste nostre mancanze molto brutalmente e senza possibilità d'appello: tout simplement, muoiono. Si potrebbe dire che soffrano di un elevato tasso di mortalità infantile.
Esistono delle fasi dell'anno rinomate per la loro criticità colturale: in primavera il risveglio dall'inverno con gelate tardive, acari e microclima tendenzialmente umido, in estate le temperature torride, in autunno ancora una volta l'umidità, i primi freddi e le giornate assolate tardive, e in inverno infine le temperature glaciali. Chi non ha mai avuto problemi con queste difficoltà cicliche.
Cio' che sostengo è che le piante che possediamo da oltre due anni, avranno una capacità maggiore nell'adattarsi e nell'affrontare simili avversità. Che si tratti di malattie fungine o dell'attacco di parassiti, credo che queste essenze siano più forti e più capaci di superare tali momenti critici. E' improbabile che arrivino a morire, al più ci fanno capire il loro malessere con un ingiallimento o una perdita parziale dell'apparato fogliare, con un avvizzimento dei frutti ecc.. Questo perché (sempre a mio semplice avviso) queste essenze hanno raggiunto la loro forma adulta, riuscendo cosi' a sviluppare al meglio tanto il loro apparato radicale che quello fogliare; sono in uno stato di equilibrio biologico sano e di conseguenza meno vulnerabili.
La soglia dei due anni diviene cosi' anche (se non soprattutto) per noi un banco di prova, un momento della verità in cui capire se abbiamo agito da un punto di vista colturale in modo appropriato o no. In molto casi, nella maggior parte dei casi secondo me, la situazione a cui ci si confronta è la seconda e le nostre piante ci abbandonano dopo aver esaurito quello che considero una sorta di carica, di energia, che in modo più o meno "salubre" gli era stata trasmessa nei vivai. Concimazioni errate, travasi fuori stagione, terricci inappropriati, potature inopportune e tante altre nostre manipolazioni sulle piante che abbiamo deciso di coltivare porteranno ad un'inesorabile e fatale perdita di tale risorsa energetica sino ad un totale spegnimento delle funzioni vitali.
Vorrei anche che fosse chiaro un concetto implicito in quello che dico: quando parlo di "soglia dei due anni" non mi riferisco all'età relativa della pianta; in altri termini quanto sostengo è valido tanto per una pianta di svariate decine di anni (anche bonsai) che per una giovanissima essenza da vivaio. Il conto alla rovescia del limite biennale scatta al momento in cui la acquistiamo.
Chiamerei quindi questo primo periodo, un periodo di adattamento vegetale, proprio perché è la pianta a doversi abituare a noi, purtroppo, e non viceversa (situazione che ne causa nella maggior parte dei casi la morte). Superati pero' i due anni, si puo' presumere che segua un altro periodo di adattamento, ma questa volta umano; siccome si comincia a "capire" meglio la nostra pianta, a conoscerla nella sua natura, si cerca di fare di tutto per adattarsi alle sue esigenze.
In sintesi penso che quando si vedono quei bonsai di svariate decine di anni, con le loro sembianze da albero secolare, con le loro ramificazioni perfette e i loro colori incantevoli, ma soprattutto nel loro splendido stato di salute, si sia in presenza di un equilibrio perfetto tra la pianta e l'essere umano, tra il bonsai e il bonsaista. Una sorta di simbiosi perfetta che si è instaurata nel corso del tempo, senza che mai parola fosse proferita. A partire dai due anni, è allora come se iniziassero a parlarci in una lingua segreta, fatta di colori e materia viva, e al contempo noi iniziamo ad ascoltare tale lingua, a capirla.
Si, lo so, tutto quello che ho scritto appartiene più all'ordine del filosofeggiamento teorico intorno all'universo bonsai che ad un reale aspetto pratico e tecnico della faccenda, quindi vi chiedo innanzi tutto scusa per la lungaggine. Spero di non avervi annoiato troppo e vi invito a condividere con me tutto quello che pensate su quanto ho scritto.
Grazie della pazienza
ho voluto creare questo post per avere la possibilità di condividere con voi un pensiero che mi passa per la testa da un po' di tempo. In effetti il titolo che ho voluto dargli è abbastanza evocativo, anche se va spiegato.
Ormai mi sono avvicinato al mondo dei bonsai da qualche anno e credo di poter affermare che i nostri beneamati riescano a essere fuori pericolo solo dopo aver superato quella che ho chiamato "la soglia dei due anni". In altre parole, penso che sia molto più facile che una pianta ci muoia (soprattutto se presa da vivaio) entro un anno e mezzo o due al massimo, piuttosto che nel tempo successivo. Specularmente, le piante che possediamo da oltre due anni sono anche quelle con una maggior capacità di sopravvivenza.
Evidentemente non è una legge matematica quella che sto annunciando e sono sicuro che mi si possono dare un'infinità di controesempi. La mia è una semplice costatazione del tutto personale, diciamo pure statistica.
