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stili e palchi. j'accuse.

bonsai d'aprile

Giardinauta
cari appassionati, vorrei condividere con voi una mia riflessione ed una autocritica.
ho notato, con un certo disappunto, che la definizione dei palchi nei bonsai sono argomento abbastanza snobbato da noi bonsaisti italiani (perdonate la generalizzazione pesante. aggiungo con le dovute eccezioni).
ho notato questo sia dalle immagini messe da simike87 sia da altre discussioni, con annesse foto di esposizioni, di qualche tempo fa. noi rimaniamo incantati da cosa? un bonsai, per essere definito tale, deve rispettare delle regole precise; come faccio a chiamare bonsai il mio olmo ("eretto informale"), ad esempio, che presenta tutta una serie di difetti? ed a guardarlo mi sembra di vedere un albero in miniatura o è solo una piantina decapitata ed attorcigliata da filo messo a casaccio? :confused:

ho visto dei lodevoli esempi in questo forum di bonsai ma mi accorgo che spesso le nostre preoccupazioni sono limitate alla buona salute delle piante e non alla loro "educazione".
credo che di esempi di Bonsai ne vediamo pochi, ben pochi; rimaniamo incantati dalla fioritura o dalla chioma folta e compatta ma ogni stile ha delle caratteristiche ben precise che vanno rispettate.

quanti di voi progettano la crescita del proprio amico verde? come affrontate la crescita della pianta? quanto tempo ci dedicate? riuscite a rispettare determinate regole stilistiche o ci passate sopra? e quando acquistate un "bonsai" cosa vedete?
io mi sono posta spesso queste domande e non riesco più a comprare un bonsai. vorrei sentire il vostro parere perchè, per quel che mi riguarda, sono stufa di di vedere dei bonsai con la chioma che ricorda più un arbusto incolto e di far sopravvivere le mie piante non andando oltre.
 

Greenray

Esperto di Bonsai
touchè

cari appassionati, vorrei condividere con voi una mia riflessione ed una autocritica.
ho notato, con un certo disappunto, che la definizione dei palchi nei bonsai sono argomento abbastanza snobbato da noi bonsaisti italiani (perdonate la generalizzazione pesante. aggiungo con le dovute eccezioni).
ho notato questo sia dalle immagini messe da simike87 sia da altre discussioni, con annesse foto di esposizioni, di qualche tempo fa. noi rimaniamo incantati da cosa? un bonsai, per essere definito tale, deve rispettare delle regole precise; come faccio a chiamare bonsai il mio olmo ("eretto informale"), ad esempio, che presenta tutta una serie di difetti? ed a guardarlo mi sembra di vedere un albero in miniatura o è solo una piantina decapitata ed attorcigliata da filo messo a casaccio? :confused:

ho visto dei lodevoli esempi in questo forum di bonsai ma mi accorgo che spesso le nostre preoccupazioni sono limitate alla buona salute delle piante e non alla loro "educazione".
credo che di esempi di Bonsai ne vediamo pochi, ben pochi; rimaniamo incantati dalla fioritura o dalla chioma folta e compatta ma ogni stile ha delle caratteristiche ben precise che vanno rispettate.

quanti di voi progettano la crescita del proprio amico verde? come affrontate la crescita della pianta? quanto tempo ci dedicate? riuscite a rispettare determinate regole stilistiche o ci passate sopra? e quando acquistate un "bonsai" cosa vedete?
io mi sono posta spesso queste domande e non riesco più a comprare un bonsai. vorrei sentire il vostro parere perchè, per quel che mi riguarda, sono stufa di di vedere dei bonsai con la chioma che ricorda più un arbusto incolto e di far sopravvivere le mie piante non andando oltre.

Purtroppo devo accettare tutti i capi di accusa.

