capisco... ma rimango un po' della mia idea... rispettare la natura...
ma forse i bonsai sono un po' "contronatura".
non vedo l'ora di trasferirmi nella nuova casa per dedicarmi al giardinaggio e sperimentare anche le coltivazioni di bonsai all'aperto.
...capirai col tempo che la giusta strada sta come sempre nel mezzo. Ti accorgerai che malgrado la tua insistenza, il bonsai cercherà di fare come pare a LUI e tu non dovrai fare altro che assecondarlo. Non è "contronatura" -un antipatico e desueto termine che peraltro ha sempre dato adito a fraintendimenti, o discriminazioni- fare bonsai: è cercare di comprenderla e guidarla, perchè forzarla non si può, e l'alberello ne soffrirebbe o morirebbe.
Un maestro Giapponese del quale nn ricordo il nome dice che il miglior maestro è il tuo bonsai, che ti invia segnali di benessere o sofferenza che devi saper interpretare per poterlo coltivare al meglio.
E' un po' difficile da spiegare, è la pratica che ti insegna molto.... sebbene lontani dallo Zen, anche noi occidentali siamo vincolati da regole che -al limite- sono quelle della fisiologia dei vegetali. Conoscere i cicli delle piante, le loro esigenze, è fondamentale anche più del saper usare una tronchese concava o un coltello jin...
Avvicinarsi al bonsai che lo si voglia o no, suona un po' così:
UNA TAZZA DI TE'
Nan-in, un maestro giapponese dell'èra Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «E' ricolma. Non ce n'entra più!».
«Come questa tazza,» disse Nan-in «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?».