Entro la soglia dei due anni in effetti quello che accade è molto semplice: troviamo una pianta che ci piace e decidiamo di iniziare a coltivarla per renderla un bonsai; travasi, potature (drastiche soprattutto), concimazioni, ubicazioni più o meno soleggiate, ecc.. In sintesi al termine di questi primi due anni, la pianta avrà subito una vera trasformazione, la quale pero'non esclude choc ed errori da parte nostra. Non si conosce ancora bene l'essenza né le sue esigenze biologiche più profonde, e si procede cosi' un po' (bisogna pur ammetterlo) per tentativi. Certo un forum come questo aiuta enormemente principianti e anche, più raramente i più esperti ad evitare errori colturali e ridurre cosi' il margine di rischio che si corre nel trattare le nostre piante.
Allo scadere dei due anni, quasi una sorta di incantesimo malvagio, le piante per le quali non siamo stati in grado di accorgerci per tempo delle loro sofferenze, ci faranno capire di queste nostre mancanze molto brutalmente e senza possibilità d'appello: tout simplement, muoiono. Si potrebbe dire che soffrano di un elevato tasso di mortalità infantile.
Esistono delle fasi dell'anno rinomate per la loro criticità colturale: in primavera il risveglio dall'inverno con gelate tardive, acari e microclima tendenzialmente umido, in estate le temperature torride, in autunno ancora una volta l'umidità, i primi freddi e le giornate assolate tardive, e in inverno infine le temperature glaciali. Chi non ha mai avuto problemi con queste difficoltà cicliche.
Cio' che sostengo è che le piante che possediamo da oltre due anni, avranno una capacità maggiore nell'adattarsi e nell'affrontare simili avversità. Che si tratti di malattie fungine o dell'attacco di parassiti, credo che queste essenze siano più forti e più capaci di superare tali momenti critici. E' improbabile che arrivino a morire, al più ci fanno capire il loro malessere con un ingiallimento o una perdita parziale dell'apparato fogliare, con un avvizzimento dei frutti ecc.. Questo perché (sempre a mio semplice avviso) queste essenze hanno raggiunto la loro forma adulta, riuscendo cosi' a sviluppare al meglio tanto il loro apparato radicale che quello fogliare; sono in uno stato di equilibrio biologico sano e di conseguenza meno vulnerabili.
La soglia dei due anni diviene cosi' anche (se non soprattutto) per noi un banco di prova, un momento della verità in cui capire se abbiamo agito da un punto di vista colturale in modo appropriato o no. In molto casi, nella maggior parte dei casi secondo me, la situazione a cui ci si confronta è la seconda e le nostre piante ci abbandonano dopo aver esaurito quello che considero una sorta di carica, di energia, che in modo più o meno "salubre" gli era stata trasmessa nei vivai. Concimazioni errate, travasi fuori stagione, terricci inappropriati, potature inopportune e tante altre nostre manipolazioni sulle piante che abbiamo deciso di coltivare porteranno ad un'inesorabile e fatale perdita di tale risorsa energetica sino ad un totale spegnimento delle funzioni vitali.
Vorrei anche che fosse chiaro un concetto implicito in quello che dico: quando parlo di "soglia dei due anni" non mi riferisco all'età relativa della pianta; in altri termini quanto sostengo è valido tanto per una pianta di svariate decine di anni (anche bonsai) che per una giovanissima essenza da vivaio. Il conto alla rovescia del limite biennale scatta al momento in cui la acquistiamo.
Chiamerei quindi questo primo periodo, un periodo di adattamento vegetale, proprio perché è la pianta a doversi abituare a noi, purtroppo, e non viceversa (situazione che ne causa nella maggior parte dei casi la morte). Superati pero' i due anni, si puo' presumere che segua un altro periodo di adattamento, ma questa volta umano; siccome si comincia a "capire" meglio la nostra pianta, a conoscerla nella sua natura, si cerca di fare di tutto per adattarsi alle sue esigenze.
In sintesi penso che quando si vedono quei bonsai di svariate decine di anni, con le loro sembianze da albero secolare, con le loro ramificazioni perfette e i loro colori incantevoli, ma soprattutto nel loro splendido stato di salute, si sia in presenza di un equilibrio perfetto tra la pianta e l'essere umano, tra il bonsai e il bonsaista. Una sorta di simbiosi perfetta che si è instaurata nel corso del tempo, senza che mai parola fosse proferita. A partire dai due anni, è allora come se iniziassero a parlarci in una lingua segreta, fatta di colori e materia viva, e al contempo noi iniziamo ad ascoltare tale lingua, a capirla.
Si, lo so, tutto quello che ho scritto appartiene più all'ordine del filosofeggiamento teorico intorno all'universo bonsai che ad un reale aspetto pratico e tecnico della faccenda, quindi vi chiedo innanzi tutto scusa per la lungaggine. Spero di non avervi annoiato troppo e vi invito a condividere con me tutto quello che pensate su quanto ho scritto.
Grazie della pazienza