Grazie per le delucidazioni, già mi sento meglio!
Perché a me la cultura estremo-orientale forse incuriosisce, ma non convince per niente.
Non credo che debba convincere, né essere per forza capita da chi è occidentale, la cosa ci è praticamente preclusa.
I bonsaisti giapponesi forse, sono più conservatori perché, rispetto agli altri, sentono maggiormente il legame con una tradizione che è tutta loro.
Un po' come per noi il "made in Italy": ne siamo orgogliosi nonostante ne facciamo parte solo in minima misura. E' l'immagine che il mondo ha di noi, ma ci rappresenta davvero? Secondo me no, ma insistiamo a vantarcene ugualmente e d'altronde è l'unica cosa che ci rappresenta (purtroppo c'è altro che ci rappresenta peggio).
Ciascuno di noi è convinto che tutto il mondo debba apprezzare incondizionatamente tutto ciò che italiano, lo stesso errore che commettono i cittadini di tutte le altre nazioni.
Potremmo a buon titolo vantarci dei nostri paesaggi, della nostra cultura, delle nostre opere d'arte se perlomeno le apprezzassimo davvero, se le conservassimo con cura, se perlomeno prestassimo ad esse un briciolo di attenzione, ma non facendo niente di tutto questo abbiamo il diritto di vantarcene?
Un po' come non essere minimamente sportivi ed invece esultare quando si vincono i mondiali: assurdo.
In oriente credo che perlomeno questa incoerenza non ce la imitino ancora, e che quindi il loro modello di vita e di esprimere l'arte vada rispettato, anche se ci è impossibile assorbirne il significato.
Probabilmente hanno in consegna esemplari molto vecchi e preziosi, ormai divenuti opere d'arte irripetibili, quindi devono cercare di essere più rigorosi per non perdere quelle conoscenze utili alla loro manutenzione e salvaguardia.
Per chi non ha ereditato il pesante bagaglio è più facile anche esprimersi liberamente.
Mi piace l'idea che ogni cultura possa trovare un modo alternativo di fare bonsai (così come di fare pizza) e apprendo con piacere come le nostre filosofie occidentali, classiche o moderne possano creare qualcosa di nuovo, forse un'arte nuova, prendendo spunto dal sapere depositato da chi pratica già da millenni.
Questo ci permette anche di risolvere i problemi di natura etica legati a certe pratiche.
Non concordo.
Naturalmente io stesso incoraggerei chiunque a provare a farsi la pizza, o la pastasciutta, ma premettendo che senza gli ingredienti originali il risultato sarebbe comunque un surrogato, una buffa e malriuscita imitazione di ciò a cui si può solo alludere, così come cucinare orientale con ingredienti importati, senza le conoscenze specifiche della cucina che ha la maternità del piatto da cucinare.
Certo per uno statunitense bere del dolce vino frizzante è forse più soddisfacente che bere un secco vino piemontese, ma a lui che importa della purezza dei grappoli, dell'origine dell'uva, del modo in cui si legano i tralci, delle antiche tradizioni regionali che fan si che le varietà di vini siano pressoché infinite, come le varietà di pesto ligure, distribuite su tutto l'arco di quella regione, con sapori diversissimi da paese a paese, da pinolo a pinolo, da basilico a basilico, da metodo a metodo.
Al bevitore distratto può bastare un Tavernello, ed qualunque pesto va bene, tanto di così buoni non ne ha comunque mai assaggiati.
Questi motivi non devono però essere un ostacolo a chi vuole avvicinarsi ad una cucina, a delle pratiche, a delle arti, a delle tradizioni ed anzi va incoraggiato, senza parò dar l'illusione che possa afferrarne la pienezza e tantomeno imitarla.
Secondo me quindi è sufficiente non chiamare pizza quella che alla pizza somiglia soltanto, come non vanno chiamati bonsai quelli che rigorosamente non lo sono e che tutt'al più possono essere virgolettati. Non banalizziamo le arti le tradizioni ed i costumi delle altre popolazioni, e visto che vorremo difendere le nostre da profanazioni barbare cerchiamo di non essere barbari noi per primi.
Penso sia un gran traguardo!
Vorrei fosse quello il mio obiettivo: mantenere delle piante in vaso, cercando di farle crescere nel migliore dei modi (e si può anche discutere su quale sia questo modo ideale) studiando il lavoro di chi si è posto questo problema prima di me.
I bonsaisti giapponesi appunto.
Però il loro obiettivo principale era estetico, non pratico, come il mio.
Anzi, forse quello pratico era l'ultimo dei loro pensieri, era solo il mezzo con cui realizzare tutti gli altri obiettivi.
Non solo loro!
Il loro obbiettivo credo fosse duplice, quindi anche pratico, per potersi portare appresso le loro piante durante i viaggi.
Ammirevole e consolatorio poter tenere un albero in casa
Ma questi artisti, intenti a creare le loro opere combinando il lavoro con i materiali offerti dalla natura, esattamente come i pittori antichi, subivano anche il fascino dell'illusione di domare la natura?
Acc, Patrizia, quanto mi fai scrivere!
Mi consola un po' poco il pensare che fummo fatti per viver noi in casa degli alberi ed oggi invece costringiamo gli alberi a vivere in casa nostra, dove per giunta sentiamo la loro mancanza ....non corrisposta.
Per quanto ho compreso io della mentalità orientale (cioè poco) essa è piena di quelli che per noi, filtrati da una cultura decisamente diversa, appaiono dei contrasti stridenti: amore della natura e allo stesso tempo crudeltà. Credo che in oriente la natura sia sostanzialmente rispettata più che da noi, ma che al tempo stesso non abbiano pietà per gli esseri viventi, quando è il momento di fare delle scelte. Non credo che sia pragmatismo, né cecità, né altro di facilmente definibile, credo che sia solo diversità e che
ovviamente è relativa.