Buongiorno.
Vista la decisione (o propensione) della proprietà di tentare di mantenere la Ceresa/Saresera Santa/Albero di Sant'Andrea/Diospyros Lotus L. in loco in vita il più a lungo possibile, abbiamo in questi giorni lavorato per trovare il più indicato perito agronomo forestale, iscritto all'albo, e abilitatoSi al Visual Tree Assessment, VTA, o valutazione di stabilità strutturale.
La base di ricerca sarebbe piuttosto ampia, ma si restringe a un manipolo quando si consideri solo un esame strumentale, senza micro-carotaggio. Su consiglio anche dei Servizi Fitosanitari della Regione Veneto, ne sono stati selezionati e contattati tre.
Oggi, abbiamo ricevuto la visita del Dott. Alberto Burbello, eccellente professionista ancorché giovane, che ha parlato liberamente con schiettezza e, per così dire, fuori dai denti, a discapito anche della Sua potenziale parcella. Notevole davvero.
Riporto, in sintesi e bona fide, le Sue parole, integrate tra parentesi dalle note apportate alla conversazione dal proprietario e da chi scrive:
"Ritengo risulti evidente che la causa prima di sofferenza fu l'asfissia del colletto (provocata dal ricoprimento dell'aia con nuovo suolo, avvenuto una quindicina d'anni fa, ndr).
Si nota un'espansione stutturale circolarmente completa della corteccia, e quindi del tronco, giusto al di sopra del livello del terreno raggiunto dal ripieno/ricoprimento (rimosso nuovamente quest'anno, ndr), e come le cavità e più in generale l'area di sofferenza si trovino al di sotto di questo segnale circolare evidente di compressione, letteralmente.
È una causa ricorrente di marciume e degrado del colletto, frutto di errori o sottovalutazioni frequenti e comuni, anche tra professionisti: la zona di tronco superiore alle radici non andrebbe mai ricoperta sostanzialmente o massicciamente.
Cominciò probabilmente un processo di marcescenza o solo indebolimento che lasciò spazio di aggressione e attecchimento ad Armillaria, di cui peraltro non trovo segni inequivocabili, ife, rizomorfe, micelio, ventaglio, spugnosità o odore (effetivamente non più presente, ndr), e molto molto probabilmente anche a Carie, che avrebbe dunque eroso il midollo e alcune porzioni di tronco all'altezza del colletto interrato, e internamente anche più sopra.
La situazione generale è molto compromessa.
Ritengo a occhio e croce <o Truc e Branca, eheh> che rimanga il 50, forse 55% di tessuto vivo portante a livello del colletto e delle due cavità, e che questo non sia sufficiente, data la situazione ambientale e la proiezione teorica di un eventuale schianto, a garantire un rischio accettabile (cioè qui, luogo aperto al pubblico, 0%, ndr).
Certificherei probabilmente l'albero come Categoria D, altissimo rischio, ergo abbattimento, o al massimo Cat. C/D, mantenimento con strutture di supporto, alto rischio.
Non mi sentirei mai di firmare nessun tipo di documento che garantisca la stabilità dell'albero, nè la relativa aspettativa di vita. Se si trovasse qualcuno disposto a farlo, sarei interessato a farNe la conoscenza, Eh Eh!<SIC>
Dal punto di vista radicale: è come si trattasse di una gamba senza le dita del piede; giudico, basso riserva di una ispezione più profonda (rimozione meccanica del terreno, escavazione), non ci siano radici portanti sane sotto l'angolo d'aggetto principale del tronco.
Ritengo quindi superfluo lo sforzo anche economico di una tomografia, seppur sia certo darebbe risultato scientificamente quantificato.
Incidentalmente: dal punto di vista del portamento, sconsiglierei comunque ogni ulteriore riduzione della superficie fogliare, considerando invece adeguata la potatura effettuata dal proprietario, anche o almeno sotto il profilo di carico/scarico delle masse principali.
