Sull'arte e la letteratura niente da dire, ma sono straconvinta che fosse comunque appannaggio di pochi.
Il popolo era per lo più contadino e ben poco rimaneva, fra la stanchezza e il poco tempo, per dedicarsi a certi piaceri.
Certo, i teatri allora erano aperti a tutti ma erano comunque una realtà molto più cittadina che agreste.
Forse nelle campagne c'era la possibilità giusto il sabato di concedersi qualcosa di più, ma era veramente poco...molto poco.
L'analfabetismo era dilagante (dopo la metà '800, il 78% della popolazione lo era, di cui il 72% uomini e l'84% donne e, ancor oggi, l'analfabetismo in Italia è del 2%) e dobbiamo anche considerare le diverse realtà che contrassegnavano ogni regione.
Immagino, ad esempio, che il contadino della pianura padana, il contadino veneto, bresciano, bergamasco, vivesse una realtà abbastanza diversa rispetto al contadino toscano o emiliano.
Un certo fermento intellettuale non era tipico di zone sin da allora culturalmente depresse, come lo è ancora oggi per molti versi.
Poi, nulla toglie all'idea romantica che si ha di un certo passato, ma ad essere razionali e lucidi nel fare certe valutazioni, possiamo dire che la vita dell'uomo di quei tempi, l'uomo del volgo intendo, fosse una vita davvero tremenda, fatta essenzialmente di fatica fisica e di privazioni.
Noi siamo il prodotto di intere generazioni che hanno patito e siamo l'eccesso opposto.
Consumiamo troppo, fatichiamo troppo poco, bruciamo la nostra esistenza in una vita fatta di corse e molta superficialità, non conosciamo più la parola solidarietà e viviamo la famiglia in modo quasi asettico.