A suo tempo lavoravo dalle otto di mattina a tarda sera e mia madre anziana, ancora perfettamente autosufficiente, restava tutto il giorno da sola e si rifiutava categoricamente di avere “persone estranee” in casa. Fu lei stessa a preferire di andare in casa di riposo. Dopo una prima, breve, non positiva esperienza (suore di convento!), approdammo ad un a struttura che si rivelò eccezionale sia per i locali che per l’assistenza. La maggior parte delle suore (ospedaliere e missionarie) erano giovanissime, entusiaste e sempre sorridenti. Si poteva entrare liberamente ed a qualsiasi ora. Mia madre aveva una stanza singola con bagno e grande terrazzo con fioriere nelle quali poteva proseguire a coltivare la sua passione per il giardinaggio; poteva consumare i pasti in sala da pranzo o in camera come preferiva; la domenica proiettavano dei film e organizzavano delle feste (alla morte della mia mamma mi è stato dato un piccolo album con foto nelle quali si vedevano le suore che la facevano ballare anche quando era sulla sedia a rotelle e lei era sempre sorridente).
L’ho sempre trovata con il foulard o la collana di pelle al collo e se qualche volta mi passava di mente di dire alla reception di farle fare la piega erano le suorine stesse che prendevano l’iniziativa. Trovavo spesso una delle suorine seduta sul bracciolo della sua poltrona a guardare la televisione con lei. Negli ultimi 20 giorni che mia madre ha passato in coma ed io le facevo la notte ho potuto notare come ogni ora due suore passassero stanza per stanza e, con una estrema delicatezza, controllassero se qualcuno fosse “bagnato” e, in caso affermativo, provvedevano a cambiare la biancheria senza svegliarlo. A mia, madre, inoltre, cambiavano la disposizione dei cuscini ogni ora per evitare la comparsa di piaghe da decubito.
E, in quelle notti, io stessa ho avuto un conforto morale e materiale (la mattina andavo direttamente a lavorare e non sono mai uscita senza che mi avessero portato la colazione) eccezionale.
Va da se che ogni volta che io ripenso a loro le benedica dal profondo e, ancora oggi, a distanza di nove anni, le chiamo spesso e vado ancora a trovarle.
Il problema di fondo è che un’assistenza del genere molto spesso è costosa tanto che io spero di potermi permettere, a suo tempo, di poter passare i miei ultimi giorni là.
Mentre un altro problema non indifferente è che da noi si pensa ancora a queste strutture come a dei lager ai quali rivolgersi come “ultima spiaggia”. Se ci si entrasse ancora non troppo avanti con l’età e si invecchiasse con gli altri ospiti l’impatto con il deterioramento fisico e mentale sarebbe molto minore.
Nel periodo in cui ho frequentato quella Residenza c’erano due signore di circa 70 anni, ancora molto in gamba, che avevano comprato una casetta in campagna e, durante la primavera e l’estate, se ne andavano regolarmente fuori per il weekend.