Iniziando un bonsai dobbiamo prestare molta attenzione al piede e all’apparato radicale. errori di impostazione saranno, infatti, corretti con difficoltà.
Abbiamo visto nei passi precedenti, la prima parte degli interventi volti a ricercare una certa ed irrinunciabile conicità nel disegno di una giovane pianticella da noi acquistata in vivaio.
Per la realizzazione del nostro progetto abbiamo scelto una serie di rami laterali che, sostituendo il tronco naturale, portavano ad eliminare la forma cilindrica tipica di un giovane tronco.
Non dobbiamo però dimenticare che, nel momento in cui mettiamo mano alla struttura aerea di una pianta per costruire il nostro bonsai, dobbiamo prima esserci già interessati dell'apparato radicale e delle tecniche applicabili per modificarlo.
Queste ci consentiranno, in un futuro non troppo vicino, di veder realizzata una vecchia pianta in vaso che, secondo i canoni estetici che ormai conosciamo, dimostri questa sua vetustà anche nella prestanza del suo piede e dell'apparato radicale che affonda nel terreno.
LA PARTE PIU’ DIFFICILE DA REALIZZARE
La fase di costruzione della base della pianta è sicuramente la più difficile e la più lenta. In alcuni casi infatti, i bonsaisti acquistano piante già con una certa età, solamente per la validità della parte iniziale del tronco, potando poi tutto il resto ed utilizzando il piede quale partenza per la costruzione di una pianta nuova.
Per i meccanismi della vegetazione che conosciamo, è chiaro che l'ingrossamento del tronco dipende dalla quantità di vegetazione aerea che noi permettiamo di avere alla pianta. Per cui, ben difficilmente, è possibile ottenere nello stesso tempo la formazione dei rami e quella del piede. Una scelta valida può essere quella di costruire la ramificazione rispettando il disegno che ci siamo proposti lasciando comunque crescere.
vigorosamente dei rami, che poi elimineremo, con il solo scopo di far ingrossare il tronco.
Prima di pensare alla chioma e, sempre che la stagione sia propizia, dobbiamo quindi intervenire sulla parte della pianta che normalmente è sotto terra.
L'apparato radicale ha una funzione che abbiamo visto essere basilare e direttamente correlata alle dimensioni della parte aerea ed al benessere dell'intera pianta.
Acquistata la nostra piantina dobbiamo quindi estrarla dal contenitore dove è stata allevata per esaminare con attenzione il suo pane radicale, quasi sicuramente ridurlo ed organizzarlo per il successivo trapianto nel vaso di coltivazione.
Al momento di estrarre la pianta dal vaso ci troveremo probabilmente di fronte ad una situazione nella quale le radici avranno occupato tutto lo spazio disponibile riproducendo in un unico blocco con il terreno, la forma del contenitore.
RIDURRE L'APPARATO RADICALE
Il momento della formazione della pianta è quello opportuno per ridurre l'apparato radicale. Infatti, se vi ricordate, abbiamo a suo tempo detto che è essenziale l'esistenza di un equilibrio tra la massa aerea e quella delle radici essendo le loro funzioni direttamente collegate e complementari.
Una eccessiva ramificazione ed il conseguente grande numero di foglie, comportano una evaporazione notevole della componente liquida esistente nei tessuti della pianta e, nel caso in cui l'apparato radicale non sia sufficientemente sviluppato per reintegrare la perdita di umidità, è molto probabile che la pianta deperisca e possa anche morire.
L'apparato radicale, così come si mostra al primo esame all'atto dell'estrazione della pianta dal vaso, non ha sicuramente le caratteristiche che a noi interessano per poter essere collocato un giorno in un vaso bonsai.
Prima operazione da fare è quella di cercare di districare tutto il groviglio di radici, liberandole dalla terra nella quale sono cresciute a poco a poco, servendoci di un modestissimo bastoncino di legno, ottimo quello di bambù che viene fornito al posto delle posate nei ristoranti cinesi.
Potrebbe succedere che vi siano radici che si dipartono dal tronco disposte a raggiera su due o più livelli. Ciò accade per il fatto che la pianta è stata già rinvasata più volte senza rispettare sempre la medesima profondità nel terreno. In questi casi cercheremo di verificare quale raggiera abbia le radici meglio disposte o che dimostrino maggior vigoria promettendo di diventare le radici principali del nostro bonsai.
Fatta questa scelta potremo liberare il tronco dalle altre radichette e, allargando la nostra raggiera su di un piano, accorceremo queste radici in modo che le stesse possano
essere agevolmente distese anche nel nuovo contenitore in cui collocheremo la pianta.
