Da "Minima Moralia" - Istituto per sordomuti -
Mentre le scuole provvedono ad addestrare gli uomini all'uso della parola, gli ammaestrati diventano sempre più muti. Sanno tenere conferenze, ma la capacità di conversare si estingue. Questa capacità presuppone un'esperienza degna di essere comunicata, libertà di espressione, indipendenza e rapporto nello stesso tempo. Nel sistema universale il colloquio diventa ventriloquio. Le parole nel loro insieme si assimilano alle formule riservate un tempo al saluto e al congedo. Una ragazza educata con successo secondo gli ultimi desiderata dovrebbe saper dire in ogni momento proprio e soltanto ciò che è adatto alla "situazione", e per cui esistono indicazioni provate. Ma questo determinismo per adattamento è la fine del linguaggio: è reciso il rapporto tra cosa ed espressione e come i concetti dei positivisti non debbono essere che fiches, così quelli dell'umanità positivistica si sono trasformati letteralmente in monete. Accade alle voci dei parlanti ciò che, secondo la psicologia, è accaduto alla voce della coscienza, della cui risonanza vive ogni discorso: esse vengono sostituite, fin nelle minime sfumature dell'accento, da un meccanismo socialmente preparato. Non appena questo meccanismo cessa di funzionare, si verificano pause che non erano state previste nei codici non scritti, e succede il panico. Allo scopo di evitare questo pericolo si ricorre ai giochi complicati e ad altre occupazioni per le ore d'ozio, che mirano a dispensare dal peso intollerabile della parla. Ma l'ombra fatale dell'angoscia cade su quel tanto di conversazione che resta. Disinvoltura e oggettività nella trattazione degli argomenti spariscono anche nel circolo più ristretto, come, in politica, la parola energica e autoritaria ha preso da tempo il posto della discussione. Il discorso assume un gesto maligno: viene sportivizzato. Si vuol fare il massimo possibile di punti: non c'è conversazione in cui non s'insinui, come un veleno, lo spunto di una gara. La passione, che, in un colloquio veramente umano, andava tutta all'oggetto, si attacca ciecamente alla pura volontà di aver ragione, fuori da ogni rapporto con l'importanza dell'enunciato. Ma le parole disincantate e ridotte a puri strumenti di potenza, acquistano un potere magico su coloro che le adoperano. Si può osservare continuamente come ciò che è stato detto una volta, per quanto assurdo, casuale o ingiusto possa essere, per il solo fatto di essere stato detto tiranneggia il parlante - come la proprietà il proprietario - e non gli consente di staccarsene. Parole, numeri, termini, una volta escogitati e formulati, diventano indipendenti, e sono fonte di malanno per tutti quelli che capitano nei loro pressi. Creano una zona di contagio paranoico, e occorre tutta la forza della ragione per spezzare il loro incanto. La magicizzazione del grandi e insignificanti slogan politici si ripete in privato, per gli oggetti apparentemente più neutri: la rigidezza cadaverica della società invade anche la cellula dell'intimità, che crede di essere al riparo. Nulla accade all'umanità solo dall'esterno: l'ammutolimento è lo spirito oggettivo.