Allora Maurj, vediamo di resettare quanto sopra e provo a spiegarmi meglio.
Quella che tu chiami la mia tesi, in realtà è l'oggettività che scienziati e botanici hanno studiato e testato sugli alberi.
Quindi, un conto è parlare del proprio sentire e un conto è parlare di qualcosa che ha un riscontro dal punto di vista scientifico.
Non era un simposio di potatura il mio, ma solo poche norme, poche notizie che ancora sono poco diffuse e poco conosciute per la salute degli alberi e anche la nostra.
Quello che tu e Pietro affermate è vero, ma solo fino ad un certo punto.
Ovviamente l'albero vuole vivere e nessuno discute questo, ma vivere non significa sopravvivere, almeno non nel senso più alto del termine che comprende rispetto per le forme viventi, delle loro necessità biologiche.
La potatura effettuata a quel modo, farà sì che l'albero ce la metta tutta per continuare la sua esistenza ma pagando un prezzo altissimo che lo porterà a vivere male (leggi: con sofferenza, stress ed esposizione a malattie) e a morire precocemente.
Amiamo tanto gli alberi, ma allora perchè non far seguire all'indignazione che proviamo di fronte a simili scempi, anche l'informazione necessaria alle persone affinchè capiscano cosa stanno facendo?
Ora, io non voglio tenere lezioni a nessuno, ci mancherebbe, ma credo che si dovrebbe tutti riflettere su cosa significhi per un albero cercare di ritornare alla sua forma originaria.
E poi, ancora, proviamo a pensare cosa significhi per un albero adulto perdere la quasi totalità della chioma: significa non avere nutrimento.
Se guardi la foto, puoi ben comprendere che il rapporto massa/energia non è rispettato, perchè la quantità di foglie non è sufficiente a nutrire la massa fisica dell'albero. A questo punto che cosa emerge? Emerge che l'albero vive un grosso stress e che per stare al mondo (cosa per la quale è progettato) deve compiere uno sforzo superiore a quelle che sono le sue naturali capacità.
Certo, poi lui ce la fa (per ora) ma fin quando?
E poi, mi chiedo, è giusto?
Tutto questo avviene perchè si sceglie un albero solo perchè piace, senza tener conto delle sue capacità di crescita, del suo futuro sviluppo e di molti altri fattori.
Ma alla fine, chi paga è sempre l'albero e, ribadisco, costringerlo a vivere in simili condizioni, sopportando interventi che ne minano la salute, non ha senso ed è comunque irrispettoso più che un abbattimento.
Traudi stessa dice che ha nel suo giardino un Ginkgo biloba in una posizione poco felice, ma se ne guarda bene dal capitozzarlo...perchè?
Alla fine, sostenere che lui, malgrado tutto, vive ed è bello sembra essere, in fondo, avvallare le capitozzature se ci pensi.
E' come dire: Lui ce la fa, per cui perchè abbatterlo? Lasciamo pure che lo capitozzino, tanto lui sopravvive e sopravvive bene.
Io sono certa che non è questo il punto da cui tu e Pietro siete partiti col vostro ragionamento, ma se ci si riflette, alla fine il senso è anche questo.
In quanto a ciò che ho detto sulla natura che sa ciò che fa, intendevo dire che in milioni di anni il mondo vegetale ha sviluppato in sè, tutte le capacità di sopravvivenza di cui necessita e che se noi uomini non interveniamo irragionevolmente, difficilmente avremo delle pesanti conseguenze a causa sua.
Tu parlavi di piante che nascono e crescono in condizioni avverse, ma la natura (torno ad usare questo termine piuttosto generico solo per comodità) riesce a compensare questo disagio e lo fa senza generare squilibri e senza patemi.
E ancora una volta scusa la prolissità, ma l'argomento è davvero ampio e meritevole di discussione, per me.
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