  1. I "palchi"
    Li ho visti nominare assai raramente e nemmeno io saprei che cosa sono se non per analogia con quelli dei cervi, che mi suggeriscono la risposta.
    Per essere onesto anche verso me stesso devo però dire che non è per snobismo, ma nemmeno posso trovare posto fra le eccezioni: è vero che al momento mi interessano meno del resto.
  2. Le "regole precise"
    Io ho comperato solo un ficus retusa con sotto scritto "bonsai", ma per 7 Euro non mi ero certo illuso che fosse un bonsai. Leggendo qua e la, sarei presto rimasto deluso. Se non è accaduto è perché ho solo comperato una pianta che mi è piaciuta molto più di quelle attorno a lei.
    So che questo potrebbe farmi "radiare" da questo forum, ma è la verità.
  3. I "difetti"
    Io infatti mi guardo bene di chiamarlo bonsai, so che non lo è ed a parte i difetti strutturali ha tremende cicatrici di torture eseguite con armi da taglio, con filo metallico, mancano solo le armi da fuoco poverina. Col crescere dovrebbero vedersi sempre meno, ma in compenso non riesco a figurarmela molto diversa da come è per il futuro.
  4. La "salute"
    Si, concordo al 100%, d'altronde per poter educare qualcosa, bisogna che sopravviva almeno un po' ed è forse per questo che tutti ci occupiamo della salute. Forse se si vendessero solo bonsai a caro prezzo, li acquisteremmo solo se già sicuri di farli vivere e ci dedicheremmo di più alla loro educazione.
    Temo però che diventerebbe una attività di èlite.
    Devo aggiungere che rimango stupito quando leggo che qualcuno acquista una pianta e subito si butta a darle una forma, ma come ho detto non sono un bonsaista e forse nemmeno lo diventerò.
  5. L' "incanto e le caratteristiche"
    Si, anche per me è più importante "la fioritura o la chioma folta e compatta" piuttosto che il rispetto delle caratteristiche di ogni stile, ma solo per un difetto culturale. E' noioso ripeterlo, ma pur apprezzando molto del bonsai non ho abbracciato tutto quanto lo riguardi. L'arte e la filosofia che li contraddistinguono, non si possono acquisire come regole matematiche universali, si possono condividere e addirittura amarle, ma si può anche rimanere indifferenti.
    E' un discorso schietto (e un po' grezzo lo so) ma così come non vorrei che un cinese o un giapponese, imitasse lo stile di vita di noi "occidentali", nemmeno intendo imitare io lo stile di vita loro; innanzitutto per non essere un ...pappagallo imitatore, poi perché certe "svolte" vanno sentite e non possono essere la conseguenza di un oggetto, nemmeno se si tratta di una pianta.
    Per farti un esempio, a me affascinano quei supporti in legno che tengono i vasi bonsai sollevati da terra, ma stanno bene nelle foografie che vedo, in casa mia non troverebbero niente di affine, nemmeno l'ambiente che li circonda, quindi lascio stare almeno per ora.
  6. Rispetto delle "regole stilistiche" : colpevole!
    Alle regole stilistiche confesso di passarci sopra.
    Addirittura al momento il mio ficus retusa nemmeno cresce più e mi chiedo (a rieccoci) se abbia problemi di salute.
  7. "Progetto crescita", "tempo dedicato" e "acquisto"
    Da quando ho acquistato il mio retusa, ho letto un po', partecipo a questo forum e a faticose attività in un bosco del mio comune, intanto le mie idee sono turbolente, forse si stanno schiarendo e magari capirò dov'è che voglio arrivare, ma intanto qualche spiraglio di chiarezza inizia a rassicurarmi in queso mare molto agitato.
    Nemmeno io compero bonsai, ma non solo per i pezzi notevoli dei pochi che ormai mi piacciono, ma anche perché non ho un posto dove tenere altre piante che siano o no bonsai (farei qualche eccezione per comprarne una legione di quelli di Aleda: da morire di invidia).
  8. stufa di di vedere ....
    Se non ti piacciono i bonsai di tutti i giorni te ne consiglio uno speciale: il ginseng :lol: e non dirmi che a qualcuno può non piacere.
    Scherzi a parte per me sarebbe già un discreto successo far sopravvivere le mie piante, ma ti chiederai che piante ho.
    Ne ho raccolte in natura diverse per vari motivi, ma quello comune è la loro conoscenza, non la loro bellezza.
    Non che ne sia insensibile, infatti ambirei ad avere qualcosa in particolare (melo cotogno) ma più che per imporle una forma, per subirne il fascino.

Si confesso la mia colpevolezza su tutti i capi di accusa, pure con qualche aggravante.

