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Mutazioni Dionaea

Symius

Giardinauta Senior
Questo forum ultimamente è una tomba :storto:.
Cmq, ho trovato questa descrizione dell'evoluzione delle carnivore su un sito di cui non ricordo il nome.
Non dice molto, però...



Le piante carnivore sono frutto di selezione naturale e di adattamento a condizioni estreme di carenze nel terreno. I nutrienti che la terra non ha fornito (o ha fornito insufficientemente) in determinate aree hanno determinato l'assunzione di comportamenti carnivori finalizzati alla assimilazione di sostanze come azoto e amminoacidi dai cadaveri degli insetti a contatto con la pianta. In realtà, in poporzioni molto variabili, tutte le piante assimilano potenzialmente delle sostanze dal fogliame, ma laddove le assunzioni radicali scarseggiano la selezione naturale ha sviluppato un percorso evolutivo tale da favorire, incrementare e causare attivamente il placcaggio di insetti a contatto con la pianta e da massimizzarne la digestione. La componente primordiale comune delle piante carnivore pare essere la presenza di peli sulle foglie, i quali possono trattenere acqua e uccidere per soffocamento gli insetti in essa inglobati. Altre condizioni, come le foglie concave o mucillaginose, hanno determinato l'ottimizzazine di altre strade evolutive, come nel caso degli ascidi, come in Brocchina e Catopsis che, non avendo stutture pelose hanno sviluppato notevoli ampolle a parete cerosa e proliferazioni batteriche.
Ma resta fatto certo che ricostruire le tappe di questi percorsi evolutivi è cosa ardua e, sebbene resti fossili di trappole siano impossibili da trovare (parti così tenere non producono facilmente dei fossili) e anche le piante stesse, non avendo parti legnose, non hanno lasciato che poche tracce, perlopiù semi o pollini, resta prospettabile la deduzione dele tappe evolutive grazie alla morfologia e ai comportamenti delle piante carnivore attuali. Osserviamo nelle Sarracenie che gli ascidi consistono in foglie arrotolate e congiunte in direzione del centro della pianta. Tale condizione della foglia ottimizza e prolunga le assimilazioni per contatto che, su una foglia aperta, durerebbero fino alla prima pioggia o a un soffio di vento. Gli ascidi delle Nepenthes potrebbero invece essere una esasperazione della concavità fogliare, che si è ottimizzata prima per contenere acquapiovana, poi per creare un'urna e infine per produrre un elaborato meccanismo autosufficiente di cattura degli insetti e secrezione di succhi digestivi. Nelle drosere, il processo evolutivo ha portato a costringere le prede ad aderire alla foglia per lo stesso motivo e nella trappola attiva di queste, capace di avvolgersi intorno all'insetto, vediamo una moltiplicazione dell'area fogliare coinvolta nel processo digestivo.
La genlisea, pianta acquatica, con le sue foglie a "Y" definite a nassa, può essere considerata una pianta ad ascido o con trappole ad aspirazione: la costrizione degli insetti nelle due nasse a spirale, fino all'apparato di digestione, è la collaborazione tra l'intrappolamento tipico degli ascidi, con strutture che costringono la preda ad inoltrarsi verso l'interno grazie a peli che ne determinano il percorso, e una aspirazione dovuta al flusso d'acqua convogliante al peristoma. Si tratta forse di una diversa direzione evolutiva da caratteristiche comuni alle urticularie acquatiche. Drosera e aldrovanda, con le loro trappole a scatto, sono al centro di dibattiti scientifici sulle possibili origini del loro meccanismo predatorio. Secondo certi studiosi, la loro motilità è una variante evolutiva successiva allo sviluppo delle trappole adesive mobili, che, avendo ottimizzato la mobilità stessa, avrebbero perso le secrezioni mucillaginose in favore di una trappola mobile al 100%, usando le struttire pilifere secretorie per trasformarle in denti e in peli sensori. Ma tale teoria supporrebbe un cammino evolutivo, seppur non impossibile, almeno non probabile: la produzione di colla è difficilmente una componente tanto fallimentare nella cattura di insetti da poter sparire in favore della più complicata e sofisticata generazione di movimento, ottenuta invece per mutazione del turgore cellulare in seguito a processi dinamici negli equilibri cellulari. Il movimento delle drosere, ben più lento, è invece dovuto a repentina crescita cellulare.
Nelle trappole ad aspirazione, si osserva una vescicula forse derivata da un ascidio, il quale nelle fasi evolutive passate ha fatto collimare alle frequenti immersioni la sua struttura in grado di tapparsi e di creare un semivuoto interno per il risucchio delle prede, diventando così attiva. Altra componente comune agli ascidi è la presenza, nelle specie terrestri, di superficie cerosa nella parte interna delle vescicule, che impedisce la fuga degli insetti. Le trappole a colla hanno secondo molti teorici origini comuni a quelle a scatto. Del resto, esistono molte piante non carnivore a superficie mucillaginosa e da condizioni analoghe derivano trappole adesive passive come quelle di Drosophyllum e Byblis. Parecchie piante non carnivore risultano imparentare a piante carnivore; in parecchie di esse, abbiamo ghiandole capaci di secernere sostanze, come sali, paragonabili a quelle che nelle carnivore producono colla o enzimi digestivi. Innumerevoli sono le piante non carnivore dalla superficie appiccicosa, che così si proteggono dall'attacco di parassiti oppure, come si osserva nella comunissima Petunia, trattengono i semi dispersi sui rami fino all'essiccazione autunnale. La collosità delle strutture vegetali ha quindi applicazioni anche non prettamente carnivore e da questo dato di fatto si comprende che l'elaborazione di funzioni carnivore da strutture già esistenti non sia un passo evolutivo di particolare complessità.
 
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