La cosa più semplice, visto che si deve intervenire in ambiente antropizzato e su un numero limitato di piante, è tagliare i rami con i nidi e bruciarli (adesso la stagione è propizia perchè dovrebbero stare per lo più al riparo nei nidi invernali).
Le alternative sarebbero trattamenti con
Bacillus thuringiensis, oppure intervenire in endoterapia (sulle conifere è piuttosto difficile perché le piante emettono resina che tende a chiudere le tracheidi e ostacola l'assobimento della soluzione fitoiatrica, perciò devi rivolgerti a personale qualificato).
Chiamare la Forestale o i Servizi Fitosanitari credo serva a ben poco; tra l'altro il Decreto di Lotta Obbligatoria è stato modificato ed è divenuto assai meno "obbligatorio" per la Pubblica Amministrazione.
Ricordati che le larve, a partire dalla terza età, sono munite di peli urticanti.
Se poi vuoi farti una cultura entomologica ti propongo questo mia "rivisitazione" di un celebre racconto di un grande entomologo francese del passato (l'avevo già pronta perchè l'avevo postata altrove).
Il processionale del pino
I montoni del mercante Dindenaut seguivano quello che Panurgo aveva maliziosamente gettato in mare, e l’uno dopo l’altro si precipitavano,
giacché, dice Rabelais: “la natura del montone, il più sciocco e inetto animale del mondo, è di sempre seguire il primo, in qualunque parte vada”
Il bruco del pino non per inettitudine, ma per necessità, è ancora più pecoresco: dove è passato il primo, passano tutti gli altri in fila regolare, senza intervalli vuoti.
Camminando sopra una sola riga, a cordone continuo, ciascuno toccando con la testa la parte posteriore del precedente. Le sinuosità complesse, descritte, nei suoi vagabondi capricci, dal bruco che apre la marcia, sono scrupolosamente descritte da tutti gli altri. Giammai teoria antica recantesi alle feste d’Eleusi fu meglio coordinata. Di qui il nome di processionale dato al roditore del pino.
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Il bruco che si trova in testa alla processione…sbava il suo filo senza interrompersi e lo fissa sulla via che gli fanno prendere le sue mobili velleità…Ma il secondo arriva sulla sottile passerella e la raddoppia del suo filo; il seguente la triplica: tutti gli altri, finché ve n’ha, amalgamato così bene il getto delle loro filiere che, quando la processionaria è sfilata, rimane, come traccia del suo passaggio, uno stretto nastro la cui splendente bianchezza luccica al sole.
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A che tanto lusso?...Io vedo…due ragioni. E’ di notte che i processionali vanno a pascolare il fogliame del pino. Escono dal nido situato alla sommità di un ramo; discendono seguendo l’asse denudato fino alla prossima ramificazione non ancora brucata e sempre più bassa, a misura che i consumatori hanno tosato i piani superiori; risalgono lungo questo ramo intatto e vi si sparpagliano sopra gli aghi verdi.
Presa la refezione e giunta la troppo viva freschezza notturna, si tratta di riguadagnare il ricovero del domicilio….Inutile invocare la vista come guida in questo tragitto così lungo e mutevole…Altrettando inutile pensare all’odorato…E’ il tatto che li informa…La vista e l’odorato esclusi, che resta per guidare il ritorno al nido? Resta il cordone filato in cammino. Al’ora di ritirarsi, ciascuno ritrova comodamente il suo proprio filo, sia uno di quelli dei fili vicini, distribuiti a ventaglio dal gregge divergente; a mano a mano la tribù dispersa si riunisce in una sola fila sul nastro comune, la cui origine è al nido, e in tal modo la carovana sazia risale nel suo maniero.
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