Ti ringrazio per aver dato modo a me e ad altri di esprimere la nostra opinione su aspetti che obbiettivamente trascuriamo. Sicuramente parlandone, il nostro senso critico/artistico e magari filosofico sui bonsai potrà solo migliorare, magari senza nemmeno troppa fatica, forse basterebbe un po' di attenzione e spirito di osservazione, la guida di qualcuno che ...non si accontenta.

Ciao
 
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bonsai d'aprile

Giardinauta
gesù! non voleva essere un dito puntato! ammetto che il francesismo era per colorare!
vorrei solo capire come guardate un bonsai, cosa vi da, che obiettivi vi ponete. non ricordo dove e quando l'ho letto ma mi è rimasto nel cuore un aneddoto riguardante un maestro bonsaista giapponese il quale si dedicava all'educazione di nuove piante nonostante fosse in età avanzata (sarebbe deceduto dopo poco). questo per sottolineare che non possedeva le piante che educava ma aveva l'obiettivo di fare un percorso con esse. era l'interagire e non il risultato che valeva!
ecco. noi togliamo la filosofia (che potrebbe essere racchiusa in questo aneddoto) e ci rimane l'estetica. ma se sorvoliamo pure su questa che ci rimane nel termine BONSAI?
 
A

Andrè

Guest
ne parlammo in altri vecchi 3D, ricordi?
Diciamo che noi italiani NON abbiamo tradizione bonsaistica tradizionale, e fino a pochi decenni fa nemmeno se ne parlava se non per dire che era una CRUDELTA' seviziare così i nostri poveri alberelli.
Io da autodidatta non ho mai seguito le regole tradizionali che sono poi quelle giapponesi a loro volta derivate da quelle -più antiche- cinesi. Mi sono sempre basato sul mio opinabilissimo gusto e su idee che mi sono venute in mente... tant'è che credo di essere l'unico ad avere un bonsai adulto di Salvia Officinalis.
Io amo molto le essenze mediterranee, a prescindere, essenze che perlatro si prestano benissimo all'educazione bonsai. I giapponesi, i cinesi, i coreani i taiwanesi (gli infami creatori del ginseng) certe essenze se le sognano, letteralmente: l'olivo, il pino d'aleppo, il pino leucodermis... lo stesso ficus carica (er fico de' noantri) sono essenze affascinantissime, relativamente facili da modellare e -cosa non trascurabile- adatte ai nostri climi.

Amo molto anche la zelkova con la quale ho un ottimo rapporto, ma per quanto riguarda il lato estetico, in generale, non ho mai scelto di infognarmi in cerebralissime ed ultrafilosofiche scelte di stile che presuppongono confidenza e conoscenza di culture molto lontane dalle nostre. Apprezzo, stimo e ammiro chi ha scelto una strada del genere e che permette di creare opere spettacolari e di gran pregio (nonchè valore) ma personalmente sono un bel po' di anni che mi gratifico divertendomi con i miei esperimenti di stile e con la segreta speranza che siano l'inizio (non me ne arrogo certo il merito, ma trovatemi una salvia bonsai ^_^) di una piccola rivoluzione che riesca a staccare l'arte del bonsai dalla sua sfera prettamente esotico-orientale. D'altra parte, l'abitudine di coltivare piante, sopratutto da frutto, in vaso, non è estranea alla nostra cultura, considerando che nel Rinascimento, i giardini dei principi erano abbelliti da piante da frutto -appunto- mantenute relativamente piccole grazie alla coltivazione in vaso (il vaso fiorentino).
 

Greenray

Esperto di Bonsai
non voleva essere un dito puntato! .......... educazione di nuove piante nonostante fosse in età avanzata ............ era l'interagire e non il risultato che valeva!
ecco. noi togliamo la filosofia (che potrebbe essere racchiusa in questo aneddoto) e ci rimane l'estetica. ma se sorvoliamo pure su questa che ci rimane nel termine BONSAI?

Quando ho scritto <<L'arte e la filosofia che li contraddistinguono, non si possono acquisire come regole matematiche universali, si possono condividere e addirittura amarle, ma si può anche rimanere indifferenti.>> mi riferivo alla filosofia propria e specifica del bonsaista, mentre l'ottimo aneddoto da te riportato, lo considero parte di una riflessione che non è a totale appannaggio di chi si occupa di bonsai.
Penso invece che sia parte di un modo di vedere le vita che fortunatamente ha radici anche nell'occidente, nonostante il nostro attuale stile di vita fa di tutto per dimenticarsene ed a rivolgersi a modelli diametralmente opposti.

