Lo gradite un raccontino...?
"IL MIO MAESTRO È IL PORCO DEI PORCHI"
Il foglietto con l'ardita frase passò dalla piccola mano ispirata dell'autrice a quella della compagna di classe.
L'estemporanea ispirazione era dovuta alla pancia prominente e puntuta di Giuseppe Martinello, stimato maestro dal marcato accento calabrese il quale, mentre le bambine ridacchiavano in gran segreto, intercettò lo sciagurato movimento. In men che non si dica, si precipitò sull'alunna che aveva ricevuto il messaggio, glielo strappò di mano, lo lesse e divenne una furia.
L'iniziale frainteso su chi ne fosse artefice ebbe poca durata, poiché la bambina, che non aveva intenzione di immolarsi senza averne il merito, puntò diligentemente il dito verso Giuseppina D., detta Giusi, anni 8, terza elementare.
Apriti cielo.
A gran voce l'indemoniato le si scagliò contro con tutta la sua mole, oscurando il sole. "Come ti sei permessa di mancarmi di rispetto!!?" schiamazzò. E poi ancora: "Proprio tu! Da te non me l'aspettavo!! Ahh... maleducata! Ahhh! COME TI SEI PERMESSA!?".Tutto in un attimo afferrò malamente il braccio della piccola poetessa e la spinse in un angolo dell'aula. "IN CASTIGO!! CHE SIA DA ESEMPIO PER TUTTI!".
Quel giorno, il docente terrorista, legittimato dallo Stato, gravemente offeso nel suo onore, diede luogo a una interminabile, angosciosa filippica a suon di "IOTIBBOCCIO!" e di rabbiose riflessioni sul rispetto che si deve AL MAESTRO, che è come un secondo papà. Improvvisò quindi una memorabile lezione civica dal pedagogico contenuto di minacce, maledizioni, rimproveri, invettive.
Fu così che tenne in ostaggio un'intera scolaresca di bambini ammutoliti.
Fino a che, festosa, risuonò la campanella.
Frattanto la maldestra castigata, lì nell'angolo, involontaria causa di quel pandemonio, era entrata in un incubo da cui pensava di non uscire mai più.
Piangendo sottovoce, tremante di vergogna e confusione, di sensi di colpa e umiliazione , sentiva che la vita era finita. Come sarebbe stato da lì in poi? Con che coraggio avrebbe guardato gli altri? E, soprattutto, come l'avrebbero guardata? Il mondo le era crollato addosso per la prima volta; e per la prima volta, col passare lento, troppo lento, dei minuti, ebbe la triste occasione di sperimentare il concetto di eternità.
Il futuro, così lontano e astratto nella sua mente di bambina, improvvisamente era diventato un protagonista dal destino incerto, assumendo tinte talmente cupe come mai, fino ad allora, avrebbe immaginato.
Il provvedimento successivo fu la sospensione.
In quei giorni il Gatto e la Volpe stipularono un'alleanza atta a rettificare il comportamento deviante del giovane virgulto, che aveva inaspettatamente mostrato uno spropositato spirito d'iniziativa accompagnato da un'inclinazione all'indipendenza veramente preoccupanti.
Il giorno del rientro a scuola della piccola ribelle allestirono un teatrino degno delle più spassose marionette.
Giuseppina detta Giusi fu scortata dal padre con passo marziale. Davanti ai compagni composti e insolitamente silenziosi, il maestro le domandò se aveva qualcosa da dire.
La bambina sapeva cosa dire. Preventivamente istruita dai solleciti genitori, chiese scusa al maestro Martinello e promise, con voce rotta dal pianto, che non l'avrebbe fatto mai più.
Ingoiato quel rospo, Giuseppina detta Giusi, volle credere che la triste avventura fosse giunta al termine, ma la parte migliore doveva ancora venire: il colpo di scena, l'apoteosi, l'estrema espiazione stavano per entrare in palcoscenico.
Il maestro Martinello, le mani intrecciate dietro la schiena, diritto e tronfio come un generale, fece un cenno d'intesa al genitore che, senza esitazione alcuna, sferrò, a sorpresa, uno schiaffo secco alla guancia paffuta della bambina.
Ennò, questa non se l'aspettava proprio. Scoppiò in pianto dirotto avvilita per il sommo tradimento, mentre il suscettibile maestro, finalmente pago, ribadiva "E che questo sia d'esempio per tutti!".
Giuseppina detta Giusi non seppe mai cosa risultasse più bruciante, l'ignobile pochezza del maestro o il vile tradimento di suo padre.
Il maestro Martinello non insegnò a Giuseppina detta Giusi che il plurale di "porco" non è "porchi", ma "porci".
Glielo insegnò la vita.
Molti anni dopo le arrivò notizia della tragica morte dell'infelice squilibrato: pare si fosse suicidato volando dal balcone.
Non riuscì a trattenere un sadico sogghigno.