per dar seguito all'intento di informazione, ecco la risposta da parte della LAV:
"DALLE PAROLE AI FATTI (DA CONFERMARE) SULLA VIVISEZIONE"
21/10/2011
[di G.Felicetti*]
Se non sarà confermato dalla Commissione politiche comunitarie, dall’Aula di Montecitorio e poi dal Senato, l’emendamento approvato l’altro ieri dalla Commissione Affari Sociali della Camera che rappresenta un primo importante passo per ribaltare i nefasti effetti della direttiva europea 2010/63 sulla vivisezione, sarà servito a nulla.
La sua difesa, tanto più ora, è un atto dovuto dopo che, poco più di un anno fa, il voto di Bruxelles aveva visto gran parte della politica italiana schierarsi a favore di un recepimento restrittivo della normativa comunitaria.
E' un emendamento che salverà la vita a decine di migliaia di animali e finalmente garantirà l’implementazione dei metodi alternativi alla sperimentazione animale, a tutto vantaggio di una ricerca utile ed eticamente accettabile.
Altro che “cambierà poco” o “equilibrio”. Qui si tratta di vite salvate, ricerca pulita incentivata. In un settore di utilizzo di animali che, a differenza di altri, non aveva visto passi in avanti dalla nostra parte da troppi anni e ancora circa 900mila animali utilizzati ogni anno in centri pubblici e privati.
Il nostro plauso per il positivo lavoro svolto va quindi a chi ha mantenuto le promesse di tredici mesi fa, al Ministro Brambilla e ai deputati della Pdl del Gruppo Animali con la prima firma di Fiorella Ceccacci Rubino, che ha visto poi unirsi le altre parti e il Ministro della Salute Fazio, ora primo garante di questo accordo certificato dalla Commissione parlamentare di merito.
Cosa è successo in questi tredici mesi? Chi ha manifestato nelle piazze è in gran parte tornato a casa mentre alcuni hanno tenuto alta l’attenzione sull’allevamento, non solo di cani, “Green Hill” in provincia di Brescia. Altri hanno istituito un Centro di referenza nazionale sui metodi alternativi a cui è stata posta a capo una responsabile che non crede alla sostituzione degli animali nella sperimentazione. Altri hanno lavorato affinchè nei principi e nei criteri vincolanti di recepimento della direttiva europea venissero inserite effettive norme più restrittive e di divieto. E questo si è tramutato all’interno di una Legge Comunitaria (dopo un primo tentativo effettuato ad aprile scorso) in una proposta di emendamento scritta dalla nostra associazione, riprendendo i punti qualificanti delle proposte di legge presentate sul tema da tutti gli schieramenti e sottoscritti da favorevoli e detrattori alla sperimentazione animale. Questo visto che, purtroppo, all’ordine del giorno non vi era l’abolizione o meno della sperimentazione sugli animali.
Certo, non tutti i nove punti dell’emendamento modificato in parte in peggio e in parte in meglio, e poi approvato, sono positivi ma per gli interessi in campo anche i punti non positivi NON sono un passo indietro rispetto alla attuale legislazione.
Conformemente all’articolo 2 della direttiva europea che permette di mantenere “misure nazionali più rigorose”, i cani randagi continueranno a non poter essere utilizzati negli esperimenti come è in Italia dal 1991, a differenza di tanti altri Paesi. Ma se, come chiedevano diversi manifestanti lo scorso anno, ci fossimo fermati qui, non avremmo operato quel salto in avanti potenziale che sarà realizzato in particolare grazie a:
“-implementare i metodi alternativi destinando congrui finanziamenti; formare personale esperto nella sostituzione degli animali con metodi in vitro, anche tramite corsi di approfondimento all'interno di Centri di ricerca e Università integrandone il piano di studi”
-vietare l'allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione di cui alla lettera b) su tutto il territorio nazionale;
-vietare l'utilizzo di animali negli ambiti sperimentali di esercitazioni didattiche, ad eccezione dell'alta formazione dei medici e dei veterinari, ed esperimenti bellici;
-vietare gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora provochino dolore all'animale;
-assicurare un sistema ispettivo che garantisca il benessere degli animali da laboratorio, adeguatamente documentato e verificabile, al fine di promuovere la trasparenza, con un numero minimo di due ispezioni all'anno di cui una effettuata senza preavviso;
-predisporre una banca dati telematica per la raccolta di tutti i dati relativi all'utilizzo degli animali in progetti per fini scientifici o tecnologici e dei metodi alternativi;
-definire un quadro sanzionatorio appropriato in modo da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo.
A chi dirà che questo crea disequilibrio per la ricerca italiana rispondo che già il Decreto Legislativo 116 del 1992, in vigore da quasi vent’anni, prevede norme più restrittive rispetto a quelle europee. A chi minaccerà partenze dall’Italia rispondo che già con la precedente normativa non si sono verificate. Anzi, grazie alle innovazioni previste si potranno creare nuovi e duraturi posti di lavoro dato che sempre più le normative regolatorie chiedono il ricorso ai test alternativi, dimostratisi peraltro economici, attendibili ed etici.
Piuttosto, quanto approvato l’altro ieri servirà a controbilanciare il grave aumento secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute relativi al biennio 2008-2009, delle sperimentazioni effettuate in deroga:
• le autorizzazioni per gli esperimenti “in deroga” - ovvero l’impiego di cani, gatti e primati non umani, l’utilizzo a fini didattici o il non ricorso ad anestesia - sono aumentate da una media di 141 per il biennio del 2007-2009 a 204 per il 2008-2009: numeri quasi raddoppiati per procedure che invece, per legge (Decreto Legislativo 116/92), dovrebbero rappresentare l’eccezione in quanto regolamentate in modo restrittivo. Nell’anno 2000 erano 98.
• Nel merito dei test “in deroga” autorizzati dal Ministero della Salute nel biennio 2008-2009, continuano a essere svolti anacronistici e fallimentari studi relativi all’uso di droghe, alcol e fumo che tolgono fondi per ricerche incruente e a indispensabili campagne d’informazione sulla prevenzione.
• Le sperimentazioni senza ricorso ad anestesia sono le più dolorose per gli animali, eppure nel 2008-2009 sono state effettuate ben 350 procedure senza il ricorso ad alcuna forma di lenizione: esperimenti che hanno inflitto agli animali intensi e prolungati livelli di dolore.
• Le regioni con il maggior numero di procedure autorizzate rimangono: Lazio, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Veneto.
• Sono 11 i nuovi stabilimenti utilizzatori autorizzati dal Ministero della Salute nel 2008-2009 a fare ricerca su animali, per un totale che supera i 600 stabilimenti.
• Sensibile aumento dell’uso sperimentale di alcune specie nel triennio 2007-2009 rispetto al 2004-2006, in particolare: suini, caprini, scimmie uccelli, rettili, pesci e altri mammiferi.
• Fino ad oggi il principio per il quale il metodo alternativo deve essere preferito all’impiego di animali, viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dal Ministero della Salute.
• Nell’Unione Europea la situazione è non meno allarmante: infatti il numero degli animali utilizzati e soppressi nei laboratori non tende a diminuire, anzi raggiunge la stratosferica cifra di 12 milioni di animali, con incrementi del 50% di tali sperimentazioni, in alcuni Paesi. Un triste primato che vede in testa Francia, Inghilterra e Germania.
*Presidente LAV