L'estetica risente sicuramente molto del contesto e io sono convinto che nessun europeo possa essere paragonato ad un orientale quando si dedica ai bonsai, proprio perché non possiamo assimilarne i principi culturali.
Certo possiamo studiarla la cultura orientale, perfino capirla, ma non comportarci di conseguenza proprio perché il nostro contesto stride con essa.

E' in questo senso che ho scritto che non penso nemmeno lontanamente di abbracciare la complessa filosofia strettamente legata ai bonsai, non ne sarei capace. Credo anche che chi crede di poterlo fare si stia illudendo.
Naturalmente chi proprio lo desidera può ottenere egregi risultati, ma credo che filosoficamente rimarrà solo un buon surrogato.

Concludendo e tornando a quanto scivi tu, se togliamo l'estetica e pure la filosofia cosa rimane?
Il piacere! Credo che questa possa essere la risposta meglio approssimata. E' anche una risposta che concorda con tante altre cose che facciamo senza convinzione.

ne parlammo in altri vecchi 3D, ricordi?
Diciamo che noi italiani .................
Mi sono sempre basato sul mio opinabilissimo gusto e su idee che mi sono venute in mente..............

Io apprezzo molto quello che scrivi e sono daccordo con te, ma credo che come Bonsaisti con la "b" maiuscola saremmo squalificati. Io non me ne dolgo, anzi sarebbe inutile fingere di essere diverso da come sono: non convincerei molti, sarei presto smascherato, farei una brutta figura e mi vergognerei di me stesso. Non lo sono e pur non vantandomene, nemmeno me ne vergogno.

Io amo molto le essenze mediterranee......... l'olivo, il pino d'aleppo, il pino leucodermis... lo stesso ficus carica (er fico de' noantri) sono essenze ............. adatte ai nostri climi.

Forse è un po' come voler fare il "Brunello" cun l'uva che cresce in California, ma d'altra parte perché impedire ai Californiani di fare i loro esperimenti (contraffazione a parte)? Possono fare esperimenti solo con quello che hanno a disposizione, che altro possono fare?
Certo potrebbero acquistare l'uva dal paese di origine e pigiarla in California, ma avrebbe un senso? Qualunque sia la risposta, io mi sentirei di incoraggiarli, ma non per imitarci, bensì di trovare ciò che ben si adatta al loro gusto, al loro modo di lavorare, che magari potrebbe far sorridere un "purista".

Amo molto ............
mi gratifico divertendomi con i miei esperimenti di stile ........

Non è una cosa ineccepibile, sempre per un "purista", ma non si tratta nemmeno della profanazione di qualcosa di sacro, quindi promettici di continuare su questa interessante strada.

.......staccare l'arte del bonsai dalla sua sfera prettamente esotico-orientale.

Qui credo di non essere daccordo, credo che sia una contraddizione.
Credo che la definizione di bonsai non possa staccarsi dalla "sfera" da cui ha avuto origine.
Però possiamo rinunciare alla definizione e proseguire indisturbati nei nostri esperimenti europei, nel nostro "Brunello californiano".
Non è una cosa brutta basta non chiamarla in modo da ferire la suscettibilità dei puristi bonsai, ma solo per evitare lungaggini teoriche come quelle che senza titolo sto facendo io.

Saluto tutti coloro che sono rimasti svegli e coscienti fin qui, ciao.
 
A

Andrè

Guest
interessante, discuto solo sul fatto che al "bonsai" è stato dato un carattere esclusivo di carattere puramente geografico-culturale... mi spiego: ma dove sta scritto che tutto ciò che non rispecchia determinati parametri non abbia dignità di "bonsai"? O meglio, dove sta scritto che determinati parametri sono intoccabili e fissi?
Mi pare che la motocicletta l'abbiamo inventata noialtri europei, negli anni sessanta-settanta uscivano i primi cessoni giapponippi, dagli anni '80 in poi, le meglio moto le fanno proprio loro... daje e daje hanno imparato e addirittura migliorato una tradizione che ha spadroneggiato per decenni sul mercato e nelle competizioni...
diciamo che la pratica del bonsai muove anche un certo business, spesso scorretto e sleale anche e sopratutto in quegli ambienti dove dovrebbe essere privilegiato il lato artistico o almeno estetico. parlo per esempio di un certo C. che se la tira in lungo e in largo per l'Italia vendendo poi al pubblico inesperto vere e proprie "ciofeche" a prezzi abominevoli. Poi lo snobismo dei bonsaisti cosiddetti D.O.C. è assolutamente insopportabile e lo dico per esperienza diretta.
Vorrei segnalare comunque che in Europa abbiamo i migliori bonsaisti del mondo, dietro i giapponesi: gli spagnoli. Anche lì ci hanno sorpassato, e pensare che c'hanno solo la paella e na cattedrale ancora da finire ^_^
 

