R
radicediliquirizia
Guest
oggi voglio immaginare tutti voi come ideali interlocutori e compagni di convivi letterari, come partecipanti ad un ipotetico banchetto della chiacchiera gratuita.
Immagino chi seduto con un bicchiere di whisky tra le mani e chi con vodka ghiacciata, chi fuma l'ultima sigaretta promessa, chi parla dell'ultima vacanza trascorsa a chi pensa all'ultimo amante amato.
Tutto amabilmente condotto, tra storie ed illusioni, utopie ed obiettivi.
E' bello immaginarvi, è bello sapervi.
Ed io che vi parlo della mia terra, di quanto le mie radici siano difese ed elogiate. E quando parlo del mio mondo culturale di appartenenza, voglio rifuggire da qualcosa di individuale e mi abbandono ad una visione più allargata, collettiva, umana. Non confini di uno stato, o territorio delimitato con una lingua e forma politica comune, ma appartenenza, appunto, ad una radice che parla del luogo dove essa si esprime.
Quasi una fedeltà viscerale nata molto più da un'educazione sensuale, prima che sentimentale e quindi culturale, ben lontana dalle divisioni che una politica sterile ha voluto determinare. Qualcosa che impari a sentire quando trovi naturale andare al mare trovando sollievo nelle afose giornate estive, quando gli alberi sono gli ulivi, quando i colori sono accesi, quando il sole ti acceca, quando ancora i bambini giocano in piazze affollate, quando le donne anziane si siedono vicino all'uscio di casa per vedere la gente che passa.
Radici che affondano nella storia plurale del tempo, nel destino incrociato delle differenze.
C'est pour parler, ça suffit....
Immagino chi seduto con un bicchiere di whisky tra le mani e chi con vodka ghiacciata, chi fuma l'ultima sigaretta promessa, chi parla dell'ultima vacanza trascorsa a chi pensa all'ultimo amante amato.
Tutto amabilmente condotto, tra storie ed illusioni, utopie ed obiettivi.
E' bello immaginarvi, è bello sapervi.
Ed io che vi parlo della mia terra, di quanto le mie radici siano difese ed elogiate. E quando parlo del mio mondo culturale di appartenenza, voglio rifuggire da qualcosa di individuale e mi abbandono ad una visione più allargata, collettiva, umana. Non confini di uno stato, o territorio delimitato con una lingua e forma politica comune, ma appartenenza, appunto, ad una radice che parla del luogo dove essa si esprime.
Quasi una fedeltà viscerale nata molto più da un'educazione sensuale, prima che sentimentale e quindi culturale, ben lontana dalle divisioni che una politica sterile ha voluto determinare. Qualcosa che impari a sentire quando trovi naturale andare al mare trovando sollievo nelle afose giornate estive, quando gli alberi sono gli ulivi, quando i colori sono accesi, quando il sole ti acceca, quando ancora i bambini giocano in piazze affollate, quando le donne anziane si siedono vicino all'uscio di casa per vedere la gente che passa.
Radici che affondano nella storia plurale del tempo, nel destino incrociato delle differenze.
C'est pour parler, ça suffit....