L'albero è bello, suggestivo, interessante e, relativamente a queste aree, anche raro.
I nuovi polloni o rametti dimostrano semplicemente un estremo tentativo di risolvere una necessità di procurarsi più cibo: più area fogliare per più sintesi clorofilliana, vista la chioma sparuta e danneggiata dalle grandinate; ma non escludo si tratti di nuovi gettiti, nè che se si abbattesse l'albero potrebbe continuare a crescere i polloni, o ributtarne; ma comunque da un ceppo marcescente e con un destino in pratica inevitabilmente segnato, ancor più se venisse rimosso il resto delle parti vegetative (ossia: abbattuta che fosse l'albera, il processo degenerativo della ceppaia probabilmente accelererebbe esponenzialmente, inibendo sul lungo termine ogni crescita di qualsiasi pollone o nuove introncature, ndr).
Se cavaste, scoprendo una porzione maggiore delle radici, mi rendo disponibile per amor di scienza e mia curiosità professionale ad un esame più preciso, analitico e strumentale, dei contrafforti e delle radici profonde a perpendicolo dell'angolo di inclinazione naturale dell'albero, determinandone magari empiricamente la percentuale di tessuto integro e eventualmente la portanza.
Poi: al proprietario spetti decidere se abbatterLa, e/o quando. O ogni eventuale altra decisione, di cui non prenderei nessuna responsabilità.
Confermo che, se si volesse ripiantare qualcosa nel sito, si dovrebbe procedere ad una bonifica del terreno per eliminare l'Armillaria. Ed attendere comunque un tempo ragionevole prima di piantumare.
(Data la presenza a pochissima profondità della falda acquifera sotterranea, non propria solo al terreno, ma scorrente, e comune al paese -si noti ora, per favore, che la vera da pozzo che appare nelle foto postate in precedenza non sia per nulla solo decorativa-, ndr) Confermo sia preferibile per la bonifica evitare l'uso di calciocianammide, e tout-cour dei prodotti chimici specifici in commercio (ne nomina uno, in effetto, che però non riporterò qui, ndr).
Meglio forse orientarsi su asportazione meccanica, solarizzazione, aerazione, inoculo di trichoderma (un fungo antagonista, ndr) in tutto il terreno circostante, e pazienza.
Le buone pratiche di arboricoltura consiglierebbero di scegliere semplicemente un altro sito per non ritrovarsi fra qualche anno con un'altra pianta nuovamente aggredita da Armillaria forse Mellea, e nuovamente spacciata.
Aggiungo in via privata, personale, o confidenziale (confidenza che sto forse rompendo, sperando che questo comunicare apertamente venga compreso o tollerato, ndr):
direi senza poterne essere in alcun modo sicuro che questa Saresera Santa non sopraviverebbe più di due anni, magari solo qualcosa in più. Che se l'albero si trovasse in un parco o in un grande spazio, prescriverei un perimetro di sicurezza, accettandone la naturale sorte, comunque consigliandone l'abbattimento. Ma anche che invece qui non considero esista alcun rischio che sia accettabile (è pur anche un sito esposto a raffiche di vento, anche forte, anche oltre i 100 km/h in occasioni -rarissime e brevi, ma succede-, prevalentemente nei mesi tra maggio e luglio, e potenzialmente fino a metà settembre, con una certa calma relativa nel resto dell'anno, ndr).
Cioè: ne consiglierei apertamente l'abbattimento.
Mi dispiace di portare notizie così brutali o tristi".
Così l'Agronomo, Dott. Forestale e Ambientale, specializzato in Valutazione Stabilità degli Alberi, Perizie Fitopatologiche, Censimenti Verde Urbano, Pratiche Forestali.
Anche Lui in Pro-Bono, forse Suo malgrado, ma con sicuro buono spirito.
E con Questa -dopo la Proprietà, la Saresera Santa stessa, e pure dei Giganti, ultima in ordine di tempo, prima in quello di considerazione- anche la Scienza ha parlato.
Salve.