simike87

Bannato
come faccio a chiamare bonsai il mio olmo ("eretto informale"), ad esempio, che presenta tutta una serie di difetti? ed a guardarlo mi sembra di vedere un albero in miniatura o è solo una piantina decapitata ed attorcigliata da filo messo a casaccio? :confused:

provo a risponderti anch'io, ma sono un principiante che sto provando anch'io ad imprare a lavorare le mie piante.
la mia risposta è questa, se a te piace così il tuo olmo puoi chiamarlo come vuoi, l'importante è che piaccia a te, ovvio che se vai a delle gare o a delle mostre poi bisogna rispettare certe regole e canoni, normale, ma se i bonsai te li fai per te e basta, penso che l'unica cosa che devi soddisfare è il tuo occhio
io sto imparando piano piano, vorrei riuscire ad apprendere un pò tutte le tecniche, ma non per farci dei capolavori da primo premio ma pe fare un albero che piace a me, e conoscendo e sapendo appllicare tutte le varie tecniche è ovvio che si avranno pù opzioni di lavorazione, solo per questo sto cercando d'imparare
poi magari un domani su qualche pianta proverò anche a rispettare i vari canoni degli stili del bonsai, ma solo se mi andrà e se vedrò bene la pianta fatta in quel certo qual modo
adesso mi sono appassionato molto al ficus carica, come diceva Andrea "il fico di casa nostra", per me è una pianta meravigliosa, e oltre a quella sto provando ad avere delle altre piante da frutto delle mie parti da lavorare e coltivare perchè come essenze mi piacciono molto e prediligo le piante di casa nostra! ne ho qualcuna che non è proprio di casa nostra, come 2 carmone e 1 ficus carica, ma le avevo prese appena iniziata la mia passione, forse se potesse tornare indietro prendere piante autoctone al loro posto
nelle mie piante però non riesco a farci dei progetti ancora, non riesco nemmeno a vederle fra 1 anno, pensa che un ragazzo mi disse che un bonsaista deve vedere le proprie piante a una distanza da li a 5 anni...fai te..
spero che accumulando esperienza riuscirò anch'io poi a fare dei progetti e a vedere cosa posso realmente tirarci fuori dalle mie piante
quando le compro inizialmente ci vedo delle belle cose, ma quando arrivo a casa non riesco a iniziare i lavori perchè non ho le competenze purtroppo, spero che qualcuno m'insegni al più presto a lavorare una qualche pianta così almeno potrò risponderti meglio, ma per il momento è così, ora ho un ottimo maestro che mi sta seguendo con le mie piante, ma siamo ancora al'inizio, quindi, per il momento la mia unica preoccupazione è quella d'imparare bene e far sopravvivere le mie piante
quindi, sinteticamente, quello che volevo dire è che tutto gira intorno all'esperienza che una persona ha, se uno ha acquisito determinate esperienze da una pianta può tiraci fuori quello che vuole, se uno non le ha si preoccupa di far sopravvivere le proprie piante e basta mentre apprende
 

Greenray

Esperto di Bonsai
Caro Andrè,

io penso che tutti coloro che ti leggono siano d'accordo nell'attribuire alle nostre piante autoctone e magari in teoria non adatte ad essere bonsai, la stessa dignità dei veri bonsai.

Penso che un esperto cinese o giapponese al contrario sarebbe molto più severo e forse non avrebbe nemmeno pietà per molte delle nostre piante: le condannerebbe anche senza sapere se a modellarle è stato un suo o un nostro connazionale.

Sono convinto che il nostro punto di vista debba necessariamente essere molto tollerante altrimenti dovremmo rinunciare quasi del tutto a questa disciplina.

