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Amy

Guru Giardinauta
parlo di due mie amiche che sono gelosissime, oserei dire patologiche, e sono delle traditrici: sanno che cosa combinano loro e quindi giudicano gli altri di conseguenza. Ho comunque conosciuto uomini e donne super gelosi e sempre erano traditori, tutti, nessuno escluso.
In un caso come questo, ho il dubbio che sia per le amiche invidiose che per i partner gelosi e traditori valga la seguente considerazione:
"io penso che gli altri siano portati a fare quello che istintivamente faccio io." Parafrasando: "mi aspetto dagli altri quello che faccio io"
Quindi il partner1 è geloso perché pensa che il partner2 si comporti come lui, cioè che tradisca.
E per le 'amiche' @cri1401 stessa dice che 'sanno cosa combinano loro e giudicano gli altri di conseguenza' quindi giudicano che gli altri possano fare le stesse loro azioni.

Dalla Treccani:
invìdia Sentimento spiacevole che si prova per un bene o una qualità altrui che si vorrebbero per sé, accompagnato spesso da avversione e rancore per colui che invece possiede tale bene o qualità.
 

cri1401

Florello Senior
In un caso come questo, ho il dubbio che sia per le amiche invidiose che per i partner gelosi e traditori valga la seguente considerazione:
"io penso che gli altri siano portati a fare quello che istintivamente faccio io." Parafrasando: "mi aspetto dagli altri quello che faccio io"
Quindi il partner1 è geloso perché pensa che il partner2 si comporti come lui, cioè che tradisca.
E per le 'amiche' @cri1401 stessa dice che 'sanno cosa combinano loro e giudicano gli altri di conseguenza' quindi giudicano che gli altri possano fare le stesse loro azioni.
Dico ancora questo e poi stop se no non va bene: loro che sono gelose, si mettono con uomini gelosi a loro volta e che sapevano benissimo essere dei traditori (vuoi mica metterti con un bravo ragazzo, sono noiosi)....insomma Dio li fa e poi lo accoppia.
Vivere sempre sul chi va là, stare sempre all'érta.
 

Amy

Guru Giardinauta
Mi piace molto l'aggettivo impervio, semplice ma utilizzato non tanto.
Mi sono trovata ad usarlo mentre scendevo i gradini di una scalinata che portava al mare.... ed era super impervia, appunto :LOL: (infatti sono tornata indietro, terribilissima)

Invece quando cammino su strade in fortissima salita (di quelle in cui polpacci e caviglie "tirano" come se fossero ingabbiati in una morsa) spesso dico "com'è erta questa salita" ma forse dovrei dire "com'è erta questa strada"? :cautious:

Erta, come giustamente riporta Treccani, è femminile sostantivato di erto, per cui l'uso come solo aggettivo femminile dovrebbe essermi consentito anche accostato a salita, giusto? :cautious:

Insomma, da brava ignorantina che sono, ancora ho dubbi sul fatto che si possa definire impervia una salita (che pur magari non essendo accidentata... cmq difficile da percorrere lo è eccome!)

P.S. Noto con estremo dispiacere che l'accento di érto/a è acuto, quindi chiuso!
"No piace me questo", per niente proprio! :(
Intanto che cercavo di imparare una cosa nuova ho trovato ertano (abitante di Erto PN) ed ertezza (ripidezza di una salita)
 

Sevi

Fiorin Florello
Salita è femminile quindi secondo me si.


perché?
Perché suona malissimo o_O
Mentre lo dico mi sembra di sentire Arrigo Sacchi quando, parlando, chiude tutte le vocali, tipico dei ravennati o dei fusignatesi (Fusignano sempre in provincia di Ravenna è, non posso sapere se o quanto cambi la pronuncia in tal caso; nel mio paese di provincia, ad esempio, cambia parecchio, rispetto alla città di Piacenza) e mi viene da ridere, simpaticamente intendo :LOL:

Però, pur nella simpatia verso una parlata romagnola :love: erta non mi piace con quell'accento (ma io sono un po' fissata con gli accenti, non farci caso) :LOL:
 

Sevi

Fiorin Florello
Invece io detesto, da qualche anno, goliardìa e quindi pure goliardico (diciamo non del tutto, ma per certi versi, non chiedetemi perché) :LOL:
 

Ghibli

Aspirante Giardinauta
Beh, se passiamo ai termini odiosi, io ODIO resilienza. Un sostantivo di cui non se ne sentiva proprio il bisogno, ma gli inglesi lo avevano, quindi ...
E in men che non si dica è diventato IL sostantivo. Non c'è convegno, lavoro di ricerca o decreto del PdC che non abbia la sua bella resilienza. Una lingua viva evolve, d'accordo, ma essere in balia delle mode del momento non è evoluzione.

Abbasso la resilienza e chi la usa!
 

Amy

Guru Giardinauta
Invece io detesto, da qualche anno, goliardìa e quindi pure goliardico (diciamo non del tutto, ma per certi versi, non chiedetemi perché) :LOL:
a me piace il suono della parola ... tuttavia i goliardi, a volte, nella loro spontaneità, sono un po' irritanti.

E nell'approfondire il significato della parola goliardo (e siccome è carino ve lo riporto) ho trovato metonimia.
goliardo
: Nome con cui furono indicati, dalla seconda metà del sec. 12°, i cosiddetti clerici vagantes, cioè quei chierici e monaci, uomini di chiesa e insieme di scuola, che, abbandonate le loro sedi, si recavano a frequentare le scuole dei grandi centri cittadini, per fare quindi carriera nelle corti dei principi e dei potenti ecclesiastici; il contatto con le nuove esperienze dell’ambiente cittadino favorì una loro progressiva laicizzazione con l’affermarsi di interessi schiettamente mondani, quali emergono dai componimenti poetici a loro attribuiti (v. goliardico). 2. a. Studente universitario (raro il femm. goliarda), soprattutto con riferimento alla vita libera e spensierata che, per molto tempo, fu propria del periodo degli studî superiori. b. Talora, per ellissi o per metonimia, il tipico berretto goliardico.

Ora mi faccio un altro giro sulla Treccani.
E ho trovato anche sineddoche
Se continua così ... chi mi ferma più.
 

Amy

Guru Giardinauta
Beh, se passiamo ai termini odiosi, io ODIO resilienza. Un sostantivo di cui non se ne sentiva proprio il bisogno, ma gli inglesi lo avevano, quindi ...
E in men che non si dica è diventato IL sostantivo. Non c'è convegno, lavoro di ricerca o decreto del PdC che non abbia la sua bella resilienza. Una lingua viva evolve, d'accordo, ma essere in balia delle mode del momento non è evoluzione.

Abbasso la resilienza e chi la usa!
io, nonostante rilegga ogni volta il significato della parola, non riesco a focalizzarne in maniera opportuna il significato effettivo quindi non riesco a ricordarlo.
C'è qualcosa che mi sfugge ...
 

Sevi

Fiorin Florello
Beh, se passiamo ai termini odiosi, io ODIO resilienza. Un sostantivo di cui non se ne sentiva proprio il bisogno, ma gli inglesi lo avevano, quindi ...
E in men che non si dica è diventato IL sostantivo. Non c'è convegno, lavoro di ricerca o decreto del PdC che non abbia la sua bella resilienza. Una lingua viva evolve, d'accordo, ma essere in balia delle mode del momento non è evoluzione.

Abbasso la resilienza e chi la usa!

