Nel linguaggio comune in giardinaggio usiamo il termine varietà per indicare cose che nella realtà sono molto diverse, la varietà di una specie, in senso botanico, è il risultato di una selezione naturale che ha indotto qualche carattere leggermente diverso dalla specie tipo, trasmissibile alle successive generazioni, la varietà in senso agronomico, cultivar, cv, è invece il prodotto della manipolazione umana, può trattarsi di incroci tra specie diverse, o di varietà (botaniche), di selezioni, di trattamenti fisici o chimici ecc., con caratteri che solitamente non sono trasmissibili, a meno di riproduzione vegetativa o micropropagazione. Le varietà botaniche e le cultivar si indicano in modo diverso (anche se in rete quasi nessuno lo fa, e ciò genera confusione), le prime utilizzando un nome latino preceduto da var., esempio:
Philodendron hederaceum var. oxycardium
Le seconde in carattere normale, iniziali maiuscole e tra virgolette semplici:
Philodendron selloum 'Xanadu'
Le cv per essere protette dalle “imitazioni” vanno brevettate internazionalmente.
Infine chiamiamo varietà anche nomi commerciali, cioè nomi che un produttore attribuisce a una pianta a fini… “di catalogo” e lo può fare, anche se eticamente non è proprio corretto, purché non usi nomi botanici o nomi di cv brevettate e non scriva i nomi come sopra.
I nomi che hai citato sono nomi non brevettati di selezioni, solo l’ultima, mi pare, è una cv brevettata ottenuta comunque per selezione, cioè tra mille (è un esempio) piante ottenute da seme ne è stata scelta una per qualche caratteristica interessante (colore del fiore più intenso, taglia più ridotta ecc.) ed è stata riprodotta per via vegetativa. Questo significa che dal punto di vista delle esigenze di coltivazione non cambia nulla rispetto a quelle generali della specie.