Ma prova a domandare ad un piemontese DOC se un vino della sua regione, seminato, coltivato, raccolto, spremuto, fermentato, decantato, imbottigliato, invecchiato ecc. in un'altra regione potrebbe avere la stessa dignità. A me vien da ridere solo a pensare la faccia che farebbe e mettendomi nei suoi panni darei del "barbaro" a chi mi pone una simile domanda.
Ciononostante se alla fine il risultato è accettabile, quel vino lo berrei e lo farei assaggiare, lo offrirei, mi vanterei di aver fatto una cosa difficile, controcorrente, una cosa che pochi fanno: non me ne vergognerei perché non sono piemontese e la mia cultura enologica non è barbara, ma quasi.
Però non lo chiamerei vino piemontese, altrimenti oltre che barbaro........
Non è solo per una questione "geografico-culturale", ma anche per una infinità di dettagli che l'esperto piemontese adotta nel suo lavoro, una esperienza impossibile da trasferire.

Per quanto riguarda i "parametri" penso che per loro natura possano cambiare, ma cosa diversa sono le "costanti", quelle che definiscono le cose, le parole, il loro significato, compresa la parola bonsai.

Credo che la definizione originale che ci piaccia o no, non va modificata anche per rispetto. E poi a che pro? Per far si che più piante rientrino nella definizione? Per dare alle nostre piante autoctone una "dignità" di cui non hanno bisogno? Per fare più felici noi e far ridere l'altra parte del mondo?

Secondo me basta lasciare le cose come stanno ed evitare di chiamare le cose con nomi impropri. (come fa spesso il venditore con la "C" di Ciofeche)
Così facendo lasceremmo gli "snobisti" senza nulla da snobbare.

Concludi dicendo che <<in Europa abbiamo i migliori bonsaisti del mondo, dietro i giapponesi: gli spagnoli.>> io aggiungo che per un europeo diventare un bonsaista dello stesso livello di un orientale, richiede molta e molta più fatica, ne sono convinto.

Ciao a tutti.
 
Ultima modifica:

il conte verde

Maestro Giardinauta
“…vorrei solo capire come guardate un bonsai, cosa vi da, che obiettivi vi ponete…”
Ciao Fra,
belle domande, alle quali non credo di saper rispondere. Come non credo di saper rispondere alla domanda principale che tutti dovremmo porci, cioè perché facciamo bonsai. Per me forse è un gusto per le sfide, coltivare le stesse piante in vasi grandi sarebbe molto più semplice, o forse è la ricerca dell’albero ideale che è nella mia testa, che non riesco a vedere chiaramente e cerco di trovare nelle piantine che allevo. Forse è un modo per eliminare quel senso di malinconia che mi prende sempre quando si conclude un impegno al quale mi ero affezionato, o la tranquillizzante aspettativa che le mie piante non finiranno prima di me.
In tutti i casi non seguo regole che non capisco, per esempio il numero dispari dei componenti di un bosco, con tutto il rispetto per i bonsaisti veri. Seguo, seppure in modo molto elastico, le regole utili alla salute della pianta, come i rami orientati in modo che abbiano tutti luce ed aria, ma se non sono i 120 gradi canonici non me ne faccio grande problema.
Onestamente, riferendomi alle mie piante, non le chiamo bonsai, per me sono piantine o, quando mi sento particolarmente entusiasta, prebonsai. Credo che nessuna delle mie piantine diventerà mai un vero bonsai, e la cosa sinceramente non mi interessa, quello che mi interessa sono le sensazioni che queste piantine riescono a suscitare dentro di me, e sono sensazioni confuse, di amore quando le vedo bellissime, di tenerezza quando germogliano, di apprensione negli inverni rigidi e a volte di odio, quando mi sembra di non aver capito niente e di avere solo sprecato tempo. Insomma per me fare bonsai è procurarsi emozioni e mi sta bene che ci sia chi queste emozioni le trova in piantine di scarso valore e chi le trova in bonsai centenari da migliaia di euro.
 

Greenray

Esperto di Bonsai
domandina a tradimento

“….............Insomma per me fare bonsai è procurarsi emozioni e mi sta bene che ci sia chi queste emozioni le trova in piantine di scarso valore e chi le trova in bonsai centenari da migliaia di euro.