Guarda, mi hai tolto le parole dalle dita :D
Volevo scriverne qualche giorno fa, ce la troviamo ovunque!
Non dico "abbasso", però non abusarne sarebbe già un bel passo che forse (mi) renderebbe questa parola un po' meno antipatichina :V
 

Waves

Master Florello
erta non mi piace con quell'accento (ma io sono un po' fissata con gli accenti, non farci caso) :LOL:
Non mi prendete in giro... Ma io gli accenti li sbaglio praticamente tutti!!! Pensate che da piccola ero sicura che si dicesse "Pàvia",:ROFLMAO: e anche adesso ho sempre dubbi su come si dice "erede" o "atterrito"...e di solito quando ho il dubbio li sbaglio, con mia grande frustrazione! :banghead: :LOL: :LOL: :LOL: :LOL: :ROFLMAO: :ROFLMAO: :ROFLMAO:
 

Delonix

Florello Senior
Beh, se passiamo ai termini odiosi, io ODIO resilienza. Un sostantivo di cui non se ne sentiva proprio il bisogno, ma gli inglesi lo avevano, quindi ...
E in men che non si dica è diventato IL sostantivo. Non c'è convegno, lavoro di ricerca o decreto del PdC che non abbia la sua bella resilienza. Una lingua viva evolve, d'accordo, ma essere in balia delle mode del momento non è evoluzione.

Abbasso la resilienza e chi la usa!
Resilienza esisteva in italiano ben prima dell'ultima (e già stancante) moda. Io ho studiato a scuola, in tempi non sospetti e abbastanza distanti, la resilienza dei metalli e delle leghe. È un termine tecnico\meccanico che qualcuno ha voluto trasformare in Psico-attitudinale. I soliti che adorano riempirsi la bocca di anglicismi (spesso anche abbastanza inappropriati) o modi di dire veramente ridicoli {leggi: -buttare il cuore oltre l'ostacolo- solo per vendere un frigorifero in più -per fare budget-) perché fa figo! Dimostrando solo una immensa povertà lessicale... Ho discusso con uno di questi manager anglofili da strapazzo e l'ho sfidato a dirmi tutti i termini "intraducibili dall'inglese". Davo almeno 2 sinonimi per ogni "intraducibilità". Alla sesta o settima, rosso come un peperone, disse che si perdeva tempo -o reputazione?- chiesi io che sono uno sBronzo quando voglio...
 

Jc123

Giardinauta
Devo dire che sono solo parzialmente d'accordo sull'uso "spropositato" di anglicismi. Nonostante sia indubbiamente vero che nel 90% dei casi esiste un corrispettivo italiano, molto spesso è diverso il significato intriso nel termine. Mi spiego meglio: sappiamo tutti che il termine inglese videocall è facilmente traducibile in italiano come videochiamata, ma il significato che nelll'uso comune viene attribuito ai due significanti è diverso. Sono sinonimi, ma vengono utilizzati in modo diverso (videocall è una riunione telematica, videochiamata una telefonata con in aggiunta il video. La prima si usa in ambienti lavorativi/scolastici/organizzativi, la seconda in contesti informali). Esempi di sinonimi con significato attribuito differente sono comuni anche nei limiti della lingua italiana. Esempio banale: mucca e vacca, indicano esattamente la stessa cosa, ma i contesti e gli scopi per cui viene utilizzata una o l'altra parola sono sostanzialmente diversi. A volte penso sia peggio attaccarsi eccessivamente ad un uso di termini italiani che adottare una parola di origine straniera, che non fa altro che arricchire il vocabolario della lingua italiana. Io personalmente rabbrividisco quando sento chiamare i selfie "autoscatto", anche perché l'autoscatto nel linguaggio comune è un'altra cosa (quando si appoggiava la macchina fotograica con il timer impostato e si correva a farsi ritrarre). Tralasciando gli estremismi di qualche pazzo che ho incontrato, che chiamava "topo" il mouse e "computatore" il computer.

Secondo me non c'è niente di male ad arricchire il vocabolario della nostra lingua con termini stranieri. é così che sono nate le lingue, perché fermare questo processo? L'inglese ha uno dei vocabolari più ricchi al mondo, forse il più ricco in assoluto, perché sin dalle sue origini lo ha sempre espanso (nasce dall'unione tra anglosassone e normanno/francese antico). Questo non significa dimenticare l'italiano, ma accettare anche gli influssi di altre culture, che in un mondo ormai globalizzato non fanno altro che arricchire quelle d'origine. A mio avviso imparare qualcosa di nuovo da un'altra cultura porta sempre ad un arricchimento e mai ad una perdita.