TRATTAMENTO DEL FITTONE
Un discorso a parte merita il fittone, cioè quella radice che, avendo la funzione principale di affrancare la pianta nel terreno, scende verticalmente più o meno profondamente quale prosecuzione del tronco. In alcune specie di piante, cosiddette fittonanti, tale propensione della radice centrale è particolarmente accentuata. Noi sappiamo che la profondità del vaso bonsai non ci consente di utilizzare questa radice per cui sarà opportuno poterla eliminare da subito con un taglio netto spalmando la ferita con pasta cicatrizzante.
Se il fittone non è molto lungo ed il contenitore da coltivazione è sufficientemente profondo vi è anche la possibilità di eliminarlo in tempi successivi.
Potrebbe per il momento essere solamente accorciato e quindi avvolto molto strettamente, subito sotto la corona delle radici, con un paio di giri di filo di rame. Ciò può aiutare ad ingrossare il piede e a rendere meno traumatico il successivo taglio del fittone già intaccato in modo circolare dal filo.
La pianta inoltre potrà già disporre di un buon apparato radicale che si sarà nel frattempo formato al di sopra del taglio stesso.
Ricordatevi per questa operazione di usare il filo di rame che, grazie alle sue proprietà evita possibili infezioni batteriche.
In alcuni casi non affannatevi e non spaventatevi se non riuscite a trovare il fittone: potrebbe benissimo trattarsi di una pianticella che in luogo di essere stata ottenuta da seme è partita da una talea e, in questo caso, il fittone
Qu
Forse è meglio che prima di questo facciamo un po' di esperienza normale evitando di trovarci con una tronco aperto a metà o di veicolare una serie di elementi patogeni nella pianta.
Possiamo ora collocare la nostra pianticella nel contenitore per la formazione.
VASI E TERRICCI DI COLTIVAZIONE
A questo punto è assolutamente indispensabile ricordare che, nel momento della formazione, stiamo chiedendo alla nostra pianticella degli sforzi vegetativi notevoli.
Anche se abbiamo fatto le cose in regola, non è assolutamente pensabile che si possa ottenere un apparato e radicale ed una ramificazione che ci portino alla creazione di un bonsai utilizzando quale contenitore uno dei vasi che servono per le piante che possono già essere definite dei bonsai.
In questi vasi la quantità di terreno è modesta, vi sono difficoltà di concimazione e di irrigazione, la pianta risente moltissimo degli sbalzi di temperatura; inoltre nei primi tempi successivi al rinvaso, la pianta non bene affrancata nel terreno e gli inevitabili movimenti dell'intera pianta prima dell'assestamento possono provocare la rottura delle importantissime radichette.
Noi abbiamo bisogno che la nostra pianta vegeti intensamente, che possa essere abbondantemente concimata ed irrigata per cui è necessario scegliere di collocarla, se non in terra piena, in un vaso da coltivazione sufficientemente ampio e profondo.
Esistono allo scopo dei vasi di coltivazione che, rispetto ai normali vasi di terracotta dove abbiamo sempre coltivato i nostri fiori, hanno un' altezza che è di circa la metà.
Se non reperite questi vasi, non preoccupatevi. E' sufficiente che usiate i normali vasi di cui parlavamo prima o quelli in plastica, diminuendone la profondità collocando sul fondo, fino al primo terzo del vaso, della argilla espansa o della pomice grossolana.
Prepariamo del terriccio seguendo le indicazioni che a suo tempo avevamo fornito.
Comunque, per coloro ai quali tali indicazioni fossero sfuggite, esso potrà essere composto in parti uguali da sabbia, torba, argilla o akadama e terra di giardino (salvo che non si tratti di piante acidofile per le quali la componente preponderante è la torba o la kanuma).
In luogo dell'akadama va benissimo la pomice del diametro da 2 a 5 millimetri.
Comunque non ci stancheremo mai di raccomandarvi di usare un terriccio con una granulometria piuttosto grossolana, che resti nel setaccio da 1 a 5 mm.
MESSA A DIMORA
Ora siamo pronti per collocare la nostra piantina nel terreno o nel vaso. Restando in quest'ultima soluzione, molto più frequente, agiremo collocando una reticella sul foro di drenaggio fissandola con del filo o assicurandoci che rimanga ferma durante il riempimento del fondo del vaso con un primo strato di miscela grossolana.
Costruiremo quindi un tronco di piramide con il terriccio al centro del vaso ed in cima collocheremo la nostra piantina con le radici distese e con l'inclinazione prevista dal nostro progetto.
Cominciamo quindi a riempire tutto il vaso con altro terriccio pressando lo stesso di volta in volta sul bordo con i pollici delle mani.