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Che fine fanno gli animali usati nelle competizioni?

Piera58

Moderatrice Sez. Piccoli Amici
Membro dello Staff
Posto qui perchè penso che sia un argomento che possa interessare tutti, c' è di mezzo la nostra salute.

Oscar Grazioli Lo scandalo dei cosiddetti «pastoni di carne» ha ormai investito tutta l’Europa, Italia compresa e le ditte interessate hanno nomi quasi sacri: Nestlè, Buitoni, Ikea. Autorità varie si affannano a tranquillizzare i consumatori perché non ci sarebbe alcun rischio sanitario. Il nostro ministro della Salute Balduzzi supera ogni voce: «Nessun allarme per la salute. È solo una grossa frode alimentare, quindi tutti tranquilli, è tutto a posto». Nossignori, non è per nulla tutto a posto e personalmente non sono per niente tranquillo.

Ora cerco di spiegare il perché in parole semplici.
Il primo problema si chiama Fenilbutazone. Si tratta del farmaco antinfiammatorio e antidolorifico più usato al mondo sui cavalli.Non è utilizzato sull’uomo per la sua elevata tossicità e nelle carni non ce ne deve essere neanche traccia. Poi ci sono tutta un’altra serie di farmaci usati per «dopare» i cavalli sportivi, dai broncodilatatori ai cortisonici, ma soffermiamoci sul «number one». Un medicinale di questo tipo andrebbe sottoposto a particolare vigilanza da parte delle autorità sanitarie.

Incredibilmente da quasi due anni, il ministero della Salute ha permesso l’uso delle specialità a base di Fenilbutazone, usando una semplice ricetta ripetibile, come accade per certi farmaci. Chi si occupa di cani e gatti, quando acquista che so, un diuretico o un cardiotonico da utilizzare su di loro, deve farlo attraverso una triplice ricetta di cui una copia viene inviata all’Usl per una tracciabilità che non ha senso,trattandosi di animali che non vanno al consumo ed essendoci già una fattura d’acquisto.Ebbene, per il Fenilbutazone che è impiegato su cavalli che possonoessere macellati, basta una ricetta semplice senza neanche una copia che rimangain farmacia o vada all’Usl.Qualcuno al Ministero ci spiega il perché di questa mancata tracciabilità su un farmaco così delicato e pericoloso?
Il secondo problema riguarda il numero dei cavalli. Nella sola Italia abbiamo un numero di cavalli che, a seconda delle stime, varia da 300mila a 800mila.

Il cavallo ha un potenziale di vita di 30 anni. La vita sportiva media di ognuno di essi è però bassissima, circa tre anni. Dove vanno a finire questi cavalli quando non corrono o saltano più con esiti sportivi soddisfacenti? A parte quelli riciclati nei maneggi, da qualche parte dovrebbero esserci decine di migliaia di cavalli anziani che brucano erbetta nei prati godendosi la pensione. Ma non ci sono. Dove finiscono? E che ne è dei cavalli d’affezione che,con la crisi attuale, non si riescono più a mantenere? L’eutanasia e i costi di smaltimento hanno un prezzo salato, il tizio che li viene a prendere di notte lo fa a costo zero. Non finiranno per caso nei macelli clandestini o nei paesi dell’est dove di pastoni se ne intendono?

E Dio non voglia che ci miscelino dentro qualcosa che a noi preme tanto quanto preme il cavallo agli inglesi. Fantahorror? Forse, ma nel frattempo i musulmani elvetici si sono trovati la carne di maiale nei kebab. Per quanto in Italia abbiamo dei controlli sanitari discreti, mi permetto un umile suggerimento al prossimo ministro della Salute. Utilizzi tutte le forze dei veterinari delle Usl per prevenire, controllare in modo spietato derrate alimentari, residui di farmaci e randagismo, invece di aprire ospedali veterinari pubblici per cani e gatti di cui è già sovrasaturo il territorio. Feuerbach diceva che «l’uomo è ciò che mangia».E pare non fosse uno stupido.

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