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Maestro Giardinauta
In questi giorni, ma sarebbe più corretto dire: da diverso tempo o meglio, sicuramente da troppo tempo, c’è una questione che mi ronza in testa.
Leggendo il/i forum, frequentando altri amici di piante, ci si accorge di quanti di noi non siano semplici appassionati di piante e giardini ma siano veri e propri “collezionisti di piante”. Cactus e succulente, bonsai e carnivore, orchidee e rose o esotiche in generale; e tra tutti questi grandi gruppi di piante molti entrano ancora più nel dettaglio specializzandosi e raccogliendo solamente quelle di una certa area geografica o quelle con un particolare disegno sulle foglie o con altre assurde caratteristiche: siamo un bell’esercito di estremisti appassionati del verde che manifestano la propria follia, felici di esserlo! Ora il punto è, e arriviamo alla questione ronzante: quando non ci saremo più, il risultato della nostra passione, la nostra collezione – ripeto: in moltissimi casi altamente specializzata - che fine farà?
Qualcuno mi ha detto che in un altro momento spazio-temporale, antico Egitto al tempo dei faraoni, avremmo potuto farci seppellire assieme alle le nostre eccellenze magari mummificandole!
Cedere tutto ad una organizzazione più o meno statale o universitaria? Un vivaio? Mettere tutto in vendita su Ebay? Riempirci la compostiera? Perche se è vero che l’esperienza resterà e verrà tramandata con un articolo, un intervento online o più semplicemente assieme al ricordo di una chiacchierata tra appassionati, il grosso (la collezione) non lo toccherà nessuno – acclarato che i familiari che avrebbero potuto condividere la nostra passione e tramandarla si erano chiamati fuori già dalla seconda pianta che portavamo a casa.
Attenzione: non è mia intenzione fare un piagnisteo pesantissimo conforme all’ultimo libro di una scrittrice famosa a proposito del rapporto tra la nostra dipartita e le piante che lasceremo – anche perche le soluzioni ipotizzate si potrebbero tranquillamente mettere in essere anche in questo momento, con noi sulle nostre gambe - ma in quanto consapevole della specificità e qualità delle nostre raccolte, pensare che tutto vada sprecato, beh!, un po mi dispiace. C’è da dire che le esperienze di chi mi ha preceduto non sono a testimoniare altre strade che non siano quelle della scomparsa, assieme al collezionista, della collezione: ad esempio, tra i collezionisti di cactus cileni si è sempre saputa la storia di due tra le più importanti collezioni europee degli anni 80 dello scorso millennio, una in Germania e l’altra nella nostra Sardegna, che si sono letteralmente polverizzate, perse chissà dove.
Rassegnarsi al “quando non ci sarò più chissenefrega” o provare a costruire un futuro alla nostra follia? Qualcuno ci ha mai pensato?
Leggendo il/i forum, frequentando altri amici di piante, ci si accorge di quanti di noi non siano semplici appassionati di piante e giardini ma siano veri e propri “collezionisti di piante”. Cactus e succulente, bonsai e carnivore, orchidee e rose o esotiche in generale; e tra tutti questi grandi gruppi di piante molti entrano ancora più nel dettaglio specializzandosi e raccogliendo solamente quelle di una certa area geografica o quelle con un particolare disegno sulle foglie o con altre assurde caratteristiche: siamo un bell’esercito di estremisti appassionati del verde che manifestano la propria follia, felici di esserlo! Ora il punto è, e arriviamo alla questione ronzante: quando non ci saremo più, il risultato della nostra passione, la nostra collezione – ripeto: in moltissimi casi altamente specializzata - che fine farà?
Qualcuno mi ha detto che in un altro momento spazio-temporale, antico Egitto al tempo dei faraoni, avremmo potuto farci seppellire assieme alle le nostre eccellenze magari mummificandole!
Cedere tutto ad una organizzazione più o meno statale o universitaria? Un vivaio? Mettere tutto in vendita su Ebay? Riempirci la compostiera? Perche se è vero che l’esperienza resterà e verrà tramandata con un articolo, un intervento online o più semplicemente assieme al ricordo di una chiacchierata tra appassionati, il grosso (la collezione) non lo toccherà nessuno – acclarato che i familiari che avrebbero potuto condividere la nostra passione e tramandarla si erano chiamati fuori già dalla seconda pianta che portavamo a casa.
Attenzione: non è mia intenzione fare un piagnisteo pesantissimo conforme all’ultimo libro di una scrittrice famosa a proposito del rapporto tra la nostra dipartita e le piante che lasceremo – anche perche le soluzioni ipotizzate si potrebbero tranquillamente mettere in essere anche in questo momento, con noi sulle nostre gambe - ma in quanto consapevole della specificità e qualità delle nostre raccolte, pensare che tutto vada sprecato, beh!, un po mi dispiace. C’è da dire che le esperienze di chi mi ha preceduto non sono a testimoniare altre strade che non siano quelle della scomparsa, assieme al collezionista, della collezione: ad esempio, tra i collezionisti di cactus cileni si è sempre saputa la storia di due tra le più importanti collezioni europee degli anni 80 dello scorso millennio, una in Germania e l’altra nella nostra Sardegna, che si sono letteralmente polverizzate, perse chissà dove.
Rassegnarsi al “quando non ci sarò più chissenefrega” o provare a costruire un futuro alla nostra follia? Qualcuno ci ha mai pensato?