Maaaaaaaa........ nelle piantine di scarso valore includi anche i

GINSENG

????
:lol:
 

bonsai d'aprile

Giardinauta
mi fa molto molto piacere sentire i vostri punti di vista e credo che la mitragliata di "come" e "perchè" della mia discussione sia scaturita da un mio sentirmi disorientata di fronte a questa passione per le piante in vaso.
non a caso ieri sera mi sono dedicata alla pulizia di 2 miei amici.
per darmi animo... hehehehe
sottolineo cha anche io non seguo alla lettera le regole base che conosco. dovrei ma non ne ho la capacità, per ora, a causa della mia enorme ignoranza. vado a sentimento ma questo non mi basta più.
probabilmente anche per me è una sfida ma è, contemporaneamente, un legame simbiotico-affettivo. questo, però, non differenzia un'azalea in vaso da un'azalea bonsai (comunque in vaso!) agli occhi degli altri. la sento io, la differenza ma non è neppure percepibile a livello visivo. sia chiaro! non curo bonsai perchè "gli altri" mi dicano brava ma è indubbio che mi fa piacere se un amico riconosce la differenza.
a me hanno insegnato che prima di essere creativi bisogna avere la padronanza della tecnica; invece coi bonsai non riesco ad attuare ciò.
perchè, sì, è vero quello che ha detto andrè, che anche io ho una predisposizione per le piante autoctone ed esse, siano allo stato brado o coltivate nei nostri più o meno grandi giardini, hanno una crescita che non rispetta alcuni canoni bonsaistici.
per quello che ho potuto notare guardandomi in giro non esiste (o esso è presente in maniera marginale) il concetto di palco. credo, invece, che la cura dell'ingrossamento del tronco nei bonsai sia essenziale per dare l'idea di un albero vero e proprio.
ed è condivisibile il fatto che non piace scimmiottare un'arte ma, forse, per averne una qualche padronanza o, almeno, per comprenderla un poco credo che sia necessario copiare. e questo vale per tutto quello che noi impariamo: da quando ci insegnano a dire mamma e papà da piccoli sino all'alfabeto che impariamo a scuola e via via tutto il resto.
scusate se ho detto 100 cose e non si capisce molto ma sto cercando di rimettere ordine nella testa.
e grazie
 
A

Andrè

Guest
“…vorrei solo capire come guardate un bonsai, cosa vi da, che obiettivi vi ponete…”
Ciao Fra,
belle domande, alle quali non credo di saper rispondere. Come non credo di saper rispondere alla domanda principale che tutti dovremmo porci, cioè perché facciamo bonsai. Per me forse è un gusto per le sfide, coltivare le stesse piante in vasi grandi sarebbe molto più semplice, o forse è la ricerca dell’albero ideale che è nella mia testa, che non riesco a vedere chiaramente e cerco di trovare nelle piantine che allevo. Forse è un modo per eliminare quel senso di malinconia che mi prende sempre quando si conclude un impegno al quale mi ero affezionato, o la tranquillizzante aspettativa che le mie piante non finiranno prima di me.
In tutti i casi non seguo regole che non capisco, per esempio il numero dispari dei componenti di un bosco, con tutto il rispetto per i bonsaisti veri. Seguo, seppure in modo molto elastico, le regole utili alla salute della pianta, come i rami orientati in modo che abbiano tutti luce ed aria, ma se non sono i 120 gradi canonici non me ne faccio grande problema.
Onestamente, riferendomi alle mie piante, non le chiamo bonsai, per me sono piantine o, quando mi sento particolarmente entusiasta, prebonsai. Credo che nessuna delle mie piantine diventerà mai un vero bonsai, e la cosa sinceramente non mi interessa, quello che mi interessa sono le sensazioni che queste piantine riescono a suscitare dentro di me, e sono sensazioni confuse, di amore quando le vedo bellissime, di tenerezza quando germogliano, di apprensione negli inverni rigidi e a volte di odio, quando mi sembra di non aver capito niente e di avere solo sprecato tempo. Insomma per me fare bonsai è procurarsi emozioni e mi sta bene che ci sia chi queste emozioni le trova in piantine di scarso valore e chi le trova in bonsai centenari da migliaia di euro.

in effetti ha detto tutto. A parte l'aver mentito sulle sue piante, che sono piccoli capolavori di sentimento e competenza, quindi bonsai, lo quoto in pieno.
 
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