Forse sono così a favore dell'adozione di anglicismi perché a Milano sono di uso così frequente da essere spesso diventate delle forme dialettali, sono curioso di sapere cosa ne pensate in generale :)
 

Amy

Guru Giardinauta
eggi: -buttare il cuore oltre l'ostacolo- solo per vendere un frigorifero in più -per fare budget-
io credevo che buttare il cuore oltre l'ostacolo avesse a che fare con la speranza di superare un cattivo momento o almeno io lo parafrasereri in questo modo; mi manca il collegamento alla vendita dei frigoriferi (una pubblicità che non ho visto?) e con gli anglicismi.

Do la mia opinione a @Jc123 riguardo all'uso degli anglicismi: videocall = videoconferenza = riunione telematica in realtà le parole in italiano le abbiamo anche per dare il corretto significato di quelle inglesi. La traduzione in videochiamata viene da una traduzione approssimativa del termine spezzato nelle sue due parti.
Poi ci sono termini effettivamente intraducibili: non so come si indichi in italiano il mouse o whatsapp e non so quale termine in un'altra lingua possa indicare una pizza, la pasta, gli spaghetti o una calle = 'strada' veneziana; ho messo 'strada' fra virgolette perché la calle non è una 'strada'.
Tutti questi termini vanno ad arricchire una lingua in modo 'pulito' cioé senza sovrapporsi alla lingua originale.
Poi ci sono i termini più corti: computer è più corto di calcolatore elettronico e week end è più corto di fine settimana. Li trovo comodi ma è meglio sapere come si scrivono per non fare brutte figure.

Il problema dell'uso eccessivo degli anglicismi è che chi conosce poco l'inglese (o non è un esperto del contesto in cui si usa l'anglicismo) non ha la possibilità di comprenderne bene il significato originario nemmeno se spezza le parole in più parti (vidocall = videochiamata); se si utilizzasse il corrispondente termine in italiano parecchie frasi risulterebbero più chiare. Credo che sia questa la causa dell'arrabbiatura.

Parentesi: il termine tecnico corretto per la femmina di bovino è 'vacca' e i contadini lo usano correttamente; noi non siamo 'addetti ai lavori' e la chiamiamo 'mucca' che è un termine volgare = del volgo.

E visto che ne stiamo parlando ... gli esempi riportati nell'ultima frase mi sembrano molto adatti a questa discussione
anġlicismo s. m. [der. di anglico, sul modello dell’ingl. (to) anglicize e del fr. angliciser]. – Parola, locuzione o costrutto proprio della lingua inglese, importato in altra lingua, sia nella forma originale (per es., blue jeans, sandwich, week-end), sia adattato foneticamente (come rosbif, tranvai, per roast beef, tramway). Anche, parola italiana o d’altra lingua impropriam. usata col sign. che la parola corrispondente ha in inglese (come quando, per es., il verbo confrontare è adoperato nel senso di «affrontare» o «stare a faccia a faccia» che ha l’ingl. to confront, o si attribuisce al verbo realizzare il sign. di «comprendere, rendersi esatto conto di qualche cosa» che è proprio dell’ingl. to realize).
 

Amy

Guru Giardinauta
Questa discussione non mi piace. Ho una certa idiosincrasia verso queste chiacchierate forbite.
idiosincraṡìa s. f. 2. estens., letter. Incompatibilità, avversione, ripugnanza verso determinati oggetti, per lo più astratti, verso situazioni o anche persone.
forbito agg. [part. pass. di forbire]. – 2. fig. Curato, raffinato, elegante: stile, linguaggio f.; un discorso forbito. Di persona, che parla o scrive con accuratezza formale.

Non tentare di imbrogliarci @cmr ... la verità è che ti stanchi a leggere i post troppo lunghi :LOL::LOL::X3:
 
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